Toscana

Un Osservatorio per i cattolici

DI SIMONE PITOSSI

La riforma della Costituzione e il trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni stanno velocemente mutando i rapporti istituzionali. E allora, per tutti, è tempo di attrezzarsi per raccogliere queste nuove sfide. I Vescovi della Toscana non si sono fatti trovare impreparati e hanno colto al volo questa nuova occasione di dialogo con le istituzioni. La Conferenza episcopale toscana – tra le prime in Italia – ha così formato un’Osservatorio giuridico–legislativo. La sede di questo organismo sarà a Firenze, in via S. Paolino presso il Convento dei Carmelitani Scalzi, a cinque minuti dalla stazione di S. Maria Novella. Direttore è stato nominato il sacerdote pisano mons. Antonio Cecconi, 52 anni, per dieci anni vice-direttore di Caritas italiana. Con lui abbiamo voluto approfondire il senso e le funzioni di questo nuovo strumento.

Mons. Cecconi qual è l’esigenza che ha portato alla nascita dell’Osservatorio giuridico–legislativo della Cet?

«La nascita di questo organismo è legata alle prospettive in atto di trasferimento di ampi poteri dallo Stato centrale al livello regionale. Alla base di tutto ciò c’è la riforma del titolo V della Costituzione italiana, per cui numerose materie saranno di competenza regionale esclusiva o prevalente. La Chiesa ha sempre seguito con attenzione e vigilanza tutto ciò che la legislazione nazionale produceva su materie attinenti alla vita delle chiese, della comunità cristiana, delle opere cattoliche. Oggi c’è l’esigenza di riposizionare questa attenzione anche al livello regionale perché in campi come l’assistenza, la sanità e l’istruzione il soggetto Regione sta assumendo sempre maggiore importanza».

Questa è una novità nel panorama delle Chiese italiane?

«Sì. È una proposta che la Cei sta facendo a tutte le Conferenze episcopali regionali. La Toscana è la seconda che ha raccolto questo invito. Un organismo del genere, per il momento, esiste solo in Lombardia. Quando gli Osservatori saranno attivati nelle varie regioni sarà importante lavorare in “rete”. Andiamo verso forti diversificazioni tra regione e regione: per questo sarà necessario mantenere dei fili conduttori».

Quali saranno i compiti dell’Osservatorio?

«Avrà tre tipi di funzioni. Innanzitutto recepire e favorire la corretta informazione della legislazione, delle leggi prodotte e degli atti approvati con i diritti, i doveri e le opportunità che ne conseguono e che spesso si ignorano. In secondo luogo incidere, per quanto possibile e sempre con correttezza e trasparenza, sulla legislazione e la normativa in divenire. Infine monitorare l’applicazione delle leggi, non solo dal punto di vista dell’efficienza ma anche da quello dell’efficacia: in particolare penso alla legislazione che riguarda i soggetti deboli. In questo senso l’Osservatorio dovrà essere l’“avvocato dei poveri”. Vorrei sottolineare che questo sarà uno strumento al servizio delle Conferenze episcopali che non intende soppiantare, sostituire o fare concorrenza a chi già nel mondo ecclesiale è interlocutore delle istituzioni o alle associazioni che si raggruppano per rappresentarsi. Nè tantomeno avrà una funzione sindacale».

Ma si tratta di una «lobby cattolica»?

«Assolutamente no. Il livello di dialogo con i rappresentanti dell’Ente Regione da parte del soggetto ecclesiale è chiaramente istituzionale e in vista del bene comune di tutti i cittadini toscani e di tutte le persone che si trovano sul territorio».

Quali saranno le materie di cui si occuperà?

«Sono molte. Senza avere una pretesa di completezza possiamo dire che terremo sotto osservazione la sanità, l’assistenza, l’istruzione e la cultura, i beni artistici, lo sviluppo urbanistico, il volontariato, l’associazionismo, la cooperazione decentrata allo sviluppo».

Come sarà strutturato il lavoro dell’Osservatorio?

«Saranno due gli strumenti importanti. Innanzitutto organizzare incontri o rendersi disponibili per partecipare a quelli che già ci sono sulle verie legislazioni. In secondo luogo, su ogni materia di rilievo cercheremo di dare vita a dei tavoli di lavoro in collaborazione con laici competenti, con le Università toscane e con le Facoltà teologiche».

Quale sarà il vostro primo impegno?

«C’è un lavoro che è già in atto e riguarda il Piano sanitario regionale per il triennio 2002-2004. Recependo segnalazioni e richieste di varia provenienza l’Osservatorio ha iniziato a lavorare per presentare un apporto valutativo e propositivo prima della chiusura delle consultazioni. Ciò che emerge è un modello di welfare regionale che bisognerà approfondire e con cui saper interagire. Sui presupposti culturali ci sono impostazioni interessanti: si tratta di verificarne la traduzione negli impegni concreti. Uno dei principi cardine è l’elevata integrazione tra il sanitario e il sociale, governata sul territorio in sinergia tra Aziende Usl e amministrazioni comunali e con la partecipazione delle realtà di base alla concertazione sociale: a tale proposito si avvierà la sperimentazione delle Società della salute. Per questo sarà importante che le parrocchie, le associazioni, le cooperative sociali sappiano diventare soggetti che stimolano il Comune ad avere un pari peso in questo frangente. E anche la famiglia dovrà avere un ruolo centrale».