Toscana

Toscani controcorrente «felici, ma impauriti»

di Ennio CicaliUna Toscana felice, ma un po’ impaurita, che comunque guarda al futuro con ottimismo. Sessantacinque toscani su cento – tre in più rispetto al 2003 – si sente ottimista e fiducioso nel futuro della propria regione, mentre si riduce il numero dei pessimisti. Inoltre, l’82% dei toscani dichiara di essere molto o abbastanza felice. Sono alcuni dati del terzo rapporto della Fondazione Censis sulla situazione sociale della Toscana, per conto della Regione. Tante tabelle e numeri che «fotografano» la realtà regionale nelle sue molte sfaccettature e con qualche contraddizione.

L’economia, innanzi tutto. Nonostante il diffuso senso di insicurezza per la situazione economica delle famiglie, il 78% dei toscani nel 2004 ha risparmiato, il 16% ha un mutuo da sostenere, il 14,7% è indebitato per l’acquisto di beni di consumo. Altro dato importante: oltre il 59% ritiene che la condizione socioeconomica dei figli sarà migliore della propria. L’attenzione è centrata sul mantenimento della propria posizione economica, piuttosto che sul suo miglioramento, Il 49,8% dei toscani si dichiara poco o per niente sicuro sul piano economico. L’insicurezza è diffusa, in particolare tra le donne (17,4%), tra i 30–44enni (15,9%), tra i possessori di basso titolo di studio. La provincia di Firenze è quella che conta la maggiore percentuale di insicurezza (17,7%), seguita da Siena (16,5%) e Pisa (16,4%).

Le famiglie con alto livello di reddito (22,3%) o medio–alto (22,1%) sono poco o per niente sicure sul piano economico. L’insicurezza economica riguarda il 36,8 delle persone, quota consistente che cresce sia tra chi ha condizione uguale (50,5%), sia tra chi ritiene di aver peggiorato la propria condizione (66,7%). In definitiva, il timore per il futuro economico è presente tra le famiglie che, conti alla mano, non dovrebbero averla. La Toscana, tra le regioni italiane è quella più presente su Internet e individuata tramite Google: oltre 6,5 milioni di documenti al 15 ottobre 2004. Eppure, l’evoluzione più recente dei rapporti con l’estero ha trovato impreparata la società toscana. Infatti, il 71,5% dei toscani ritiene che le imprese e le comunità locali si sono fatte sorprendere dalla nuova concorrenza internazionale (Cina, ecc.).

L’elemento più spiazzante della globalizzazione è nella sindrome della «quinta colonna» che è entrata in casa e sta cambiando, in modo lento e irreversibile, le retrovie. A esempio, le imprese messe in piedi e gestita da extracomunitari sono entrate nella quotidianità degli operatori economici e sociali che non possono più considerarle semplici appendici alle quali scaricare le lavorazioni a basso costo.

È l’area di Prato la più coinvolta con oltre l’82% dei cittadini che percepisce intensamente la creazione di attività produttive e commerciali gestite da stranieri, anche extracomunitari, ma si segnalano anche le province di Livorno (56,8%), Arezzo (54%) e Pistoia (51,3). Lo sconcerto verso la globalità spiega le oscillazioni delle opinioni dei toscani sul valore dell’immigrazione extracomunitaria. Infatti, se nel 2001 il 45,3% la considerava una risorsa e nel 2003 era il 55,1, nel 2004 la percentuale si è lievemente contratta scendendo al 53,9. Nuove forme di malessere emergono nella società toscana che assumono l’aspetto di una fuga dalle responsabilità.

Mostra segni di stanchezza e disaffezione, in ambito economico e imprenditoriale, la generazione dei cinquantenni che ha fatto impresa, accumulazione, patrimonio, contribuendo a fare della Toscana una regione leader in diversi ambiti. È una generazione di imprenditori che stenta a trovare nuovi stimoli e per i quali la disponibilità economica si traduce nell’impoverimento del tessuto imprenditoriale e dispersione di conoscenza capacità e talenti. È evidente quindi che la riattivazione di un nuovo ciclo di crescita passa attraverso nuove forme imprenditoriali, superando il fascino del quieto benessere.

• Giovani e ruolo della famiglia: il 72,5% degli intervistati dal Censis è molto o abbastanza d’accordo che la «tana familiare» è un guscio eccessivamente protettivo che scoraggia la responsabilizzazione. Questi giovani, infatti, sembrano appartenere a una generazione di «figli per sempre». La maggioranza dei toscani non è d’accordo con l’affermazione che i giovani non hanno voglia di lavorare e di sacrificarsi.

• Globalizzazione significa anche integrare notevoli diversità: oltre il 62% dei toscani ritiene molto o abbastanza intenso l’incremento dei proseliti di religioni non cattoliche – musulmani, buddisti, ecc. – nella regione.

• Nuove tecnologie. Novantacinque famiglie su 100 in Toscana possiedono almeno un telefono cellulare, il lettore cd–rom (65%), la tv satellitare o a pagamento. Nel 74% delle famiglie è presente un personal computer. Nell’utilizzo delle nuove tecnologie, chi vive in Toscana ha un atteggiamento più avanzato rispetto alla media nazionale: circa tre cittadini su 10 sono interessati e frequenti utilizzatori di queste, quasi il doppio dei connazionali.

• Economia e formazione. La regione subisce, secondo il Censis, i vincoli di un paradosso: un tessuto produttivo poco qualificato a fronte di un’offerta formativa di pregio, con punte di vera eccellenza mondiale. La Normale e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, le Università di Firenze e Siena, l’Istituto Universitario Europeo, diverse Università americane, le scuole di specializzazione – come l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze – un’ampia offerta di formazione di alto livello, sono solo alcuni pezzi di un tessuto che genera capitale umano e, in gran parte, lo esporta. Anche il sistema scolastico si mostra, globalmente, in grado di offrire il contributo formativo necessario ai più giovani.