Vita Chiesa

Assisi, con i passi della verità e della pace

Centosettantasei esponenti di diverse tradizioni religiose non cristiane e non ebraiche, 31 delegazioni di Chiese, Comunità ecclesiali e Organizzazioni cristiane mondiali, 3.000 giovani di tutte le diocesi umbre, 200 volontari: sono alcuni dei numeri della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, tenutasi giovedì 27 ottobre 2011 ad Assisi, a 25 anni dal primo incontro, il 27 ottobre 1986, voluto da Giovanni Paolo II. Giunto in treno, il Pontefice, con le delegazioni, si è subito trasferito nella vicina basilica di Santa Maria degli Angeli dove è stato ricevuto dai ministri generali degli Ordini francescani. Dopo l’ingresso in basilica, sullo sfondo della Porziuncola, luogo dove visse e morì Francesco d’Assisi, i leader religiosi hanno portato le loro testimonianze di pace, introdotte dal card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, e chiuse dalle parole di Benedetto XVI. “Rinnoviamo e rafforziamo una ricerca della verità in cui ciascuno di noi s’impegna incessantemente”, ha detto il card. Turkson. I 25 anni trascorsi “hanno ampiamente dimostrato il nostro senso di fraternità e di solidarietà”, ma sono pure stati “pieni di sfide sul senso dell’uomo e della storia”.

Le testimonianze di pace. A turno hanno preso poi la parola i leader religiosi dai quali è giunta una unanime condanna della violenza e della guerra, soprattutto se condotte in nome di Dio. “Dobbiamo opporci alla deformazione del messaggio delle religioni e dei loro simboli da parte degli autori di violenza – ha affermato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I – sviluppare il religioso mediante il religioso stesso, questa è l’esigenza necessaria per promuovere la dimensione umanitaria di una figura del divino che si vuole misericordioso, giusto e caritatevole”. “Le sfide del nostro tempo sono tali che nessun gruppo religioso può pretendere di avere tutte le risorse pratiche di cui ha bisogno per affrontarle”, ha rimarcato, a sua volta, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. “Siamo qui per levare la voce in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti. Una pace duratura inizia là dove noi vediamo il nostro prossimo come un altro noi stessi”. Il segretario generale della Conferenza internazionale degli studiosi islamici, Kyai Haji Asyim Muzadi, nella sua testimonianza ha posto l’accento sulle “comprensioni errate della religione che portano a conflitti sociali tra l’umanità”. Dovere delle Comunità religiose è correggere tali distorsioni come “testimonianza di pace”. “Costruttori di pace” devono essere anche i giovani, ha affermato Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (World council of churches-Wcc): “Anche oggi la pace nel mondo richiede le idee e il contributo dei giovani, portatori di cambiamento”. Un ostacolo alla “pace giusta” è l’“alto livello di disoccupazione tra i giovani in tutto il mondo”, segno che “stiamo mettendo in gioco il benessere e la felicità di una generazione”. Nella basilica è risuonato anche il canto di Wande Abimbola, Awise Awo Agbaye (religione Yoruba), portavoce Ifa (tecnica di divinazione originaria dell’Africa occidentale), che ha portato il saluto dei popoli d’Africa e dei membri della religione yoruba nel mondo. Il portavoce ha chiesto che “alle religioni indigene venga dato lo stesso rispetto e la stessa considerazione delle altre religioni. Non possiamo avere pace nel mondo quando non rispettiamo, abusiamo, o disprezziamo i nostri vicini”. Sulla stessa lunghezza d’onda sono state le testimonianze dei rappresentanti induisti, armeni, buddisti e del Rabbino David Rosen che ha espresso gratitudine per questo incontro. A Santa Maria degli Angeli era presente anche Julia Kristeva, docente bulgara, che ha parlato a nome dei non credenti, una presenza questa, nuova per gli incontri di Assisi. “L’appello di Giovanni Paolo II, ‘Non abbiate paura’, non è indirizzato unicamente ai credenti”, ha detto la docente. “Esso ci spinge anche a non temere la cultura europea, ma, al contrario, a osare l’umanesimo che insegna a prenderci cura di uomini e donne. La cura amorosa per l’altro, la cura della terra, costituiscono delle esperienze interiori che creano nuove prossimità e solidarietà inattese. L’incontro delle nostre diversità qui ad Assisi, testimonia che l’ipotesi della distruzione non è l’unica possibile e la rifondazione dell’umanesimo è una scommessa”. Le parole di Benedetto XVI. La vera natura della religione non è quella che giustifica il terrorismo e la violenza, questo, anzi, è il suo travisamento che la conduce alla distruzione. La Chiesa cattolica, da parte sua, “non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo”. Lo ha ricordato Benedetto XVI nel suo discorso a Santa Maria degli Angeli, che ha chiuso la prima parte della Giornata di Assisi. Il Pontefice è tornato all’appuntamento di 25 anni fa quando “la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro”, dove “simbolo vistoso” di tale divisione era il muro di Berlino. “Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde”, poiché “la volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza”. Tuttavia ancora oggi “il mondo è pieno di discordia”, dal momento che “il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento”. “La discordia assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi”. Che “la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente”, ha sottolineato papa Benedetto che ha fatto riferimento al terrorismo, spesso “motivato religiosamente”, portando quindi la religione non “a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza”. “Nella storia – ha ricordato il Papa – anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana”. Alla violenza “motivata religiosamente”, Benedetto XVI ha poi affiancato quella “conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione”. “Il ‘no’ a Dio – ha evidenziato – ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé”. È “l’assenza di Dio” che “porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo”, in una sorta di “contro-religione”. Da ultimo, il Santo Padre ha rivolto un pensiero a quanti “non è stato dato il dono del poter credere e che, tuttavia, sono alla ricerca di Dio”. “Sono ‘pellegrini della verità, pellegrini della pace’. Che non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi sono anche un richiamo per i credenti a purificare la propria fede”.

Mai più. Il grido del Papa contro la guerra e i 12 impegni

“Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita, amore!”. Con queste parole Benedetto XVI ha chiuso la lettura del testo dell’impegno comune per la pace da parte dei leader religiosi sul palco della piazza della basilica di san Francesco, atto finale della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Venticinque anni dopo l’incontro di Assisi, voluto da Giovanni Paolo II, 300 esponenti delle varie fedi mondiali si sono ritrovati oggi in piazza san Francesco, per il rinnovo solenne dell’impegno per la pace e per la consegna delle lampade, simbolo di pace. “La pace è possibile, ancora oggi!”, ha affermato il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, introducendo la cerimonia del rinnovo. “Un comune impegno di non rassegnarci mai alle guerre e alle separazioni. Sappiamo che la fede può vincere il dubbio, la fiducia superare l’angoscia, la speranza può avere la meglio sulla paura”.

Dodici impegni. Dodici gli impegni contenuti nel testo, letti a turno dai leader religiosi e riassunti così dal patriarca ecumenico Bartolomeo I: “Per costruire la pace è necessario amare il prossimo, rispettando la regola d’oro, ‘fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te’. Con questa convinzione non ci stancheremo di lavorare nel grande cantiere della pace”. “Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo contrastano con l’autentico spirito religioso”, ha detto il vescovo Mounib Younan, della Federazione luterana mondiale, e a “condannare ogni ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione. Ci impegniamo a fare quanto è possibile per sradicare le cause del terrorismo”. “Ci impegniamo ad educare le persone a rispettarsi e a stimarsi reciprocamente” in vista di “una convivenza pacifica e solidale”, ha aggiunto Tarunjit Singh Butalia, delegato per la religione Sikh. “Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo perché crescano la comprensione e la fiducia reciproca fra gli individui e i popoli, premesse queste dell’autentica pace”, ha letto il metropolita Aleksandr, del Patriarcato di Mosca cui ha fatto seguito John Upton (Alleanza battista mondiale): “Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a vivere una degna esistenza secondo la propria identità culturale e formarsi liberamente una famiglia”. Dal musulmano Mulina Mohammed Zubair Abid è arrivato l’impegno a “dialogare con sincerità e pazienza, non considerando quanto ci differenzia come un muro invalicabile ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con l’altrui diversità può diventare occasione di migliore comprensione reciproca”. “Ci impegniamo a perdonarci vicendevolmente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente – ha affermato il metropolita Mar Gregorios, del Patriarcato assiro-ortodosso di Antiochia – e a sostenerci nel comune sforzo per sconfiggere l’egoismo e il sopruso, l’odio e la violenza e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è vera pace”. Il taoista Wai Hop Tong ha ribadito l’impegno “a stare dalla parte di chi soffre nella miseria e nell’abbandono, facendoci voce di chi non ha voce e operando concretamente per superare tali situazioni, nella convinzione che nessuno può essere felice da solo”. “Noi ci impegniamo a fare nostro il grido di chi non si rassegna alla violenza e al male – ha aggiunto il buddista Phra Phommolee – e vogliamo contribuire con tutte le nostre forze per dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace”. Poi è stata la volta dello scintoista giapponese Tsunekiyo Tanaka: “Noi ci impegniamo ad incoraggiare ogni iniziativa che promuova l’amicizia fra i popoli, convinti che il progresso tecnologico, quando manchi un’intesa solidale tra i popoli, espone il mondo a rischi crescenti di distruzione e di morte”. “Noi ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle Nazioni di fare ogni sforzo perché, a livello nazionale e internazionale, si edifichi e si consolidi, sul fondamento della giustizia, un mondo di solidarietà e di pace”, ha affermato l’ebrea Betty Ehrenberg, cui ha fatto eco Setri Nyomi, della Comunione mondiale delle Chiese riformate: “Noi persone di tradizioni religiose diverse non ci stancheremo di proclamare che pace e giustizia sono inseparabili e che la pace nella giustizia è l’unica strada su cui l’umanità può camminare verso un futuro di speranza” nella consapevolezza che “la sicurezza, la libertà e la pace non potranno essere garantite dalla forza, ma dalla fiducia reciproca”. Per ultimo ha preso la parola Guillermo Hurtado, rappresentante dei non credenti, per la prima volta all’incontro di Assisi: “Noi, umanisti laici, in dialogo con i credenti, ci impegniamo con tutti gli uomini e le donne di buona volontà a costruire un mondo nuovo. Dedichiamo ogni sforzo affinché credenti e non credenti vivano, nella fiducia reciproca, la ricerca comune della verità, della giustizia e della pace”.

Scambio di pace. Dopo l’appello del Pontefice, “mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo!”, ha fatto seguito un momento di silenzio, la consegna ai capi religiosi di una lampada accesa, simbolo di pace e lo scambio di pace tra Benedetto XVI e i leader presenti nella piazza. “Diventiamo strumenti della pace che viene dall’alto – ha esortato il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani – ricordiamo che non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. Rechiamo pace ai vicini e ai lontani, alle creature a al creato”. La visita del Papa e dei capi-delegazione alla tomba di san Francesco ha chiuso la cerimonia.