Vita Chiesa

BENEDETTO XVI: APOCALISSE CONFORTO PER I CRISTIANI PERSEGUITATI

La sofferenza non è “l’ultima parola” nella storia del mondo e della Chiesa, ma un “punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già misteriosamente intrisa” di “gioia” e di “speranza”: lo ha detto oggi Benedetto XVI agli oltre 7 mila pellegrini radunati nell’aula Paolo VI, in Vaticano, per l’udienza settimanale, spiegando loro, nella catechesi che sta dedicando all’apostolo Giovanni e ai suoi scritti, i capisaldi del libro dell’Apocalisse. Il papa, discostandosi spesso dal discorso preparato, con aggiunte a braccio, ha affermato che a differenza del modo di intendere solito, l’Apocalisse non parla di “una catastrofe incombente”, o di “enigmi da risolvere”, ma raccontando delle persecuzioni che i cristiani subiscono nella storia, vuole infondere la certezza della “vittoria dell’Agnello, sgozzato eppure ritto in piedi” , divenendo un conforto per i cristiani, soprattutto per quelli dell’Asia. Il riferimento all’Asia e alle persecuzioni contro i cristiani, ha sottolineato il Papa, “va compreso sullo sfondo della drammatica esperienza delle sette Chiese d’Asia (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiàtira, Sardi, Filadelfia, Laodicéa), che sul finire del I° secolo dovettero affrontare difficoltà non lievi nella loro testimonianza a Cristo”. Parlando poi di uno dei simboli dell’Apocalisse (il libro che nessuno può aprire e che spinge l’apostolo al pianto, Apocalisse, 5, 4), ha aggiunto: “Probabilmente questo pianto esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano esposte in quel momento. E’ uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo. Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio”.

Il “senso della storia umana”, “il destino della storia – a detto il papa aggiungendo a braccio – è nelle mani” di Gesù Cristo, che l’Apocalisse mostra come “l’Agnello sgozzato, indifeso, ferito, morto, ma in piedi, vivo, partecipe del potere divino del Padre”. “Gesù, benché ucciso con un atto di violenza, invece di stramazzare a terra sta paradossalmente ben fermo sui suoi piedi, perché con la risurrezione ha definitivamente vinto la morte”.

Spiegando poi il simbolo della “Donna che partorisce un Figlio maschio”, Benedetto XVI ha osservato che la Donna è Maria, ma anche la Chiesa “che partorisce con grande dolore in ogni tempo, indifesa, debole. Mentre è perseguitata dal Dragone è protetta dalle consolazioni di Dio. È questa Donna che vince alla fine, non il drago”. “La Donna – a continuato a braccio il pontefice – che è perseguitata, alla fine appare come la Sposa, la nuova Gerusalemme, dove non vi sono più lacrime e tutto è luce, perché la sua luce è l’Agnello”.

“Per questo motivo – ha continuato Benedetto XVI – l’Apocalisse di Giovanni, benché pervasa da continui riferimenti a sofferenze e tribolazioni – la faccia oscura della realtà -, è altrettanto permeata da frequenti canti di lode, che rappresentano quasi la faccia luminosa della storia… Siamo qui di fronte al tipico paradosso cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l’ultima parola, ma è vista come punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza”.