Vita Chiesa

Antonelli: Lo spirito di La Pira era passato in Pino Arpioni

Alle esequie, celebrate in nel Duomo di Firenze, gremito soprattutto da quanti in questi oltre 50 anni di attività lo hanno conosciuto attraverso i campi-scuola alla “Vela” (Castiglion della Pescaia) e al “Cimone” (Pian degli Ontani), hanno preso parte numerosi sacerdoti e altri quattro vescovi: mons. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Luciano Giovanetti, vescovo di Fiesole, mons. Claudio Maniago, ausiliare di Firenze e mons. Vasco Giuseppe Bertelli, vescovo emerito di Volterra. Presenti in Duomo anche i gonfaloni della Regione, rappresentata dal vice-presidente della Giunta Angelo Passaleva, del Comune di Firenze, con il vice-sindaco Giuseppe Matulli, e dei comuni di Cutigliano (del quale era cittadino onorario e sul cui territorio sorge “Il Cimone”), di Castiglion della Pescaia e di Greve in Chianti. Il feretro era stato trasportato a spalla dai giovani dalla sede dell’Opera, in via Gino Capponi (dove era stato esposto da giovedì) alla SS. Annunziata, per un breve momento di preghiera e poi fino alla Cattedrale. Al termine della Messa il corpo di Pino è stato portato a Nomadelfia (Grosseto) dove aveva chiesto di essere sepolto «per poter toccare “La Vela” con un dito».

Nell’omelia, il card. Antonelli si è soffermato su tre aspetti particolari della figura di Pino che lo univano a Giorgio La Pira: «la preghiera; la passione per la gioventù; l’impegno per l’ecumenismo e per la pace». Come La Pira anche Pino – ha detto il Cardinale – era «un uomo di grande preghiera. Lo leggevi nei suoi occhi limpidi, nel suo volto luminoso e in pace. Egli viveva immerso in molteplici attività e relazioni, ma tutto partiva dal rapporto con Dio e ad esso ritornava». A questo proposito ha ricordato le due visite che gli aveva fatto durante l’ultimo ricovero in ospedale. Nella prima, avvenuta il 6 novembre, ha raccontato l’Arcivescovo, «mi ha voluto confidare il suo stato d’animo. Io l’ho ascoltato con commossa attenzione e, appena ritornato a casa, ho voluto mettere per iscritto quello che mi aveva detto, il più fedelmente possibile. “Questa mattina – diceva – ho avuto una prova spirituale dura. Ho sperimentato la desolazione di Gesù: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato. Ma la Madonna è stata vicina a me come a Gesù, accanto alla sua croce. Così ho potuto superare la prova, riaffermando la mia fiducia e obbedienza verso Dio. Dopo mi è venuta una grande gioia”. E davvero la gioia gli si leggeva sul volto. Quindi – ha aggiunto – che un’esperienza simile l’aveva fatta da giovane, quando, dopo diciotto giorni di massacrante viaggio in treno, era giunto esausto al campo di concentramento in Germania. Anche allora aveva avuto la percezione di una speciale protezione della Madonna sulla sua vita: una singolare esperienza spirituale da cui aveva ricevuto conforto e coraggio per affrontare gli orrori della prigionia. “Così – concludeva – in tutta la mia vita fino a oggi mi sono sentito sotto lo sguardo materno di Maria”».

Il Cardinale ha poi ricordato la seconda visita fattagli in ospedale appena due giorni prima della morte: «Non riusciva a parlare. Ma capiva benissimo. Accompagnava le preghiere muovendo le labbra con un filo di voce. Quando gli ho chiesto “Prega per me, quando sarai in Paradiso” ha fatto cenno di sì e quando gli ho detto “Arrivederci in Paradiso” ha risposto con un luminoso sorriso».

«Pino ha donato la sua vita ai giovani», ha proseguito il Cardinale. «Egli che aveva perso suo padre in tenera età è diventato padre per molti. Ha formato uomini veri e cristiani veri». E «ai giovani ha pensato fino all’ultimo giorno e ha promesso di essere loro vicino anche dopo la morte», assicurando: «Ora vi seguirò da lassù».L’Arcivescovo ha quindi ricordato l’impegno per la pace e per l’ecumenismo, con i pellegrinaggi a Londra, a Mosca, a Fatima e i contatti mantenuti per anni con i giovani an-glicani, con i russi, gli ortodossi dalla Grecia, i portoghesi. «A Pino – ha detto ancora Antonelli – è mancato soltanto l’ultimo recente pellegrinaggio in Terra Santa, da lui pensato e voluto… Quest’ultimo viaggio è stato, per certi aspetti, il testamento di Pino. Ne parlava, allo stesso tempo, come il compimento e come il principio di qualcosa», perché «la pace di Gerusalemmme non era “una pace”, era “la pace”. I giovani dovevano allora andare a Gerusalemme a compiere, come avrebbe detto La Pira, “un atto di fede, e perciò storico e politico” (…) per agganciare il loro cammino di fede al Cristo Crocifisso e Risorto. E lo dovevano fare in questo momento della storia dell’Opera, in cui la barca dell’Opera “doveva” prepararsi a procedere anche senza il timoniere che l’aveva creata».

«La sofferenza di questi quarantacinque giorni di ospedale – ha concluso il Cardinale – Pino l’ha offerta esplicitamente per la riuscita del pellegrinaggio e per i giovani dell’Opera. Più di una volta ha detto: «Soffro, ma sono sereno, perché offro tutto questo al Signore, per il bene vostro». E a tutti coloro che andavano a trovarlo ha indirizzato un solo invito: “Continuate!”».

Il testo integrale dell’omelia del card. Antonelli

Pino Arpioni, un maestro di vita per generazioni di Toscani

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