Vita Chiesa

Card. Betori: «La lavanda dei piedi mette in crisi la nostra cultura individualista»

Dal gesto della lavanda dei piedi, ha sottolineato Betori, «esce profondamente messa in crisi la cultura individualista che domina lo scenario dei nostri tempi e che penetra le nostre coscienze, la vita stessa della Chiesa, i rapporti e le strutture sociali».

«A essere posti in questione – ha proseguito – siamo anzitutto noi, così spesso ripiegati su noi stessi, avvezzi ad attitudini autocentrate, chiusi nei nostri desideri, smaniosi di autorealizzazione e di autodeterminazione, illusi da impossibili pretese di autosufficienza, preda di logiche egoistiche. Gli altri ci appaiono come pericolosi concorrenti o dannosi nemici, talvolta forse come possibili supporti a scelte che sono però le nostre, difficilmente come amici e ancor meno come fratelli, magari fragili e deboli, di cui farci servitori. Scaviamo così le grotte delle nostre solitudini, in cui affoghiamo, sommersi se possibile di beni ma spogliati di veri affetti e autentiche relazioni. La prima conversione è chiesta quindi al nostro cuore».

«La medesima apertura – ha detto ancora – è chiesta alla Chiesa stessa, alla sua riforma, secondo la ripetuta esortazione di Papa Francesco a essere Chiesa “in uscita”ۚ». E a questo proposito ha citato un lungo passaggio della Evangelii gaudium (n. 49) sulla «Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». «La partecipazione all’Eucaristia, che questa sera ci viene donata – ha commentato il Cardinale -, deve suscitare una santa inquietudine nelle nostre comunità, perché, attraverso la nostra testimonianza, a tutti sia dato di potersi nutrire dell’incontro con Cristo, di quella verità sull’umano che solo il Vangelo può dare in pienezza e che dobbiamo desiderare di partecipare a tutti».

«Infine – ha concluso Betori -, il superamento della visione individualista dell’esistenza deve essere il principio rinnovatore di una società che, se non vuole restare vittima della propria frammentazione e della propria “inequità”, come la definisce Papa Francesco (Evangelii gaudium, 59-60), deve smettere di inseguire gli idoli dei desideri individuali che vogliono farsi diritti e convertirsi a una politica dell’inclusione sociale, che fa dei poveri i propri privilegiati e, attraverso l’inclusione dei poveri, introduce vera giustizia per tutti».