Vita Chiesa

Bari, il diario di un congressista

A Bari, tra le migliaia di persone che seguono il denso calendario di incontri del XXIV Congresso eucaristico nazionale, c’è anche mons. Angelo Sceppacerca, Direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Firenze, che cura per noi questo «diario» giornaliero.DI ANGELO SCEPPACERCA 28 MAGGIO:FAMILY STA PER FAMIGLIASe Maria Chiara e Gianluigi annunciano di aspettare un figlio, qui a Bari esplode un applauso da diecimila persone. Qui la vita è notizia e la generosità contagiosa. Loro – all’ottavo mese – si definiscono una coppia equa e solidale. Inviarono 650 partecipazioni di matrimonio perché non volevano tener fuori nessuno, proprio nessuno. Ma ad ognuno hanno suggerito di far regali “altrove”: 63.000 €uro per un asilo in Guinea Bissau. E giù un altro applauso. Quando nasce un figlio? Maria Chiara e Gianluigi non hanno dubbi: dal momento che te ne accorgi, da quando lo sai. Per cui, tra un anno, il loro figlio avrà un anno e nove mesi. Senza dubbi o sospetti.

Nella giornata dedicata alla famiglia, la colonna della Chiesa e della società, il padiglione 71 (il più grande, capace di 7000 sedie, ma tanti sono in piedi o seduti a terra) ospita la festa. Un complesso, cantanti, presentatori, intrattenitori, testimoni, un cardinale (Tettamanzi, di Milano, che parla a braccio e si vede che è commosso lui stesso). Ma soprattutto famiglie, complete di figli.

Una mattinata che è tutta una festa. Il canto a coro, la danza dei giovani, il sorriso, la gioia di essere in tanti, visibili e uniti. Anche le suore e i frati uniti a cantare e danzare, tutti con i cappellini bianchi del congresso.Giornalisti al lavoro. In sala stampa, davanti agli schermi che li collegano alle redazioni. Ma anche dinanzi ai monitor, alle telecamere, ai microfoni, taccuini per raccogliere storie, volti, voci. Alla vigilia del referendum inevitabili – alle famiglie – le domande su cosa faranno. DAL VESCOVO AL FEDELE: TUTELARE LA VITA È ANCHE VIETARE L’ABORTO.Il popolo cattolico radunato a Bari per il Congresso Eucaristico ha idee ben chiare: difendere ora l’embrione umano e, in prospettiva, preparare la strada per una modifica della legge 194. Oggi, penultimo giorno della kermesse, in attesa dell’arrivo del Papa per la messa di chiusura di domani, il tema al centro dell’attenzione è la famiglia. Nel padiglione centrale del quartiere fieristico dove si svolge uno spettacolo d’animazione, sono radunate svariate migliaia di persone, coppie con bambini, tanti ragazzi, gruppi di religiosi, comitive di anziani arrivati da ogni parte d’Italia. In prima fila qualche cardinale e una ventina di vescovi. Tra di loro c’è anche chi non esita ad esprimersi in materia senza badare troppo alle convenienze politiche. E’ il vescovo di Amalfi, monsignor Orazio Soricelli che interpellato dal cronista fa sapere: “non solo non andrà a votare” ma che “certamente la legge 194, in prospettiva, deve essere rivista. E’ una normativa che ha solo favorito l’aborto”.

L’orientamento del vescovo sembra essere ampiamente condiviso dai presenti. In una sorta mini inchiesta effettuata in loco, tra il folto pubblico, sono solo pochi coloro che pendono per il voto del 12 giugno. Chi va a votare lo fa per “esercitare un diritto” ma si esprimeranno con 3 no e un sì. Inoltre sono assai pochi coloro orientati a mantenere la legge 194 tale e quale. “Io non solo non andrò a votare. Sono una biologa e conosco perfettamente il problema – fa sapere Laura de Gara, 41 anni, ricercatrice all’Università di Bari – per questo dico che ci vorrebbe più coraggio e porre il problema della legge 194. Si dovrebbe arrivare a modifiche restrittive. L’aborto è un crimine e questa normativa purtroppo non aiuta di certo a comprenderlo. La scelta della donna deve essere più responsabile e andrebbe fatta a monte”.

Seduti in un angolo, sui sacchi a pelo arrotolati, una comitiva di sei ragazzi dai 18 ai 27 anni arrivati al Congresso da San Severo, in provincia di Lecce. Si dimostrano antiaboristi convinti. Ovviamente non andranno a votare il 12 giugno, proprio per far saltare il quorum e al contempo chiedono al mondo politico cattolico di avere “il coraggio” di portare avanti, in prospettiva, l’abrogazione della legge sull’aborto.

Angela, 26 anni, unica ragazza del gruppo aggiunge: “non può essere un diritto della donna decidere se sopprimere o meno una vita. Esistono tanti metodi per non rimanere incinta”. Poco più in là, però, due signore 40enni di Bari, Elisa e Lucia non solo annunciano che andranno a votare “perché è nostro diritto” ma si dicono contrarie ad una eventuale abrogazione della legge 194. “Personalmente non la condividiamo ma non possiamo togliere questa possibilità alla donna che si trova costretta a prendere questa terribile decisione”.

Andrà a votare anche Valentina, 20 anni, studentessa di ostetricia a Lecce (“Ogni giorni mi trovo davanti coppie sterili che vorrebbero avere un figlio”) ma poi aggiunge: “sulla legge 194 non ho dubbi: va abrogata tout cour. Alimenta, infatti, una mentalità poco responsabile. Come si fa a sopprimere un feto di 3 mesi? Quella è vita, mica un ammasso di cellule”. Antiaboristi convinti, favorevoli all’abrogazione della 194 e all’astensione al referendum una coppia di signori di Bari, Orazio e Maria Cristina Piccilli: “quel giorno andremo in barca, al mare. Quanto all’aborto, sarebbe auspicabile che ci fosse il buon senso di tutelare davvero la vita, vale a dire abrogare quella legge”.

27 MAGGIO: LE DIVISIONI DEL PAPALa giornata delle aggregazioni, dei movimenti. Si può dire, meglio, giornata del popolo, dei fedeli, dei laici. Come se poi esistesse altro, nella Chiesa, che il popolo e, solo in esso, i vari compiti e le diverse vocazioni. Ma tutti discepoli, perché il Maestro è uno solo.

Quante divisioni ha il Vaticano? Se vuoi proprio ragionare a numeri, basta guardare il palco. Attorno al presidente dei Vescovi italiani (i movimenti sono nella Chiesa), i rappresentanti dell’Azione Cattolica, di Comunione e Liberazione, dei Neocatecumenali, della Consulta delle Aggregazioni, del Movimento dei Focolari, del Rinnovamento dello Spirito, della Comunità di s. Egidio, dell’Agesci. Alcuni milioni di aderenti, a tenersi bassi. Quello che conta è la qualità, la storia, la conversione, il cammino, la vicenda quotidiana di chi – uomo o donna, giovane o adulto, laico o consacrato – ritrova appieno il proprio posto nella Chiesa, da soggetto e non più solo destinatario di precetti.

Tanto per stare nella parafrasi delle “divisioni”, basta pensare alla varietà dei movimenti, alla loro diversità di metodo, di approccio, di stile, di iniziative, di linguaggio… e ti vengono in mente i diversi reparti e “armi” di un esercito. A voi provare ad immaginare chi sono i commandos d’assalto, chi gli sminatori, e poi le truppe di terra, di aria, di mare. Anche i reparti per l’approvvigionamento sono essenziali. Io pensavo ai contemplativi. E se mi passa l’arduo accostamento, il cibo è lo stesso per tutti: il pane consacrato.

Inevitabili i richiami all’attualità. D’altra parte questa è gente che lavora, che consuma, che si ammala, che vota o che decide di non andare a votare. Tra due settimane i referendum. E mai questa volta movimenti e associazioni tutti concordi nella scelta astensionista. Tornano i cattolici obbedienti? Sì, se per obbedienti intendiamo responsabili, partecipi, coerenti. Gli sia concesso. Non si tratta di questioni seconde, ma prime perché toccano le cose ultime, la vita e la morte.

Ad ognuno almeno lo spazio di una perla.

«Il cammino di comunione è condizione per prendere la parola nella Chiesa. Dimmi che domenica vivi e ti dirò che cristiano sei». (Paola Bignardi).

«Che il Mistero diventi compagno. Dal grido di Leopardi per la sua donna, all’incontro con Cristo come incontro con la bellezza che salva il mondo dalla disperazione. A chi gli apre la porta “Egli non toglie nulla e tutto dona” (Benedetto 16°). Cristo continua a mendicare (nel cuore di ogni uomo, magari sotto un cumulo di macerie) attraverso l’unica forma adeguata alla natura corporale dell’uomo, la nostra libertà per compierla, cioè per attrarla in modo da salvarla». (don Julian Carron).

«Sono il responsabile della prima comunità neocatecumenale sorta a Roma nel 1968. Oggi Kiko non c’è perché in contemporanea incontra 500 famiglie missionarie nei Paesi più scristianizzati, per portare Gesù Eucaristia. Il cammino c’è per aiutare a riscoprire le cose preziose che stanno sotto. Ecco perché le parrocchie devono riaprire i cammini di iniziazione cristiana perché le persone devono iniziare di nuovo, da capo». (Giampiero Donnini).

«Tutto quello che costruisce comunione e porta alla missione è essenziale. Le frontiere sulle quali stanno le aggregazioni sono tante e difficili. Iniziative comuni per sostenere lo sforzo di ognuno. Ognuno mette a servizio il proprio dono a vantaggio del tutto che è la Chiesa, da amare, perciò, prima e più del proprio movimento di appartenenza. L’Eucaristia è al centro, fin da subito. Chi conosce il movimento inizia a frequentare la Messa quotidiana. L’Eucaristia è il sacramento dell’unità perché trasforma ognuno in Gesù e fa l’unità degli uomini tra loro». (Antonietta Giorleo).

«Christifideles laici: uomini e donne fedeli a Cristo. E’ una parola dello Spirito oggi. Anche la domenica ci è data in modo particolare, anche se mancano tanti cristiani a questo cuore della Chiesa. Ogni domenica, ogni Messa, come se fosse l’ultima che ci è consentita. Nell’Eucaristia Dio è a portata di voce: posso dargli del tu! Eucaristia, scuola di bellezza e casa di guarigione. Lì nacque il laicato catolico. Lì rinasce sempre perché lì il Signore dona lo Spirito». (Salvatore Martinez).

«La polifonia dei movimenti ha dietro un cammino di comunione, fin dalla Pentecoste 1998 con Papa Giovanni Paolo II: lì ci fu l’acoglienza e il riconoscimento di tutti i movimenti. L’Eucaristia salva il mondo, lo sostiene. Se il mondo non è crollato, se l’uomo non è giunto all’odio assoluto, è per l’Eucaristia. Tornino i cristiani ad agitarsi per il tempo della domenica!» (Andrea Riccardi)

«Noi dell’Agesci scommettiamo sui ragazzi, sulla scelta educativa e formativa. 30.000 adulti per 150.000 ragazzi. Affiancarli uno ad uno perché trovino il loro spazio, la loro vocazione». (Chiara Saligni).

Avevamo iniziato col paragone militare delle divisioni e delle truppe. Immagine del tutto inadeguata. Vengono in mente altre figure. I giardinieri, i coltivatori, i panettieri, i medici, gli artisti… ogni campo dove si esprime l’arte di fare qualcosa per l’altro. Qualcosa di vero, di concreto.

26 MAGGIO: LA NOSTALGIAAlla stessa ora, nello stesso giorno – questo, che è la festa del Corpus Domini – che spiega il Congresso di Bari, in tante piazze e in molte strade, la solennità della Messa e la struggente bellezza della processione eucaristica. Penso al mio paese, alla mia parrocchia, a quella dove la processione del Santissimo l’ho fatta io. Penso al Duomo di Santa M.maria del Fiore e a Piazza S. Giovanni a Roma con Benedetto XVI. Tutti qui. Tutti lì. Dov’è l’Eucaristia, lì è la Chiesa. In processione per le strade, in mezzo alle case, alle botteghe degli uomini. Ne senti gli aromi. Ne intuisci i pensieri, stampati sui volti curiosi, compresi, commossi. Molti in ginocchio, sulla strada del quotidiano.Mi chiedo se il segno dell’Ostia consacrata è abbastanza eloquente, evocativa, comunicativa. Non so se lo è stato anche nei secoli passati. Si è sempre lodato e adorato Gesù “nascosto nei suoi veli” che coprono la divinità e nascondono anche l’umanità.

Una cosa è certa. Quel pane nelle nostre mani e negli occhi lucidi di tanti, è uno scossone. Certamente una cosa la provoca: la nostalgia di Dio.

“Dio nessuno l’ha mai visto”. E’ parola Sua. “Solo il Figlio lo ha rivelato”. Ora, nel tempo della Chiesa e nei giorni degli uomini, anche il Figlio è “velato” nei segni. Eppure quello squarcio si apre – ancora una volta – alla nostalgia di Dio.

Durante la processione per le strade di Bari si alternano preghiere e canti, silenzi e riflessioni, testimonianze e volti. Così riascolti le parole di Ignazio, già Vescovo di Antichi, condannato a morte nel circo di Roma, nell’anno 107. Ma anche quelle di Pier Giuliano Eymard, il fondatore della Congregazione del Santo Sacramento. Era il 1800. Un secolo dopo, nel 1916, Charles de Foucault che serviva i nomadi nel deserto, viene ucciso da un tuareg. Nel 1941 Massimiliano Maria Kolbe scambia – ad Auschwitz – la sua vita con quella di un compagno di prigionia. E ancora suor Elia di Bari, Oscar Romero, Teresa di Calcutta, Pier Giorgio Trassati, Francois Van Thuan cardinale vietnamita… Ognuno uno squarcio nel velo. E più intravedi, più cresce la nostalgia. Di Dio.

25 MAGGIO: VOLTI E STORIE FRA I VIALIBisogna star qui, nei viali e nei padiglioni della Fiera per sentire parole nuove e incontrare volti diversi. Le testimonianze sono forti, graffiano l’anima perché fanno le domande vere, senza inchini o fondotinta: ma quanti figli devono crepare di droga per dire NO alla droga? Così Ernesto Olivero, un laico fondatore del Sermig che vuol dire tanti giovani con una vita nuova. Lui stesso “messo giù da cavallo” da una domanda: ma tu stasera, dove dormi? A distanza di 20 anni, ogni sera, a Torino, millecinquecento letti per dormire. A Ernesto non piacciono gli applausi – li interrompe – piace esser chiamato per nome (su un depliant, erroneamente, Olivero è diventato Oliviero). Vezzo? No, parafrasi del bisogno di essere riconosciuti. Se sai chi sei, puoi anche sognare in grande: vorrei un Concilio dei giovani, per i giovani, con i giovani. Ne hanno bisogno loro, questi figli che – se motivati e vivi – anche in pochi possono cambiare un quartiere. Ne ha bisogno la Chiesa. ANNALENA, VIENI A STARE CON MEAnnalena invece è un volto che non trovi al Congresso. E’ morta a Boroma, uccisa a colpi di arma da fuoco, la domenica 5 ottobre 2003. Eppure incontri Annalena nella voce e nel ricordo di mons. Bertin, vescovo di Gibuti e già missionario in Somalia. Da quelle parti ci sono altri martiri recenti. Pure loro uccisi di domenica. Mons. Salvatore Colombo, vescovo a Mogadiscio, ucciso nel 1989 mentre in Cattedrale si cantava l’Agnello di Dio. O Padre Pietro Turati, francescano, ucciso a Jilib nel 1991. O Graziella Fumagalli uccisa a Merca nel 1995 la domenica della giornata missionaria mondiale.Si vede che missione ed eucaristia vanno insieme, perché insieme vanno martirio ed eucaristia. E la missione è pur sempre una forma di martirio, certamente di testimonianza.Torniamo ad Annalena. Anche lei non poteva vivere senza il corpo del Signore. Fin dal 1971 aveva auto il permesso di conservare l’Eucaristia presso di sé. Ricorda mons. Bertin: “L’ultima Messa che celebrai con lei fu nell’agosto 2003. Cambiai l’Ostia consacrata e le lascia una parte dell’Ostia grande della Messa. E’ questa Ostia che, dopo l’uccisione di Annalena, Padre Sandro, mio vicario, ritrovò dopo un’attenta ricerca, dentro un armadio, in un sacchetto di pelle morbida, insieme a una croce francescana, dentro un purificatoio”. E queste le parole di Annalena, nel suo diario: “Ora la casa ha il suo Padrone. La sicurezza e la pace che dà la sua presenza, stanno diventando la forza e l’equilibrio della mia vita. Lui mi dice: vieni a stare con me. Io soltanto posso tutto. Ora – confida Annalena – conosco la sua voce meglio della mia, meglio dei miei pensieri”. QUEL PANE LÌ, AL CENTRO DI TUTTOHa vinto tutte le classifiche del Congresso. E’ il luogo più bello, più accogliente, più luminoso, dove si sono tenuti gli incontri più importanti, quelli decisivi, più intimi.Nei padiglioni della Fiera, grandi spazi eretti da colonne di cemento armato, come hangar d’aeroporto. Ma in qesto luogo l’architettura si è addolcita con le vele azzurre e bianche al soffitto, il tappeto verde, le rocce vere, i fiori, le lampade vive, l’acqua che scorre, il profumo che si innalza dal braciere e lì, sul trono bianco di pietra, il pane, il centro, il cuore di tutto, l’Eucaristia. Tutt’attorno, quelli che lo cercano e quelli che l’hanno trovato: giovani disoccupati, madri con la pena nel cuore, mariti divisi, preti raccolti, tante suore, in ginocchio, col velo della sposa dinanzi allo Sposo.In due angoli, le confessioni. Lì non si entra, non si ascolta. Si intuisce qualcosa dai volti commossi che ne escono. Negli altri due angoli, il crocifisso di s. Damiano. Quello che mandò Francesco a riparare la chiesa. E la Madonna di Loreto, regina dal volto bruno, colonna di fiducia.Il flusso continua. C’è chi entra rumoroso e distratto poi, di colpo, tace e si raccoglie. Qui è diverso, è il centro. L’unica cosa che senti, i battiti. I tuoi. I loro. I Suoi.Nel ricordo dei martiri con la Parola nel cuoreIl Congresso Eucaristico di Bari è iniziato col ricordo dei martiri, pronti a dare la vita e a versare il sangue – il proprio – perché «senza la Pasqua domenicale non possiamo essere». Il martire Emerito, a nome degli altri, steso sul cavalletto del supplizio, risponde al proconsole: «Nella mia casa abbiamo celebrato la Pasqua domenicale. (Accoglievo gli altri cristiani) perché sono miei fratelli». E alla domanda se avesse «qualche libro delle Scritture nella propria casa», risponde: «Le ho, ma nel mio cuore». Come non chiederci, oggi, se e dove abbiamo anche noi le Scritture, la Parola di Dio? Se anche noi viviamo, oggi, la Pasqua settimanale, la Domenica e l’Eucaristia, come essenziale alla vita? SENZA COMUNIONE NON SI FA ECUMENISMOIl Congresso è a Bari, città custode delle reliquie di S. Nicola, vescovo di Mira (Turchia), dunque «ponte naturale verso l’Oriente». Eucaristia ed ecumenismo. Come si «fa» l’ecumenismo? Nello stesso modo in cui si «fa» l’Eucaristia: l’uomo mette la sua parte (tutta la sua parte) e Dio la trasforma in sé, in unità e comunione. Senza Eucaristia non possiamo vivere, dicevano i martiri di Abitene. Senza Eucaristia non possiamo essere strumenti di unità e riconciliazione, anche per rispondere alle grandi domande poste alla comunità cristiana, non più dal proconsole, ma dal mondo stesso, un mondo che cambia. 24 MAGGIO: L’EVIDENZA DELL’AMORE DI DIOIl Congresso Eucaristico è lungo una settimana, più l’ottavo giorno, la Domenica col Papa. Molti eventi, iniziative, luoghi, appuntamenti. Ma, come ha detto il cardinale Ruini, «il suo cuore è uno solo, l’Eucaristia» e la Domenica, Pasqua settimanale, che è tutt’uno con essa. Arduo comprendere questa logica, questi segni ormai non più evidenti e popolari anche nel nostro occidente di lunga tradizione cristiana. Eppure, a pensarci bene e senza forzare alcuna logica, senza l’Eucaristia non reggerebbe la fede, l’intero Cristianesimo. Perché? Perché l’Eucaristia è l’evidenza della personalità di Dio, che «Dio è persona, vita, conoscenza e amore». Che Egli, come ha detto il vicario del Papa, «ci conosce e ci ama». Non l’avremmo immaginato, neppure sognato, un Dio-Amore. L’uomo non avrebbe osato. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ce lo ha mostrato, spiegato. Superata l’intelligenza, ma non umiliata, perché la fede è luce abbagliante, non buio profondo. Se ti arrendi alla luce, scopri che nessuno è più straniero nella Chiesa. Neanche tu. 22 MAGGIO: LE DOMANDE TERRIBILI CHE ATTENDONO RISPOSTASe la fede – l’Eucaristia – sfida l’intelligenza e la supera, anche abbagliandola, non per questo a Bari non riecheggiano le domande degli uomini di oggi. Mons. Comastri, vicario per la città del Vaticano e già prelato di Loreto, le ha inanellate, come grani di una corona del Rosario. Dieci domande, una diecina di rosario. Ci sono altre domande. Anche altre diecine. Anche i misteri sono in grado di comprenderle tutte: dal dolore alla gioia, dalla luce alla gloria. Le domande, però, vengono quasi tutte dal buio, dal freddo, dalla solitudine. Dall’assenza. Eccone alcune.

Pietro Citati: «il disagio esistenziale è come un gas diffuso in ogni angolo dell’occidente».

Soren Kierkegaard: «La nave-società è in mano al cuoco di bordo. Le parole del megafono non trasmettono più la rotta, ma cosa si mangerà domani».

Gustave Flaubert: «Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine, per andare non so dove».

Mario Soldati: «Il mondo soffre per aver perduto la religione. Tutta la poesia di oggi è rimpianto di una religione perduta».

Norberto Bobbio: «Siamo circondati dal mistero. La mia intelligenza è umiliata senza aver trovato una risposta alla domanda ultima».

E, su tutti, Friedrich Nietzsche, il lucido-folle della «morte di Dio»: «Dov’è andato Dio? Noi lo abbiamo ucciso. Che cosa abbiamo fatto, sciogliendo la terra dalla catena del suo sole? Non precipitiamo continuamente? Non si è fatto più freddo? Non viene continuamente la notte? Non bisogna accendere lanterne di mattina?».

Domande terribili. Inevitabili. Serie. Ruvide. Umane. Fin troppo umane. Ma non solo domande. Anche appello, invocazione. Atto penitenziale. Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Se iniziamo chiedendo perdono, siamo all’inizio giusto dell’Eucaristia. Ma anche della pastorale rinnovata e progettuale, perché innanzitutto bisogna intercettare le domande. Si dice così nei salotti buoni della cultura. Ma anche agli incroci della Bari vecchia, troppo simile alle zone degradate di ogni città. Le domande giuste. Domande di perdono.

Il nostro speciale sul Congresso eucaristico nazionale di Bari

L’omelia e l’Angelus di Benedetto XVI