Toscana

Toscana: a settembre i profughi saliranno a 6500. Ma un terzo dei Comuni non li accoglie

Cinquemila migranti già accolti in Toscana dall’anno scorso: settecento arrivati solo a luglio, altrettanti attesi per agosto e settembre. “Con questi numeri dobbiamo oramai fare i conti – ammette il presidente della Toscana Enrico Rossi, che ieri ha convocato a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze i sindaci della regione -. Questi sono i numeri, almeno fino a quando Africa e Medio Oriente vivranno una simile situazione di instabilità e qualcuno non deciderà magari di mettere in piedi una sorta di piano Marshall”. “Ma se governiamo il fenomeno – dice Rossi – , sono numeri che non devono far paura”.

L’assessore regionale alla sicurezza Vincenzo Bugli prova a spiegare e declinare i numeri. “Seimilacinquecento migranti in tutta la Toscana vuol dire un profugo ogni seicento abitanti”. Una soglia sostenibile: “Se tutti i territori faranno appunto la loro parte”. In Regione stanno facendo verifiche. “Ma ad oggi – informa Bugli – sono ancora un centinaio i Comuni che sembra non abbiamo ancora risposto all’appello: oltre un terzo. Altri Comuni di profughi ne stanno ospitando invece meno di quanti potrebbero”. Numeri che spingono la Regione a rinnovare l’appello a fornire ciascuno il proprio contributo. Con un sottolineatura: “Ci adopereremo – dice Rossi – nel trovare una soluzione anche in quei Comuni che diranno no”.

Com’è andata dal 2011 al 2013

Anche per non vanificare le virtù del modello che nel 2011 con la prima ondata dal nord Africa ha ben funzionato, evitando la creazione di grandi tendopoli o centri di smistamento con centinaia di ospiti, e che ben può funzionare anche oggi. Fra il 2011 e 2013 furono molti di meno: cinquecento dalla Tunisia, altri mille e trecento provenienti dall’intero continente africano e in fuga dalla Libia. Furono ospitati in oltre cento centri. Qualcuno rimase pochi giorni, altri si trattennero più a lungo: mai sono stati più di mille e seicento allo stesso tempo.

Il modello Toscana

Un modello sostenibile e che faciliti l’integrazione, con un ruolo attivo giocato dai sindaci e la gestione dei profughi in capo ad associazioni. Di più: con i migranti che grazie anche agli accordi presi dalla Regione con l’Inail e un protocollo messo a disposizione di tutti gli attori, che le associazioni stanno firmando in questi giorni, d’ora in poi potra nno ancora più facilmente essere impiegati su base volontaria (gratuitamente) in piccole manutenzioni e lavori socialmente utili per la comunità, muniti di adeguata copertura assicurativa a costo zero per enti e committenti.

Ecco dove sono la maggior parte

Intanto più di un’amministrazione ha spalancato le porte oltre ogni previsioni iniziale: novecento sono i migranti accolti a Firenze di fronte alle richieste della Prefettura, oltre trecento a Prato, cinquecento in provincia di Pistoia (e nella frazione delle Piastre i profughi sono addirittura quarantatré su sessanta abitanti), un centinaio da settembre saranno in Valdera, altrettanti a Monticiano

Si può affrontare il problema in tre modi: protestando, rendendosi parte attiva o facendo melina. “Perché il modello di accoglienza diffusa non frani e il problema non diventi più grande di quello che è, occorre che tutti i sindaci provino a rendersi parte attiva – dice l’assessore Bugli – . Ed occorre parlarsi e stare tutti in contatto”. “Sono convinto- aggiunge – che se ognuno fa la propria parte ce la possiamo fare a portare avanti il nostro modello di “accoglienza diffusa” e gestirla al meglio, sia per chi è accolto che per chi accoglie”.

Dai casolari ai moduli abitativi

Si cercano alloggi: edifici non utilizzati, case vuote, casolari di campagna, pubblici o privati. I fondi nazionali mettono a disposizione 35 euro al giorno per ogni profugo, tra vitto e alloggio. L’alternativa possono essere capannoni dismessi da riadattare ad abitazioni o moduli abitativo simili a quelli usati in caso di alluvioni o terremoti. Non c’è una soluzione migliore. “Varia da territorio a territorio – annuisce assieme ai sindaci il presidente Rossi -: l’importante è che la concentrazione di migranti per struttura non superi le poche decine. Altrimenti non è più accoglienza diffusa e diventa altro”.

Più facile impiegare i profughi in attività socialmente utili

L’altro punto è l’impiego dei migranti. “In cambio dell’accoglienza – dice ancora Rossi – ci deve essere la disponibilità a prestare attività di carattere volontario a vantaggio della comunità”. Qualcuno l’ha già fatto. A Torrita di Siena i profughi accompagnano, sotto l’egida della locale Misericordia, i bambini a scuola e aiutano gli anziani a salire sui pulmini dei servizi sociali. A Monteriggioni lavorano per un associazione creata dal parroco garantendo l’apertura di spazi pubblici. A Prato spazzano e puliscono i giardini. A Firenze hanno offerto il loro aiuto nel dopo-nubifragio dei giorni scorsi. “Ma con le due delibere approvate di recente dalla giunta regionale – conclude Bugli – è ancora più semplice. Abbiamo infatti sciolto gli ultimi problemi burocratici e normativi, a partire dall’assicurazione obbligatoria, che potevano creare un ostacolo”.