Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: TESTIMONIARE E PORTARE LA LUCE NUOVA DEL VANGELO

L’Epifania “è un invito rivolto alla Chiesa, ma anche a ciascuno di noi, a prendere ancora più viva coscienza della missione e della responsabilità verso il mondo nel testimoniare e portare la luce nuova del Vangelo”. Lo ha detto il Papa, durante l’udienza generale di oggi, dedicata al Natale e all’Epifania (clicca qui). “La Chiesa non è la luce – ha proseguito Benedetto XVI citando l’inizio della ‘Lumen gentium’ – ma riceve la luce di Cristo, la accoglie per esserne illuminata e per diffonderla in tutto il suo splendore. E questo deve avvenire anche nella nostra vita personale”. “Il Natale – ha spiegato il Papa – è fermarsi a contemplare quel Bambino, il mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni; è manifestare la gioia, la novità, la luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della novità, della luce di Dio agli altri”. “Ancora a tutti l’augurio di un tempo natalizio benedetto dalla presenza di Dio!”, ha concluso il Papa rinnovando gli auguri iniziali: “Dio, che nella nascita del Cristo suo Figlio ha inondato di gioia il mondo intero, disponga opere e giorni nella sua pace”. “Qual è la prima reazione davanti a questa straordinaria azione di Dio che si fa bambino, si fa uomo?”, si è chiesto il Papa. “È la gioia”, la risposta, che “nasce dallo stupore del cuore nel vedere come Dio agisce nella storia. Il Natale è gioia perché Dio che è il bene, la vita, la verità dell’uomo si abbassa fino all’uomo, per innalzarlo a Sé: Dio diventa così vicino da poterlo vedere e toccare”. Natale, ha proseguito il Papa, è “il punto in cui cielo e terra si uniscono. In quel Bambino, bisognoso di tutto, ciò che Dio è: eternità, forza, santità, vita, gioia, si unisce a ciò che siamo noi: debolezza, peccato, sofferenza, morte”. Il Natale, inoltre, parla di “un mirabile scambio tra la divinità e l’umanità”, ha osservato Benedetto XVI. Il Natale, così, è “la festa in cui Dio si fa così vicino all’uomo da condividere il suo stesso atto di nascere, per rivelargli la sua dignità più profonda: quella di essere figlio di Dio”. “Dove si rende presente in modo reale questo meraviglioso scambio, perché operi nella nostra vita e la renda un’esistenza di veri figli di Dio?”. Nell’eucaristia, la risposta del Papa: “Quando partecipiamo alla Santa Messa noi presentiamo a Dio il pane e il vino, frutto della terra, perché Egli li accetti e li trasformi donandoci Se stesso e facendosi nostro cibo, affinché ricevendo il suo Corpo e il suo Sangue partecipiamo alla sua vita divina”.Il triplice saluto di Benedetto XVI che, come di consueto, chiude l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, nella prima udienza generale del 2012 si è tramutato in un triplice augurio per il nuovo anno. “A voi, cari giovani – ha detto il Papa – auguro di saper considerare ogni giorno come un dono di Dio, da accogliere con riconoscenza e vivere con rettitudine. Per voi, cari malati, il nuovo anno porti consolazione nel corpo nello spirito. E voi, cari sposi novelli, sforzatevi di imitare la Santa Famiglia di Nazareth, realizzando un’autentica comunione d’amore e di vita”. Rivolgendo un “cordiale benvenuto ai pellegrini italiani”, Benedetto XVI – interrotto a più riprese dagli applausi delle oltre settemila persone riunite nell’Aula Paolo VI – ha augurato a tutti “serenità e pace per il nuovo anno”, riecheggiando così l’augurio per il 2012 con cui aveva aperto la catechesi dell’udienza generale odierna: “Di tutto cuore porgo a voi e alle vostre famiglie i miei affettuosi voti augurali: Dio, che nella nascita del Cristo suo Figlio ha inondato di gioia il mondo intero, disponga opere e giorni nella sua pace”. La prima catechesi papale di quest’anno si è conclusa con una vera ovazione al Pontefice, di cui i fedeli hanno scandito a più riprese il nome, in un clima molto festoso. (Sir)