Vita Chiesa

A scuola di preghiera/4: come pregano ebrei e musulmani

Si conclude questa settimana la «scuola di preghiera» che Toscanaoggi ha proposto nelle domeniche di Quaresima: Marco Bontempi, membro della commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della diocesi di Firenze, ci illustra il valore e le forme della preghiera nell’ebraismo e nell’Islam. Nelle settimane precedenti don Stefano Manetti, direttore spirituale del Seminario di Firenze, ha spiegato le motivazioni del pregarecome pregano i giovaniparole della preghiera.di Marco BontempiLe nostre labbra sostituiranno i tori», con queste parole il profeta Osea esorta il popolo d’Israele, negli anni ’20 dell’VIII secolo a.C., a convertirsi e a tornare a Dio. Ma in queste parole troviamo anche un passaggio fondamentale nel modo di pregare: dalla preghiera fatta attraverso il sacrificio di animali alla preghiera centrata sull’adesione interiore e sulla parola. È però con la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei Romani, nel 70 d.C., che si ha un profondo cambiamento nella preghiera. Fino a quel momento la vita religiosa ruotava infatti intorno al Tempio e ai due sacrifici quotidiani, il primo alla mattina e il secondo al pomeriggio, e al terzo sacrificio prescritto per i giorni festivi. Con la distruzione del Tempio divenne rapidamente riconosciuto in modo ufficiale un altro modo di pregare che esisteva già da molto tempo, complementare ma distinto da quello del Tempio. Questa preghiera veniva fatta nelle «case di riunione» (in greco Sinagoghe) e non prevedeva la guida da parte di sacerdoti, ma di laici, in primo luogo i maestri della Torà: i rabbini. La Sinagoga divenne così il luogo della preghiera comunitaria e continua ad esserlo ancora oggi. L’organizzazione della preghiera conserva, come modello, i ritmi del culto del Tempio e si articola in mattutina e in pomeridiana nei giorni feriali, alle quali nei giorni festivi si aggiunge una terza preghiera. In questi momenti vengono recitate delle preghiere secondo una struttura e un ordine definito attraverso un’elaborazione che ha occupato molti secoli, ma che nelle sue linee essenziali è stata codificata intorno al V-VI secolo d.C..

Tra le preghiere più importanti che vengono recitate comunitariamente in Sinagoga vi è una composizione di brani biblici detta Shemà il cui inizio è: «Ascolta Israele, il Signore è nostro Dio, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua persona e con tutto il tuo vigore. Queste parole che ti comando oggi saranno sul tuo cuore; le inculcherai ai tuoi figli e ne parlerai con loro, quando stai a casa e quando cammini per la strada, quando ti corichi e quando ti alzi». Lo Shemà, che è più che una preghiera, è una dichiarazione di fede, viene recitato due volte al giorno in Sinagoga e individualmente come preghiera prima di coricarsi.

Dopo lo Shemà la preghiera per definizione è «la preghiera delle 18 benedizioni» nella quale alle benedizioni di lode a Dio seguono richieste collettive: il perdono e la misericordia per i giusti, la fine delle sofferenze e la redenzione, la salute, la pioggia e la rugiada, la ricostruzione di Gerusalemme e il ritorno del regno di David, si conclude con tre benedizioni di ringraziamento che esprimono la speranza nel ritorno a Sion, nella bontà e misericordia divina. Questa preghiera – il cui inizio è il versetto 17 del salmo 51: «Signore apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» che nella Chiesa Cattolica apre la recita della Liturgia delle Ore – viene recitata in tutte le preghiere quotidiane in Sinagoga.

Oltre alla Sinagoga la preghiera ha un luogo importante anche nella famiglia, in modo particolare nei momenti nei quali si è riuniti intorno alla mensa. Molte feste ebraiche hanno dopo le preghiere comunitarie, momenti di preghiera domestici, anch’essi almeno in parte codificati dalla tradizione. Per tutti possiamo ricordare il Seder di Pesach, cioè la preghiera-rito di ricordo della liberazione dall’Egitto che ha la propria sede specifica nella famiglia e che consiste di una cena fatta secondo le regole tradizionali ebraiche, intessuta di preghiere e di lettura di brani della Bibbia che ricordano la misericordia di Dio. La preghiera individuale ha un ruolo particolare nell’ebraismo. Per un verso è integrativa e non deve mai sostituirsi alle preghiere codificate, che esprimono la fede e le esigenze della comunità. Per l’altro verso può essere continuamente praticata, soprattutto nella forma di benedizioni che si rivolgono a Dio per ogni azione o evento della vita quotidiana. Ad una struttura codificata: «Benedetto Tu o Signore, Dio nostro Re del mondo che….» si aggiungono le parole legate all’azione del momento (dall’uso di uno strumento, allo studio ecc..). È il modo di riconoscere che il vero Creatore e Trasformatore dell’universo è Dio, «Egli ci ha fatti e noi siamo suoi» (salmo 100, 3). La preghiera nell’IslamSalah è il nome con il quale vengono designate le preghiere obbligatorie che devono essere recitate cinque volte al giorno. In queste preghiere il credente stabilisce una relazione diretta con Dio, riconoscendo la propria natura spirituale. Poiché nell’Islam non esiste una figura sacerdotale, le preghiere vengono guidate da una persona istruita che conosce il Corano, detta Imam, generalmente scelta dai fedeli stessi.

Le preghiere sono recitate all’alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e dopo il calare della notte, in modo tale da scandire il ritmo dell’intera giornata. In ciascuna preghiera si recitano in arabo versetti del Corano.

Sebbene sia preferibile assolvere all’orazione in comune e in una moschea, un musulmano può pregare quasi ovunque, come in campagna, in ufficio, in fabbrica e all’università. La preghiera è fatta rivolgendosi verso la Mecca per esprimere la direzione dell’anima verso Dio, e assumendo di volta in volta quattro posizioni del corpo, ciascuna delle quali rappresenta uno dei quattro regni della vita sulla terra. La prima è in piedi e rappresenta la condizione umana. Nella seconda il corpo è piegato a 90 gradi (posizione da quadrupedi) e rappresenta il regno animale. La terza posizione è in ginocchio, con la fronte per terra, le mani davanti alla testa, si tratta di una posizione che esprime la presa di coscienza del proprio stato di servitù, l’avvicinamento al Signore ma anche alla terra (regno minerale). L’ultima posizione consiste nel pregare seduti a gambe incrociate, compiendo movimenti ritmici (regno vegetale). In questo modo ogni parte dell’Universo è rappresentata e ricompresa nella preghiera dell’Islam.

Dopo ogni celebrazione si può fare la preghiera personale, stendendo le palme unite verso l’alto, in segno di intimità con il Signore.

A scuola di preghiera/1

A scuola di preghiera/2: Corpo e anima pregano insieme

A scuola di preghiera/3: le parole