Vita Chiesa

Beni culturali ecclesiastici: mons. Baturi (Cei), per contributi trasparenza e corresponsabilità

Offrire una visione complessiva e unitaria del patrimonio ecclesiastico (storico culturale, recente e nuovo, mobiliare e immobiliare). Considerarlo nella prospettiva della sua più ampia valorizzazione, prestando attenzione al valore che questi ha per le comunità e in vista della missione fondamentale della Chiesa. Prestare maggiore attenzione alla necessità di attività caritative e oratoriali, dare prevalenza a interventi sul patrimonio immobiliare ecclesiastico esistente, anche recente, per un suo migliore utilizzo. Sono alcuni dei principi ispiratori delle nuove Disposizioni relative alla concessione di contributi finanziari della Cei per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, approvate dai vescovi italiani nel corso della loro 71ma assemblea generale (Roma, 21-24 maggio), e del Regolamento attuativo approvato lo scorso 23 maggio dal Consiglio episcopale permanente. Ad illustrarli è mons. Giuseppe Baturi, sottosegretario della Cei, intervenendo alla Giornata nazionale Bce «Dalla conoscenza alla progettazione per la gestione del patrimonio» promossa ieri a Roma dall’Ufficio nazionale Cei per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto.

Ulteriori obiettivi delle nuove Disposizioni, provvedere alle necessità di realizzazione di nuovi complessi parrocchiali, sulla base di programmazioni diocesane, tenendo conto dell’intero patrimonio disponibile; prevedere in condizioni straordinarie l’acquisto di edifici, in base a una progettazione che evidenzi le necessità della diocesi a fronte del patrimonio già disponibile; prevedere eventuali contributi straordinari concessi dalla Presidenza in particolari situazioni di rilevanza nazionale (es. situazioni di catastrofe naturale, sisma). Centrale il ruolo del vescovo. Infine, rafforzare i criteri di rigore e trasparenza introducendo procedure di controllo e di monitoraggio. «Scopo della Chiesa – conclude – non è accumulare beni; questi sono funzionali all’espletamento della sua missione: bisogni caritativi ed esigenze di culto della popolazione. Gli uni non possono essere disgiunti dalle altre». Le nuove normative saranno applicate alle richieste di contributo a partire dall’esercizio finanziario 2018.

«L’approccio di fondo al patrimonio – ha spiegato fra l’altro mons. Giuseppe Baturi – si sposta dall’uso delle risorse economiche alle necessità in funzione del servizio prestato alle comunità, anche attraverso la progettazione e la programmazione degli interventi, a partire dal patrimonio disponibile, per una migliore gestione degli investimenti». Quest’ultimo viene valutato «a partire dalla sua funzione nel servizio prestato alle comunità nel provvedere alle esigenze di culto della popolazione. Strategico il lavoro integrato fra diverse istituzioni culturali (musei, archivi, biblioteche) e patrimonio diffuso sul territorio diocesano (chiese, rettorie …). Gli interventi sul patrimonio immobiliare esistente, spiega ancora, «sono previsti nell’unica categoria per tutti gli edifici che hanno più di 20 anni e il contributo viene calcolato sulla spesa effettiva. La costruzione di nuovi edifici segue i parametri riferiti agli abitanti». E’ inoltre previsto che «il presidente del Comitato informi annualmente la Presidenza sulle attività svolte, avendo particolare riguardo agli aspetti di rigore e trasparenza». Trasparenza significa «rendicontazione su spazio accessibile e pubblico» con «uno sforzo di trasparenza e spiegazione. Con una maggiore conoscibilità le persone si sentono più responsabilizzate». Infine, eventuali contributi integrativi «possono essere concessi in caso di varianti approvate dal Comitato, di revoca di fondi già deliberati da enti pubblici o privati, di eventi calamitosi». Centrali il principio di partecipazione e corresponsabilità all’interno degli organismi diocesani e il principio di solidarietà.

Nel 2017 100 milioni di contributi. Il Comitato Cei per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto l’anno scorso ha erogato un importo di quasi 100 milioni. Presieduto da mons. Stefano Russo, vescovo di Fabriano-Matelica, è costituito da dieci membri. Tra questi don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, e don Franco Magnani, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale. Alla Giornata nazionale Bce mons. Russo ha illustrato ruolo e compiti del Comitato: «I criteri di valutazione sono quelli espressi dai vescovi italiani; compito del Comitato è fare in modo che nel rispetto di queste regole le diocesi possano avere il più possibile soddisfazione di quanto chiedono». L’organismo si riunisce in sessioni mensili di tre giorni, ma il lavoro prosegue tutto l’anno. Requisiti fondamentali: «La conoscenza delle regole e la capacità di leggere le richieste».

Per il presidente è «fondamentale l’attenzione alla formazione e all’aggiornamento degli incaricati diocesani e regionali che devono possedere obbligatoriamente competenze specifiche, e dei professionisti coinvolti nei diversi progetti». Al tavolo del Comitato, avverte, «non dovrebbero arrivare progetti di scarso valore o irrealizzabili. L’8×1000 deve essere una risorsa, non deve diventare un problema». «Stiamo attenti – ammonisce – a non utilizzarlo con leggerezza. La figura dell’incaricato non deve mai coincidere con quella dell’economo». Quanto ai progettisti, «vanno scelti per la loro professionalità e competenza e vanno pagati il giusto: nella progettazione delle chiese non ci si può improvvisare. Allo stesso modo i liturgisti devono essere scelti con oculatezza e accompagnati. Non prendiamo scorciatoie», il monito conclusivo del presule.