Vita Chiesa

Card. Betori: nella notte della crisi brillano stelle che fanno sperare

L’Arcivescovo ha fatto esplicito riferimento all’esperienza della visita pastorale, ai tanti incontri con le famiglie, le realtà imprenditoriali, i lavoratori. Nonostante la crisi economica, «che ancora colpisce anche la città e l’intero territorio», mettendo perfino in crisi «l’identità delle famiglie e la loro coesione sociale», ci sono – ha rilevato – anche «tanti segni di vitalità», dagli anziani accuditi con amore dalle famiglie di origine, ad imprenditori che riescono ad affermarsi e innovare. In altre parole «c’è ancora il bello e il bene». Siamo come davanti ad un cielo notturno, ma stellato, ha proseguito. «Il buio è diventato più ampio ma ci sono stelle che dobbiamo guardare perché ci danno speranza e ci indicano una direzione da seguire». Così in questo Natale ha lanciato a tutti un messaggio di vicinanza e speranza. «Una parola di vicinanza alle situazioni di sofferenza che molti vivono ma anche una parola di speranza perché vi vedo dentro una vita che ha bisogno solo di essere svelata per riprende un cammino di crescita e di sviluppo».

Ad una domanda sul rischio di una perdita di «fiorentinità», ha riconosciuto che la città è cambiata molto, ma ha avvertito che «la perdita della fiorentinità non dipende dal colore dei volti, dalle diverse culture. E non possiamo pensare di chiudere le mura di Firenze, che non ci sono neanche più. Si tratta di dare un’identità fiorentina a questo mondo globalizzato». A questo proposito ha citato una recente celebrazione nella basilica di San Lorenzo, dove buona parte dell’assemblea era composta da filippini e sudamericani. «Dobbiamo immaginare una Firenze nuova, incontro di tanti popoli e culture. Ma – si è chiesto – avremo un messaggio da dare loro, attingendo al nostro umanesimo, alla nostra visione dell’umano e della società? Se abbiamo questa forza allora non dobbiamo aver paura… Se non ci crediamo più noi, allora ci sarà la perdita della nostra identità». E ha ricordato come la prima comunità cristiana a Firenze, fu di mercanti siriani. Ma di esempi di inclusione ce ne sono stati tanti nella storia della città.

A proposito delle polemiche sui presepi, il Cardinale ha evidenziato come siano state dette cose molto belle dall’assessore comunale Cristina Giachi e, in particolare dall’imam di Firenze e presidente dell’Ucoii, Izzedin Elzir, «al quale il presepe non ha mai dato noia». E ha invitato ad andare a vedere «quello dei Bassi, bellissimo, con un messaggio che ti fa capire cosa è successo», perché è «un dovere per le istituzioni formative non nascondere i fatti. Se la scuola si preclude la trasmissione del sapere tradisce se stessa, allora faccia un’altra cosa… Il presepe ti mette di fronte ad un fatto, non ti impone la fede, non prevarica nessuno». E, come ha osservato l’imam, aiuta le generazioni di immigrati a capire questa terra e questa storia in cui si inseriscono.

Per quanto riguarda il dibattito sulle unioni civili, il Cardinale ha detto di voler distinguere bene tra un allargamento di diritti, che è una cosa di per sé buona, «soprattutto se accanto ai diritti si assumono anche i doveri», dal confondere i termini. Per cui se si vogliono tutelare meglio coppie omosessuali che si prestano mutua assistenza, «senza andare a guardare sotto le lenzuola», che non è compito dello Stato, questo è positivo. Ma «cose diverse non possono dirsi identiche. E può accadere con forme di legislazione che non ci fanno più distinguere cosa è matrimonio e cosa no. Il matrimonio è solo quello definito nella nostra Costituzione, che va rispettata sempre, non solo quando fa comodo».

Gli è stato chiesto anche come giudica la presenza a Palazzo Chigi di un fiorentino. «Ho un buon rapporto personale con Matteo e non ho problemi ad esprimere la mia fiducia – ha risposto il Cardinale -. La sua presenza nel governo è una ventata di novità di cui l’Italia aveva bisogno. Spero che nel contesto europeo e in quello italiano gli sia data la possibilità di fare, di poter esprimere la carica di innovazione che è nella sua indole, con quel piglio fiorentino che noi capiamo bene e forse qualcuno, in Italia ed in Europa, capisce di meno».

Il Cardinale è tornato anche sulla trasmissione di Benigni dedicata ai 10 comandamenti: «Non ho visto la seconda puntata – ha detto – Ma dopo la prima ho detto di non aver trovato niente da dire da un punto di vista esegetico: deve aver fatto un lavoro immenso, perché non è facile districarsi su quei testi». Certo non è possibile pensare di poter trasferire il «metodo» Benigni ai sacerdoti: «Lui fa il suo lavoro, con le sue modalità che sono diverse dalle nostre. Certo può essere uno stimolo. Mi auguro di poter trasmettere quegli stessi contenuti nella forma nostra di catechesi». Infine, a proposito della visita del Papa a Firenze nel novembre 2015, l’arcivescovo Betori ha ricordato «al momento non c’è nessuna indicazione su ciò che farà. Tutti vorrebbero il Papa a casa loro ma noi non dobbiamo dimenticare che quella di Papa Francesco non è una visita pastorale alla città di Firenze. Lui viene per il Convegno ecclesiale nazionale: il rapporto con Firenze sarà qualcosa in più che ci verrà donato».