Vita Chiesa

Catechesi, mons. Galantino: «Non può ridursi a semplice trasmissione contenuti»

«Il servizio catechistico non può ridursi alla semplice trasmissione dei contenuti. Essa è missione e servizio che tende alla realizzazione di un’esistenza e di un’appartenenza evangeliche. E, proprio per questo, essa è processo di progressiva interiorizzazione dei valori evangelici – attraverso l’accoglienza della Parola – che sostengono il soggetto nella graduale conformazione a Cristo nella comunità dei credenti». Lo ha detto oggi pomeriggio monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, intervenendo a Salerno al convegno nazionale dei direttori degli uffici catechistici diocesani organizzato dall’Ufficio catechistico nazionale, sul tema «‘La gloria di Dio è l’uomo vivente’. Essere annunciatori e catechisti in Italia, oggi». In un mondo sempre più pluri-culturale e multi-religioso, ha avvertito il presule, la catechesi «è chiamata oggi a fare propri modelli formativi integrati, che si lasciano alle spalle forme di gelosa supponenza monopolistica. Non si risponde alla complessità socioculturale che fa sentire i suoi effetti anche sul versante religioso, imponendo semplificazioni forzate, come si rivelano essere quelle operazioni culturali, politiche, religiose che assolutizzano i propri punti di riferimento, rifiutando qualsiasi confronto».

Dinanzi a queste sfide e a queste urgenze «è possibile registrare una molteplicità di risposte non tutte adeguate e idonee a raggiungere gli obiettivi propri dell’azione catechistica». Per questo mons. Galantino ha suggerito, «sul piano pastorale in genere e su quello catechistico in particolare», «la risposta che si lascia animare dalla Parola di Dio ed è attenta, come raccomanda più volte il Documento base, alle caratteristiche delle persone e al clima culturale nel quale si opera». Per il segretario generale della Cei, «chiunque intenda entrare, a qualsiasi titolo e in maniera significativa, nel dibattito culturale odierno e chiunque voglia contribuire a riempire di senso l’esistenza dell’uomo contemporaneo non può farlo prescindendo dalle visioni diverse dell’uomo e del senso dell’umano». La fede cristiana, soprattutto oggi, «viene interrogata in rapporto a ciò che essa è in grado di dire e di testimoniare sul senso del vivere, sulla dignità della persona, sulla possibilità di costruire vita nella speranza. Sicché tutta l’azione pastorale della Chiesa, e quindi la struttura del suo sistema formativo, oggi più che mai deve fare i conti col senso del vivere che è capace di trasmettere partendo dal Vangelo e nutrendosi di esso».

«Sempre più ormai – ha fatto notare mons. Galantino -, la proposta di fede non è accolta tanto per l’autorità intrinseca alla proposta stessa o per il riconoscimento dell’autorità della Chiesa, ma dipende, piuttosto, dalle ragioni di speranza che il messaggio cristiano sa offrire, dalla percezione dell’esperienza del fatto che l’esperienza ecclesiale e la scelta credente possono allargare il cuore e abilitare a vivere con dignità e verità la vita». C’è bisogno, dunque, di «progetti che, avendo come obiettivo ultimo l’esperienza e l’esercizio di una fede consapevole, passino attraverso percorsi di crescita in umanità, che permettano di sperimentare la fede come risorsa di vera umanizzazione». In altre parole, si tratta di considerare la vita nelle sue potenzialità più profonde come «luogo fondamentale» della fede. «La catechesi, servizio alla Parola, è azione umanizzante perché immersa nel vivere in tutte le sue dimensioni», ha spiegato il presule. «L’invito ad abitare l’umano e i luoghi nei quali l’umano si realizza o viene negato è dunque la vera sfida dell’evangelizzazione ed è la sfida lanciata dal Convegno ecclesiale di Firenze», ha aggiunto, sottolineando che «la fede, in realtà, è fatta per abitare evangelicamente il cuore dell’esistenza, ne è il fondamento e la verità».