Vita Chiesa

ASSEMBLEA KEK: MESSAGGIO FINALE, «IN QUANTO CRISTIANI OSIAMO SPERARE»

“In quanto cristiani, osiamo sperare”. E’ il messaggio che i delegati e le delegate di diverse chiese d’Europa, ortodossi, protestanti, anglicani e vetero-cattolici, riuniti dal 15 al 21 luglio a Lione per la XIII Assemblea generale della Conferenza delle chiese europee (KEK), rivolgono all’Europa. “La speranza – si legge nel testo finale che è stato votato ieri sera – ci dà la gioia, la pace, il coraggio, l’audacia e la libertà. Ci libera dalla paura, apre i nostri cuori e rafforza la nostra testimonianza del Signore risorto. Noi cristiani siamo chiamati ad un’unica speranza in Cristo, fonte di amore, di perdono e di riconciliazione”. Nel messaggio, le Chiese manifestano una serie di preoccupazioni. “Mentre ci impegniamo con passione per un’Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti – scrivono -, deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni, culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni – tra cittadini permanenti e migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti rispettati e chi li vede lesi”. Il messaggio fa anche riferimento al cambiamento climatico e alla “grave crisi finanziaria” ed aggiunge: “Malgrado tutto, siamo fermamente convinti che in quanto cristiani abbiamo una speranza speciale da condividere proprio in situazioni che sembrano invece disperate”.“Affermiamo – prosegue il messaggio – che vi è una speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia. Vi è speranza quando resistiamo ad ogni forma di violenza e di razzismo, quando difendiamo la dignità di ogni persona. Vi è speranza quando insistiamo sull’imperativo di una solidarietà disinteressata tra individui e tra popoli, quando lottiamo per il rispetto sincero della creazione”. “La sfida lanciata dall’Assemblea generale a tutte le chiese membro – scrivono i delegati dell’Assemblea Kek – è l’audace messaggio della speranza. Una speranza che non si esprime attraverso dichiarazioni vuote, ma attraverso atti concreti e fede viva. Affermiamo che le chiese devono lavorare a favore della giustizia e dire la verità ai potenti. Questo significa abbattere i muri tra persone, culture e religioni, per imparare a distinguere l’immagine di Dio nel volto dell’altro. Questo significa rispettare, e non solamente tollerare, gli altri esseri umani. Sopra ogni cosa però, questo significa trovare nuovi modi per esprimere la nostra solidarietà con i poveri, a noi lontani e vicini”.Sir