Vita Chiesa

Assemblea Cei, card. Ouellet: «custodire» e «vegliare»

«Noi – ha precisato il cardinale – possiamo custodire il gregge di Dio perché siamo noi custoditi dal Padre». «Custodire l’unità del gregge significa vigilare sulla qualità dei rapporti umani tra voi stessi vescovi e con i vostri fedeli, anzitutto con i preti» e «vegliare anche in rapporto alle persone consacrate e ai fedeli laici, riconoscendo i loro carismi e incoraggiando le loro iniziative missionarie e pastorali». Vegliare, ha aggiunto il porporato, «implica anche prendersi cura delle risorse materiali, che non mancano nel vostro Paese, garantendone la giusta gestione finalizzata al bene comune della società e della Chiesa». «Una sfida grande è quindi l’unità, che è inseparabile dalla verità, cioè dai rapporti fondati sulla Parola di Dio», cui si aggiunge la crisi della cultura cattolica».

In modo particolare, questa crisi della cultura cattolica comporta, secondo il card. Ouellet, «il calo delle vocazioni all’ordine sacro e di consacrazione, l’invecchiamento del clero e dei religiosi, la non omogeneità dei presbiteri diocesani. In questo contesto si prospettano accorpamenti di case religiose, di parrocchie e di diocesi». Il futuro «non è chiaro per troppe incertezze, anche per le questioni che interpellano l’ora presente; ad esempio l’emigrazione dei rifugiati e la disoccupazione. I problemi abbondano!». Talvolta ci sentiamo come mancasse il respiro – ha riconosciuto il porporato – e siamo tentati di scoraggiarci e di evadere in qualche distrazione». Di qui l’esortazione a non lasciarsi «trascinare verso il basso, cedendo allo sconforto e alla depressione. C’è qualcosa che ci rianima ogni giorno, spingendoci ad andare avanti. È la preghiera sacerdotale di Gesù che riecheggia in ogni Eucaristia: ‘Padre santo, custodisci nel tuo nome quelli che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi’». «Non serve lamentarsi delle proprie mancanze e di quelle altrui – la conclusione di Ouellet -. Serve invece uno sguardo d’amore sulla Chiesa di Dio e il dono gioioso di noi stessi nella sequela del Signore».