Vita Chiesa

CANTINI: Se Dio vuole, la Chiesa è ancora un mistero

di Romanello Cantini

Chi entra in conclave papa ne esce cardinale». Questa volta il vecchio detto e ridetto non ha funzionato. Il grande favorito della vigilia è uscito Papa quarantotto ore dopo. E lo Spirito Santo è andato subito sull’eletto diritto come un raggio di Pentecoste senza arzigogolare prima attraverso le righe storte dei candidati bocciati e delle proposte di riserva. L’elezione di Benedetto XVI non è quindi il risultato di una candidatura di ripiego o di compromesso dopo estenuanti votazioni come sembra altre volte sia accaduto.

È invece l’adesione piena e immediata ad una candidatura. Questa scelta convinta è tanto più sorprendente e significativa quanto più il cardinale Ratzinger non aveva nascosto o smorzato fino all’ultimo le sue idee e le sue angosce magari con la cautela di non farsi troppi nemici e di non restringere l’area del consenso intorno alla sua persona. Anzi, a partire dalla ormai famosa Via Crucis dell’ultimo Venerdì Santo, aveva provocato e morso sul vivo fino a fare male parlando di «sporcizia» nella Chiesa, quasi riprendendo il tema apocalittico della «casta meretrice».

È misteriosamente singolare il fatto che questa durezza non abbia né offeso né impaurito, ma convinto a cominciare dai vertici della Chiesa. E, poiché un papa è pur sempre un prodotto di una elezione anziché un lascito di un destino come la successione di un re, è in gran parte ozioso questo voler domandarsi ora fino alla vivisezione della psicoanalisi chi è questo Cardinale Ratzinger senza chiedersi che cosa è questa Chiesa del 19 aprile 2005 che almeno con i suoi principi si è identificata con lui.

L’elezione di Benedetto XVI ha infatti spiazzato tutte le analisi prese in prestito dalla politologia e largamente usate alla vigila su uno scontro fra destra e sinistra, fra primo e terzo mondo, fra candidati di bandiera e candidati reali, fra discussioni alla luce del sole e proposte sotto banco. Se Dio vuole, la Chiesa è ancora mistero e non ancora l’elezione del presidente della Repubblica.

Ora, ad elezione avvenuta, si discute molto sulla continuità e sulla discontinuità rispetto alla grandezza di chi questo papa lo ha preceduto. E non ci si accorge che tutto ciò che è meccanicamente ripetibile è anche impoverito perché si presuppone per assurdo la facilità di una imitazione.

Limitiamoci per il momento a chiedere a questo papa che faccia il papa e non presumiamo che rifaccia papa Giovanni Paolo II e peggio ancora che cerchi di farne il verso. Benedetto XVI è vissuto per oltre venti anni a fianco di papa Giovanni Paolo II ed è impossibile trovare posizioni opposte fra i due. Perfino sulla morale sessuale e sul celibato dei preti il primo non ha mai detto nulla di diverso rispetto al secondo. Sul sacerdozio femminile papa Wojtyla voleva addirittura impugnare una condanna sancita dalla infallibilità. Quanto all’ultimo discorso di Ratzinger cardinale sulla «relatività morale» basta rileggere l’esortazione apostolica «Ecclesia in Europa» del papa defunto per trovarvi accenti e angosce assolutamente analoghe. Ratzinger ha condannato il francescano brasiliano e suo ex-allievo Leonardo Boff. Ma anche papa Wojtyla riprese pubblicamente il gesuita nicaraguegno Ernesto Cardenal. Certamente il cardinale Ratzinger ha tirato i freni su certe derive postconciliari che considerava pericolose. Per questo dopo aver contribuito alla «Lumen gentium» fondò «Communio» in alternativa a «Concilium». Ma nelle sue preoccupazioni non fu solo: ebbe accanto uomini che anch’essi avevano vissuto direttamente il Concilio della statura di Henry De Lubac, di Jacques (e perfino Raissa) Maritain.

Ora è probabile che soprattutto sulla vita interna della Chiesa postconciliare e particolarmente europea si piegherà l’attenzione di questo papa. Ed è una sfida tutt’altro che facile che lo attende a cominciare dalla sua patria che non è certo oggi la «cattolicissima» Polonia da cui, al contrario, tutt’altro che previsto, giunse 27 anni fa papa Wojtyla.