Toscana

Vannoni (Publiacqua): costretti a convivere con tubazioni ormai vecchie

Per arrivare ad una certezza a prova di avvocati ci vorrà del tempo. Ma Publiacqua, l’azienda che dal 2002 gestisce il servizio idrico integrato per l’Ato 3 Medio Valdarno (un terzo della popolazione regionale distribuiti nelle province di Arezzo, Firenze, Prato e Pistoia) è subito finita sul banco degli imputati per la voragine che all’alba di mercoledì 25 maggio ha sfregiato il Lungarno Torrigiani, a Firenze, a due passi da un luogo simbolo come il Ponte Vecchio. Il presidente, Filippo Vannoni, è cauto sull’inchiesta aperta dalla magistratura per «crollo colposo»: «Ancora sono in corso le perizie. Le relazioni tecniche ancora non ci sono. Quindi è ancora molto presto per tirare le conclusioni». Ma non può disconoscere che il disastro che ha fatto il giro del mondo ha molto a che vedere con l’azienda a capitale pubblico e privato che presiede. «Sicuramente la prima perdita non ha certo aiutato – ammette –, ma adesso i periti ci diranno secondo loro cosa è successo».

Il Sindaco di Firenze, Dario Nardella ha comunque annunciato che pagherete voi il ripristino del Lungarno…

«Questo perché è insito nel contratto di affidamento. Innanzitutto Publiacqua ha il dovere di riportare l’acqua in casa ai cittadini e quindi di ripristinare la situazione. Dopodiché – io l’ho sempre detto – le responsabilità verranno fuori e chi ha sbagliato pagherà. E noi, se saremo ritenuti responsabili, risarciremo fino all’ultimo euro».

Publiacqua avrà anche un’assicurazione per questo tipo di eventi…

«Naturalmente. Questi sono danni che sono assicurati».

Possiamo quindi tranquillizzare i cittadini che non saranno loro a pagare il ripristino con le loro bollette?

«In caso di provata responsabilità interviene l’assicurazione e questo non fa aumentare la bolletta».

Il tubo incriminato aveva più di 60 anni ed era in ghisa… Qual è la situazione della rete gestita da Publiacqua?

«Una città come Firenze è una città complicata. Come azienda noi gestiamo più di 9 mila km di tubazioni. Sono tubazioni ereditate nel 2002 dagli allora 49 Comuni (adesso 46, dopo gli accorpamenti) che compongono l’azienda. È una situazione di rete vetusta. In più a Firenze c’è l’aggravante che essendo una città storica diventa anche complicato fare gli interventi».

Ma voi quanti ne fate in un anno?

«Si possono quantificare in 18 milioni di euro in manutenzioni all’anno».

Avete un piano che preveda il rinnovo di questa rete vetusta? E in quanti anni?

«Questo è più complicato perché nel 2021 scadrà la concessione. E non è possibile dal 2002 al 2021 rinnovare l’intera rete. Anche perché questo comporterebbe una tariffa molto, molto, più alta di quella attuale. Diciamo che riusciamo a sostituire con l’attuale tariffa il 5% della rete esistente ogni anno».

Il bilancio 2015 si è chiuso con 29 milioni di utili. La domanda che si fanno tutti: non potevate investire quei soldi nell’ammodernamento della rete?

«C’è un vincolo normativo. Il regime dell’acqua è un regime “regolato”, pertanto gli investimenti finiscono in tariffa. Dopodiché gli utili, in questo caso 28,5 milioni, sono stati ridistribuiti tra i soci. E la maggior parte sono andati ai Comuni che li hanno utilizzati fuori dal patto di stabilità e quindi ogni amministrazione comunale decide come investirli».

Quindi voi non potete aumentare gli investimento per l’ammodernamento della rete senza aumentare la tariffa? E non potete aumentare la tariffa, che è già tra le più alte d’Italia, oltre una certa percentuale annua..-

«È così. In effetti la tariffa è alta e ne sono consapevole. Noi abbiamo un regolatore, l’Autorità idrica toscana, con i quali facciamo tutti i conteggi della tariffa».

Ritornando a quella notte del 25 maggio. Quando c’è stato il primo guasto con l’acqua che invadeva il Lungarno è stata chiamata Publiacqua. Chi si muove in un caso del genere? È una squadra di Publiacqua o una ditta esterna in appalto?

«Prima di tutto non è stata chiamata Publiacqua. Il primo guasto è stato segnalato in centrale dal telecontrollo, cioè dal controllo automatizzato della pressione nel tubo. Ci siamo accorti noi che c’era questo problema ed è partita immediatamente la squadra che è a disposizione, 24 ore su 24. Vi è un responsabile delle reti che è sempre reperibile. E lì è partito il primo intervento, terminato attorno alle 3,20. Gli operai si sono fermati ancora un po’ dopodiché l’intervento è stato considerato concluso. Alle 6,15 della mattina, quindi poche ore dopo, è avvenuto il disastro».

E qui è stato ipotizzato un possibile errore tecnico: che la chiusura della notte possa aver causato la successiva rottura dell’altro tubo…

«In questo momento non lo so. C’è un’indagine della magistratura. Noi siamo a completa disposizione per fornire ogni possibile notizia che possa essere utile alle indagini».

Ci conferma che la tubazione che si è rotta – una specie di autostrada dell’acqua – doveva essere sostituita nei prossimi due anni?

«C’è un piano di sostituzione e quella era una tubazione che si pensava di sostituire tra un paio d’anni. Quella non è una tubazione di adduzione alle abitazioni è una delle autostrade dell’acqua che la porta nella zona di San Frediano e prosegue fino a Prato. È una condotta molto particolare. Si fosse rotto un tubo di dimensioni inferiori probabilmente questo disastro non si sarebbe verificato».

Si sente di dire che è realistico ripristinare il Lungarno in cinque mesi?

«Se la burocrazia, quella con la B maiuscola, ci darà una mano, pensiamo veramente di poter fare un lavoro in tempi brevissimi».

Il modello di società mista pubblica-privata per la gestione di servizi è finito sotto accusa. Tariffe alte e pochi investimenti. Si sente ancora di difenderlo?

«È normale che sia finito sotto accusa. E sono il primo io, qui, a chiedere scusa ai cittadini per il disagio che in questo momento stanno vivendo. Però io guardo i numeri. E i numeri mi dicono che questa azienda investe – certificati – 50 euro ad abitante contro i 27 della media nazionale. Significa che questo sistema, pur con la tariffa alta, funziona e che gli investimenti vengono fatti. Poi per l’episodio specifico vedremo…».

Publiacqua non è solo Firenze. Penso al Chianti che in certe zone è spesso senza acqua. Quali sono i grandi progetti in ponte per migliorare il servizio?

«Nello specifico il Chianti dovrebbe stare molto meglio perché abbiamo fatto una serie di operazioni di allungamento degli acquedotti e anche di costruzione di piccoli depositi, nonché di collegamento tra questi piccoli depositi, di modo che la sete del Chianti, nei prossimi anni, dovrebbe essere più lieve se non addirittura scomparire. Per quanto riguarda tutto il resto dell’ammodernamento Publiacqua si era concentrata particolarmente sulla depurazione, perché volevamo evitare al nostro Paese le sanzioni per la mancata collettazione dei reflui, cioè delle acque nere, da portare poi ai depuratori. Questo episodio del Lungarno Torrigiani ci fa capire però che lo sforzo deve essere ancora maggiore».

E per quanto riguarda la presenza di amianto nelle tubazioni a che punto siete?

«Questo è un altro problema. Mi sembra che sia risolto. Nel senso che abbiamo mandato a tutti i Comuni la mappa di dove sono le loro tubazioni di amianto e quanta è la percentuale esistente sul territorio. Dopodiché c’è un parere dell’Istituto superiore di sanità che ci dice qual è il limite massimo. Insieme all’Autorità idrica toscana abbiamo effettuato cento punti di prelievo, dei quali soltanto uno ha dato presenza di filamenti, ma dieci volte inferiore alla misura massima consentita».