Vita Chiesa

Assemblea Cei, card. Bassetti: «Abbandonare il criterio del “si è fatto sempre così”»

«La sinodalità non è un evento da celebrare, ma uno stile da lasciar trasparire nel linguaggio, nella stima vicendevole, nella gratitudine, nella cura delle relazioni: tra noi e con il Popolo di Dio, a partire dai nostri presbiteri». Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, introducendo i lavori dell’Assemblea generale dei vescovi italiani, che si è aperta ieri in Vaticano con l’intervento del Papa, a cui il cardinale ha espresso, anche a nome dei suoi confratelli «gratitudine e affettuosa solidarietà: il nostro ministero episcopale vive intimamente legato al suo servizio di unità e di presidenza della carità; in lui troviamo riferimento, monito e promessa».

«In sintonia» con Papa Francesco, ha fatto notare Bassetti, è il tema centrale dell’assise dei vescovi: «Modalità e strumenti per una nuova presenza missionaria». «Preziosa per tutti è anche la presenza fra noi di una quindicina di missionari, che ringraziamo per la testimonianza evangelica di cui sono espressione», l’omaggio del presidente della Cei, secondo il quale «affrontare il tema della missione non significa mettere in fila una nuova serie di attività da realizzare, ma piuttosto fare nostro un nuovo modo di essere Chiesa, che, in quanto tale, coinvolge l’esistenza di ciascuno e l’intera pastorale». «Ce lo chiede quella stessa realtà che non ci stanchiamo di accompagnare con sguardo di pastori», la tesi di Bassetti: «È questo sguardo, infatti, a farci prendere coscienza del cambiamento d’epoca nel quale siamo immersi, che ha archiviato il tempo in cui un progetto pastorale poteva essere sviluppato appoggiandosi su un tessuto per molti versi omogeneo». «Oggi, come ci ricorda l’Evangelii gaudium, siamo chiamati ad ‘abbandonare il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così’, per trasformare la nostra tradizione in ‘spinta verso il futuro’, capace di ‘fornire forza e coraggio per il proseguimento del cammino’», ha affermato il cardinale: «Va in questa direzione lo stesso tema degli Orientamenti pastorali, anch’esso all’ordine del giorno dei nostri lavori: ci permetterà di iniziare a individuare la direzione di marcia e a condividere spunti di riflessione, contenuti e proposte per le nostre Chiese».

«Umiltà, gratuità, gioia»: questi i «sentimenti», raccomandati dal Papa a Firenze, «dove ha tracciato il piano per la Chiesa in Italia». «Puntare a farli nostri – fino a trasformarli in atteggiamenti permanenti – è la condizione per essere all’altezza della nostra missione», l’impegno assunto dal presidente della Cei per la Chiesa italiana, chiamata ad «ascoltare e comprendere i bisogni della gente», e non alle «pianificazioni perfette perché astratte»: «Diversamente, come ci ammoniva il Santo Padre, ‘non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significherebbe costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto e che rendono sterile il dinamismo’ missionario».

Nessun ambito umano ci può lasciare indifferenti. «La finalità ultima del nostro andare rimane l’annuncio della paternità misericordiosa di Dio, che ci è rivelata in Cristo Gesù, perché ciascuno possa trovare in Lui il significato ultimo e unificante della vita», ha ribadito il presidente dei vescovi. «Se siamo spinti a oltrepassare i confini del gruppo, della piccola comunità, della cerchia rassicurante di chi la pensa come noi; se ci sta a cuore la dignità di ogni persona, la vita nascente come quella che giunge al suo tramonto, la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili – per cui in questi giorni andremo ad approvare le Linee guida – il futuro dei giovani, il lavoro, le famiglie provate dalla quotidianità, la persona migrante e le cause che l’hanno costretta a lasciare la sua terra, la custodia del creato e lo sviluppo sostenibile, la testimonianza da offrire ai credenti di altre fedi attraverso la meditazione delle Scritture Sacre e il dialogo ecumenico e interreligioso… Se tutto questo ci sta a cuore è perché siamo radicati nel Signore Gesù», ha spiegato il presidente della Cei: «È Lui la ragione per cui nessuna situazione, nessuna circostanza, nessun ambito umano può trovarci estranei o indifferenti. In Lui non finiremo mai di ‘scoprire i tratti del volto autentico dell’uomo’, come pure di spenderci perché tutti abbiano la vita: ne è parte l’impegno per ‘l’inclusione sociale dei poveri’ come l’essere ‘fermento di incontro e di unità’ per ‘costruire insieme con gli altri la società civile’».

«Crescente preoccupazione» per «antichi pregiudizi» anticattolici e «sconcerto» per il raddoppio della tassazione sugli enti non profit, ha espresso il card. Bassetti. «Avverto una crescente preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare con la riforma del terzo settore», le sue parole: «Al fondo restano ancora antichi pregiudizi per le attività sociali svolte dal mondo cattolico; pregiudizi che non consentono di avere ancora una normativa adeguata a rispondere alle esigenze di centinaia di migliaia di persone, dedite al prossimo e alle persone bisognose». «Si tratta di un mondo di valori e progetti realizzati, di assistenza sociale, di servizi socio-sanitari, di spazi educativi e formativi, di volontariato e impegno civile», ha fatto notare il cardinale presidente della Cei, secondo il quale «in una società libera e plurale questo spazio dovrebbe essere favorito e agevolato in ogni modo». «Per questo non si può che rimanere sconcertati – ha proseguito Bassetti – vedendo che al Paese intero si manda un segnale di segno opposto, intervenendo senza giustificazione alcuna per raddoppiare la tassazione sugli enti che svolgono attività non commerciali». «Al Governo chiediamo non sconti fiscali o privilegi, ma regole idonee e certe, nel rispetto di quella società organizzata e di quei corpi intermedi che sono espressione di sussidiarietà», l’appello del presidente della Cei: «Risposta di prossimità offerta al bene di ciascuno e di tutti; risposta qualificata dall’esperienza e dalla creatività, dalla professionalità e dalle buone azioni».

Appello per i terremotati. «È decisivo che le ordinanze siano rese operative, che le procedure concordate per la ricostruzione trovino attuazione, che i fondi stanziati si traducano in interventi concreti». È l’appello della Chiesa italiana in merito alla «situazione che è venuta a determinarsi nel Centro-Italia all’indomani del terremoto», lanciato dal card. Gualtiero Bassetti. «Il nostro è un Paese unico, tanto per bellezza quanto per fragilità», ha ricordato il cardinale: «Proprio la fragilità, però, potrebbe essere la nostra forza e trasformarsi in occasione di cura e solidarietà, purché la generosa laboriosità di tanti cittadini s’incontri con l’impegno di chi ha la responsabilità civile e politica». «Lo reclamano le tante abitazioni ancora inagibili della nostra gente; lo reclamano le nostre chiese», ha fatto notare Bassetti: «Sono 3.000 quelle danneggiate dal sisma; l’impegno, su cui ci si è confrontati per mesi, ne prevede la ricostruzione di 600, quali luoghi di culto, di riferimento e aggregazione per tutta la comunità».

Papa Francesco parteciperà, il 23 febbraio 2020, alla giornata conclusiva dell’Incontro di riflessione e spiritualità per la pace, che si svolgerà a Bari dal 19 al 23 febbraio del prossimo anno. Questo l’annuncio del card. Gualtiero Bassetti al termine della sua introduzione ai lavori. «Del progetto europeo è parte integrante il Mediterraneo», ha sottolineato Bassetti, invitando a cogliere «in questa luce» l’incontro di Bari. «Sarà un’assise unica nel suo genere tra i vescovi cattolici di tutti i Paesi lambiti dal Mare Nostrum», ha annunciato il presidente della Cei: «Un incontro che si prefigge di contribuire alla promozione di una cultura del dialogo e della pace per il futuro dell’intero bacino mediterraneo».»Papa Francesco non soltanto ha benedetto l’iniziativa, ma vi ha posto il suo sigillo, assicurandoci la sua partecipazione nella giornata conclusiva», ha assicurato.

«Chiediamo a tutti di superare riserve e sfiducia e di partecipare al voto. Siamo consapevoli che questo rimane solo il primo passo, ma è un passo che non ci è dato di disertare». Si è conclusa con questo appello, in vista delle elezioni di domenica prossima, l’introduzione del card. Gualtiero Bassetti. «È vero che oggi l’Europa è sentita come distante e autoreferenziale, fino al punto da far parlare di una ‘decomposizione della famiglia comunitaria’, su cui soffiano populismi e sovranismi», ha argomentato il cardinale soffermandosi sul futuro dell’Unione europea. «Lasciatemi, però, dire – forse un po’ provocatoriamente – che il problema non è innanzitutto l’Europa, bensì l’Italia, nella nostra fatica a vivere la nazione come comunità politica», la tesi di Bassetti, che si è chiesto: «Oggi, noi italiani, cosa abbiamo ancora da offrire? Penso alle nostre virtù, prima fra tutte l’accoglienza; penso a una tradizione educativa straordinaria, a uno spirito di umanità che non ha eguali; penso alla densità storica, culturale e religiosa di cui siamo eredi». «Attenzione, però: non si vive di ricordi, di richiami a tradizioni e simboli religiosi o di forme di comportamento esteriori!», il grido d’allarme: «Il nostro è un patrimonio che va rivitalizzato, anche per consentirci di portare più Italia in Europa. Dobbiamo essere fino in fondo italiani – convinti, generosi, solidali, rispettosi delle norme – perché anche l’Europa sia un po’ più italiana. Dobbiamo essere fieri – sia detto senza alcuna presunzione – di un Cristianesimo che ha disegnato il Continente con il suo contributo di spiritualità e cultura, di arte e dottrina sociale. Di umanesimo concreto». «Come italiani dovremmo essere il volto migliore dell’Europa per dare più fierezza ai nostri giovani, ai nostri emigrati e a quanti sbarcano sulle nostre coste, perché siamo il loro primo approdo», l’appello finale, prima dell’invito a non disertare le urne.