Vita Chiesa
Al centro del dibattito il ruolo del laicato
Tettamanzi, ricordando che è da tempo giunta l’ora di «tradurre il Concilio in italiano», ha invitato a parlare «non solo di speranza, ma anche e soprattutto con speranza». L’arcivescovo di Milano, presidente del Comitato preparatorio del Convegno, è stato a lungo applaudito (questa volta sul serio) quando ha invitato ad amare l’altra parrocchia come la propria, l’altra diocesi, l’altra Chiesa, l’altra aggregazione…. E poi ancora quando ha affermato che «non si dà testimonianza al di fuori della comunione ecclesiale» e quando, a proposito dei laici, ha chiesto con forza che «la parola del Concilio diventi autentica prassi ecclesiale».
Poi è stata la volta dei gruppi di studio (martedì 17 e mercoledì 18). I delegati al Convegno sono stati chiamati a confrontarsi su vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione e cittadinanza. Due giorni d’intenso dibattito, in parte a ruota libera, ma con l’attenzione alle «parole capaci di raccontare la speranza cristiana dentro le attese degli uomini di oggi», come suggerito dal teologo Franco Giulio Brambilla. Per questo «la Chiesa a giudizio di Paola Bignardi ha bisogno dei laici, della loro intelligenza spirituale creativa, del loro convergere nella comunione». «Occorre costruire reti di responsabilità e di unità», dice Savino Pezzotta. Due giorni per mettere a fuoco un modo di essere Chiesa in attesa del suggello della parola del Papa la cui visita a Verona, giovedì 19 (non ancora effettuata al momento di chiudere questo numero del giornale), segna in modo indelebile il Convegno ecclesiale nazionale.