Vita Chiesa

Chiara Lubich: la profezia di un mondo unito. La fondatrice dei Focolari raccontata da Piero Coda

Che oggi l’umanità sia percepibile come realtà «una» segnata da un comune destino è un’evidenza. Che tuttavia risulta ancor troppo di superficie, tanto da restare sullo sfondo dei nostri sentimenti, dei nostri pensieri, dei nostri progetti, senza che se ne colga la sfida a livello di responsabilità spirituale, etica, politica. Anche perché non mancano le spinte, e agguerrite!, in senso contrario. Ben diversa la situazione quando il giovane cuore di Chiara Lubich si accende di luce al leggere, nel buio dei rifugi antiaerei della città di Trento oggetto di feroci bombardamenti, la preghiera dell’unità rivolta da Gesù al Padre: «che tutti siano uno». Che cosa sta capitando nei terribili giorni di quella guerra che per la seconda volta nella storia dell’umanità si qualifica con la sinistra aggettivazione di «mondiale»? Quasi che l’evento che primo si fregia di questo titolo sia l’impresa che tra tutte quelle messe in scena dagli umani è la più disumana e foriera di morte. E’ un punto di non ritorno: finisce un’epoca e dalle macerie se n’annuncia un’altra davvero… altra! In definitiva è una certa cultura, un certo modo d’intendere ed esercitare il pensiero e l’esistenza, che collassa e implode trascinando nel baratro il mondo intero.  Non è un caso che nel bel mezzo di quella conflagrazione distruttiva gli occhi di Chiara siano guidati a concentrare lo sguardo dell’anima sulla preghiera del «che tutti siano uno». Perché, se è vero che non c’è pagina più alta e misteriosa di questa nel Nuovo Testamento, è altrettanto vero che non c’è forse pagina più luminosa, promettente e performativa. Tanto che uno storico come Bernard Plongeron ha individuato nell’oblio della luce e della forza che da essa si sprigionano la ragione del prevalere di quella cultura distruggitrice dell’alterità che ha condotto al conflitto mondiale.Nel cuore di Chiara è lo Spirito che accende quella pagina di luce nuova trasfigurandola nel manifesto dell’avventura di cui, in quel tragico frangente, è infine scattata l’ora sul quadrante della storia. Nel momento del trapasso dall’epoca degli imperialismi destinati alla reciproca autodistruzione a quella del cammino verso un mondo uno, la metanoia epocale e collettiva che sola ciò può apparecchiare chiede uno straordinario impulso dello Spirito. Il quale  – secondo il suo stile – si manifesta in ciò che è piccolo, umile, periferico, povero.  Soltanto col tempo se ne prenderà coscienza, costatando le conseguenze di portata profetica della scelta fatta da Chiara in solitudine, il 7 dicembre 1943, in risposta all’appello che avverte risuonare nel suo cuore: «Donati tutta a me!».La profezia del mondo uno, essendo quella del Figlio di Dio che s’è fatto figlio dell’uomo, chiama a coniugare la più vertiginosa contemplazione del Divino e la più scoscesa immersione negli anfratti bui e doloranti dell’umano. Si tratta di seguire Gesù per servire l’umanità che chiama e cerca, si tratta cioè insieme di dimorare là dov’egli vive e di «uscire verso di lui fuori dall’accampamento, portando il suo obbrobrio». Perchè lui, dai cieli in cui abita la Trinità, s’è calato nel grido dell’umanità per raccogliere in sé nella gioia conviviale della libertà, lui, l’Abbandonato sul legno della Croce, la ricerca e il grido d’ogni carne, di più, d’ogni creatura che popola l’universo. Il Dio di Chiara è lui: Gesù Abbandonato. È lui il Dio dell’unità. È nel grido dell’Abbandonato che Chiara intuisce il segreto per realizzare, secondo il cuore e i tempi di Dio, il mondo uno. Secondo la legge evangelica dell’amore, niente di più e niente di meno. Attuazione della Chiesa nella sua essenza più profonda che è, come insegnerà il Concilio Vaticano II, carità, unità. Così che, a suo tempo, l’allora Sostituto alla Segreteria di Stato, Giovanbattista Montini, ascoltando da Chiara il racconto delle pagine di vita e di luce scritte, in quei primi anni, dal carisma riconobbe che in esse v’era qualcosa che, venendo da Dio, davvero poteva rifondare da cima a fondo la Chiesa di Gesù. Come s’annunciò col Vaticano II. E che oggi, nel centenario della nascita di Chiara, l’Arcivescovo di Trento può affermare che nel «Dio di Chiara, l’Abbandonato», c’è il principio per «capovolgere la narrazione» del Vangelo. Come ci chiede Papa Francesco. Perché «questo» Dio è irrimediabilmente «il Dio del dono e dell’altro». La mistica dell’unità che ha bruciato di fiamma viva nel cuore di Chiara è via via diventata profezia e progetto del mondo uno in un pensiero e in una prassi che nessuno più dimenticano e nessuna espressione dell’umano lasciano più fuori. La bellezza stupefacente del mosaico del mondo uno – specchio del Dio ch’è Uno nella libertà dell’amore – di tutti i colori deve splendere e d’ogni singola tessera, anche di quella scartata e rigettata, deve comporsi.L’avventura – come nel 2018 Papa Francesco ha detto agli abitanti di Loppiano, la prima cittadella simbolo e laboratorio di una città che in germe si fa cosmopoli – è appena iniziata. L’unità comincia a diventare cultura, cultura vissuta e cultura pensata. In una significativa disseminazione di lievito in ogni parte del mondo e in ogni ambito del vivere. Un talento prezioso, confidato innanzi tutto alla fedeltà creativa delle nuove generazioni. Non ha bisogno oggi il mondo – come non si stanca di ripetere Papa Francesco – di una «rivoluzione culturale» capace di generare nuovi paradigmi d’interpretazione e trasformazione della realtà? E non è per questo necessario stipulare un Global compact of Education di respiro mondiale?*Preside dell’istituto universitario «Sophia»