Vita Chiesa

Chiese in Europa: Ccee, «obiezione di coscienza, diritto per il bene comune»

Al termine dell’incontro dei consulenti giuridici delle Conferenze episcopali europee, promosso dal Ccee e svoltosi a Bratislava dal 4 al 6 marzo, viene oggi diffusa una nota finale che richiama alcuni temi trattati, sottolineando le preoccupazioni espresse nel corso della tre-giorni di studi. «Al contrario – vi si legge – l’obiezione di coscienza non è utilizzata contro qualcuno o con lo scopo di minare il sistema giuridico, ma per il bene comune». A Bratislava, i consulenti giuridici delle Conferenze episcopali d’Europa si sono confrontati «sulla reale applicabilità dell’obiezione di coscienza alla luce del dibattito in corso negli Stati europei e sulle conseguenze-sfide poste alle istituzioni ecclesiali».

L’incontro era ospitato da mons. Stanislav Zvolensky, arcivescovo di Bratislava e presidente della Conferenza episcopale slovacca, che ha aperto i lavori. Mons. Mario Giordana, nunzio apostolico in Slovacchia e Jan Figel, attualmente vice presidente del Parlamento slovacco, hanno salutato i partecipanti durante l’incontro. «L’intervento principale – segnala il Ccee – è stato pronunciato da Marek Šmid, rettore dell’Università di Trnava (Slovacchia) che ha parlato della regolamentazione giuridica dell’obiezione di coscienza». «Ci sono diverse situazioni nei Paesi dell’Europa. L’elemento comune dei loro sistemi giuridici è che la regolamentazione dell’obiezione di coscienza ha un impatto importante in numerose aree eticamente sensibili. Nel caso dei membri della Chiesa cattolica, l’obiezione di coscienza dovrebbe essere stabilita come una possibilità legale che dà alle persone il diritto di rifiutare un compito che risulta in contrasto con i principi generali della dottrina e della morale della Chiesa. Questo non significa il diritto di ignorare le leggi del Paese, bensì consentire alle persone di rispettare le leggi dello Stato e, allo stesso tempo, di non andare contro la propria coscienza». Il relatore ha spiegato che l’obiezione di coscienza «è nell’interesse dell’individuo e dello Stato, che intende essere pluralista, democratico e rispettoso dello stato di diritto. Permette ai cittadini di godere del diritto alla libertà di coscienza e di religione, che è uno dei valori fondamentali della società».

In particolare «gli effetti dell’obiezione di coscienza devono includere l’inviolabilità della vita umana dal concepimento alla morte naturale e anche ai servizi sanitari a essi connessi». Nel corso del suo intervento a Bratislava, Šmid ha spiegato che «i suoi effetti dovrebbero estendersi anche al campo dell’insegnamento sulla morale sessuale nella scuola pubblica, al matrimonio come comunità di vita di un uomo e una donna e all’esercizio della libertà di religione nella vita pubblica, in particolare attraverso l’uso dei simboli religiosi».

Nel settore sanitario, il diritto all’obiezione di coscienza «non appartiene solo ai medici, ma anche ad altre professioni (ad esempio infermieri, psicologi, assistenti sociali)». Tale diritto, ha puntualizzato Eva Grey, della St. Elisabeth University of Health and Social Work (Bratislava), «deve essere soprattutto possibile nelle seguenti procedure: aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, ricerca e trapianto di organi». Tuttavia «l’obiezione di coscienza non può essere in contrasto con il dovere del personale medico di proteggere o salvare vite umane».