Vita Chiesa

Card. Betori, Te Deum: poveri, giovani, famiglie e lavoro le priorità per il 2015

L’Arcivescovo, nell’omelia, è partito dall’ammonimento di Paolo ai Galati a non sottomettersi «a divinità che in realtà non lo sono» (Gal 4,8), invitando a lasciar «illuminare i giorni della nostra vita dall’unica luce capace di leggere le profondità del nostro cuore», la «luce, che Gesù diffonde su di noi con la sua parola», e che «ci permette di ripercorrere i passi che abbiamo compiuto in questo anno e a proiettare lo sguardo su quanto ci attende nei giorni che il nuovo anno ci donerà».   

Tracciando un rapido bilancio dell’anno appena trascorso, il Cardinale si è soffermato su «le guerre e le violenze che continuano ad opprimere popoli e persone nel mondo» chiedendo a «chi ha responsabilità nel governo dei popoli di porre la richiesta della libertà religiosa e di coscienza come condizione primaria di ogni collaborazione che si voglia sviluppare sul piano politico ed economico. Lo chiediamo in particolare – ha detto – per le regioni del Vicino e Medio Oriente e in modo tutto speciale per quella che fu la terra del Signore, la Terra Santa».

«Le scelte dei poteri politici ed economici nel mondo  – ha osservato l’Arcivescovo – non appaiono ancora orientati a stabilire condizioni di sviluppo per tutti i popoli, tali da eliminare le sacche della fame e delle malattie endemiche. Proprio quest’ultime nell’anno appena concluso sono riemerse con forte virulenza. Come pure non appare una sufficiente consapevolezza condivisa che le radici dell’imponente fenomeno delle migrazioni, con le loro ripetute tragedie di morte, stanno nelle condizioni disumane in cui sono costrette a vivere tante popolazioni dell’Africa e dell’Asia».

Ma «la povertà – ha proseguito – emerge con forza anche nelle nostre regioni, nelle nostre città, esito di una crisi economica che travolge i più deboli e rende tutti più fragili. La mancanza di lavoro per troppi, la difficoltà a individuare una prospettiva per il domani dei giovani, pesano sulle nostre famiglie e sulla loro stabilità. Ne consegue la sfiducia che oggi sembra prevalere nel nostro Paese e la difficoltà di molti a trovare riferimenti nella società. Lo stesso slancio che viene immesso nella vita sociale da chi ci governa trova ostacoli in quest’atmosfera di disgregazione dei legami sociali e di perduranti fenomeni di corruzione. C’è bisogno di un rinnovamento etico e di aperture di speranza, fattori non meno determinanti dei correttivi legislativi e delle innovazioni nei processi economici».

Da qui l’impegno verso «poveri, giovani, famiglie e lavoro». «È uno scenario, questo – ha proseguito -, che ci coinvolge anche come città, mentre Firenze si avvia a vivere una serie di trasformazioni del suo assetto, legate in particolare alle comunicazioni e alla visione di una città che, senza rinunciare alla propria identità di città della bellezza, non può però permettersi di ridursi a città vetrina e luogo di un turismo mordi e fuggi, che non riesce a cogliere il messaggio umanistico che traspira dalle nostre pietre e dalle nostra storia».

L’Arcivescovo ha poi sottolineato come la Chiesa fiorentina voglia essere «protagonista» in questo 2015, che sarà caratterizzato dal Convegno ecclesiale nazionale «con la presenza anche di Papa Francesco». E lo vuole fare attraverso «una riflessione proprio sul tema dell’umanesimo, con una serie di eventi collaterali che auspichiamo possano avere un adeguato impatto culturale. A questo – ha aggiunto – si affiancano i lavori dell’Opera di S. Maria del Fiore per riconsegnare al mondo in tutto il suo splendore il nostro Battistero e un nuovo assetto del Museo, che aiuterà e leggere le opere artistiche nell’orizzonte del progetto teologico e civile di chi pensò il nostro Duomo».

Dopo aver ricordato «il magistero che anche in questo anno, con parole e gesti esemplari», Papa Francesco «ha donato alla Chiesa e al mondo», l’Arcivescovo si è soffermato sulla Visita pastorale che prosegue nella Diocesi, per la quale ha invitato alla preghiera. «Proprio sul versante della preghiera – ha aggiunto – mi piace ricordare l’iniziativa presa nel novembre scorso di riproporre le figure dei nostri Servi di Dio, per i quali auspichiamo il riconoscimento delle virtù eroiche da parte della Chiesa universale, in particolare il card. Elia Dalla Costa, don Giulio Facibeni, il prof. Giorgio La Pira. A loro chiediamo di vegliare sul cammino della nostra Chiesa e della nostra città».

Per le parole conclusive il card. Betori si è affidato ai versi del poeta Mario Luzi «di cui è ricorso quest’anno il centenario della nascita». Sono parole che «parlano del tempo e dell’eterno, ma anche della Chiesa e della sua missione:

“Le epoche, madre, sono molte

ma uno è il tempo

e quasi privo di temporalità,

affine all’eterno che si dice

sia il suo contrario, lo si dice stoltamente.

Viviamo, noi cristiani, tra le branche

di questa tenaglia, come tutti i nostri simili

se non che con più tremore.

Siamo nella continuità dell’uomo.

Cristo l’ha suscitata

dalla sua antica inerzia, l’ha segnata

con il rosso del suo sangue.

Tuttavia non l’ha interrotta, l’ha affidata

a ciascuno di noi

e a tutto il corpo mistico e carnale

della sua universa chiesa”».