Vita Chiesa

Consiglio permanente Cei: card. Bassetti, in Italia quasi nulla è più come prima

«Vi sento amici». Con queste parole il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha cominciato la sua prima prolusione (testo integrale) alla guida della Chiesa italiana, nel Consiglio episcopale permanente che si è aperto oggi pomeriggio a Roma. Subito dopo, la «più profonda gratitudine» al Papa «per la fiducia e la premura che ha riposto nella mia persona affidandomi questo incarico» e un «pensiero particolare» al card. Angelo Bagnasco, per due mandati presidente della Cei.

Passando all’Italia come «territorio», Bassetti ha sentito il «dovere» prima di tutto di «esprimere una parola di profonda riconoscenza» ai «parroci: sono costruttori di comunità, strumenti della tenerezza di Dio, presbiteri che si spendono e si ritrovano nella carità pastorale. Accanto a loro, mi è impossibile non accennare ai religiosi: uomini e donne che, nella varietà dei loro carismi, ci restituiscono il primato dell’amicizia con il Signore, la profezia della fraternità e la fecondità delle opere». Un «ringraziamento doveroso», infine, anche agli operatori della comunicazione, «che ci consentono di arrivare nelle case della gente, con una parola che vuol essere di sostegno e speranza». «L’incarico che mi è stato affidato mi pesa sulle spalle, anche per l’età», ha confessato il cardinale, che ha citato le parole di mons. Enrico Bartoletti, quando gli fu comunicato il suo nuovo compito in Cei: «In manus tuas, Domine! Signore, accetta il mio umile sacrificio e dammi la grazia di cercare solo te». «Con gioia e commozione cerco di far mie queste parole con l’assoluta convinzione che senza l’aiuto di Dio non potrei far nulla», ha detto Bassetti: «Sento una grande responsabilità che si addolcisce nella consapevolezza di servire la Chiesa italiana».

Un pensiero a chi soffre. «È mia intenzione aprire il Consiglio permanente rivolgendo un pensiero a quelle persone che ora sono nella sofferenza e nel lutto», l’esordio della prolusione dopo i ringraziamenti: «Vorrei testimoniare la più sincera vicinanza a tutte quelle donne che in Italia, pressoché quotidianamente, sono vittime di una violenza cieca e brutale». Un «pensiero affettuoso», inoltre, a tutte le popolazioni italiane ferite dal terremoto, da Ischia all’Italia centrale; ai cittadini di Livorno, colpiti da una tragica alluvione; e al Messico dove un terribile terremoto ha tolto la vita a centinaia di persone».

In Italia, «quasi nulla è più come prima». Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, che ha citato le parole pronunciate dal Papa al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, definendole «snodo decisivo e punto di partenza per la riflessione e l’impegno»: «Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca». «Dobbiamo assumere la piena consapevolezza che stiamo vivendo in un mondo profondamente cambiato, in un’Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale», la tesi di Bassetti sotto forma di esortazione: «In questa nuova realtà, sorgono nuove sfide e nuove domande a cui bisogna fornire, senza paura e con coraggio, delle risposte altrettanto nuove». «Oggi viviamo in una società tecnologica e secolarizzata», l’analisi: il «grande rischio da scongiurare», come scrive il Papa nell’Evangelii Gaudium, è quello della «tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». «L’uomo moderno è troppo spesso un uomo spaesato, confuso e smarrito – ha affermato il cardinale -. Un uomo ferito non solo perché ha perso il senso del peccato, ma perché cerca salvezza dove si può. E così si aggrappa a tutto e a chiunque sia in grado di fornire un significato alla vita».

Una nuova questione sociale. Quella attuale ­– ha osservato il presidente della Cei – è una «umanità ferita» che «abita un mondo dove è ormai emersa una nuova questione sociale che investe la sfera economica e quella antropologica, la dimensione culturale e quella politica, i cui riflessi si fanno sentire profondamente anche in ambito religioso». «Basti pensare all’introduzione della robotica nell’industria, alle applicazioni biomediche sul corpo umano, all’impatto ambientale delle grandi città, alle nuove forme di comunicazione e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale», gli esempi scelti da Bassetti, secondo il quale «questa nuova questione sociale è caratterizzata da almeno tre fattori: lo sviluppo pervasivo di un nuovo potere tecnico, come aveva intuito profeticamente Romano Guardini; la crisi dell’umano e dell’umanesimo che è il fondamento della nostra civiltà; una manipolazione sempre più profonda dell’oikos, della nostra casa comune, della Terra».

In questo eccezionale «cambiamento d’epoca», da cinque anni – ha proseguito il porporato – «abbiamo la grazia di trovarci di fronte al messaggio profetico di Papa Francesco, che mette al centro di tutto il Vangelo di Gesù, ci esorta ad andare verso i poveri e ci invita a guardare questo nuovo mondo da un angolo visuale diverso, quello delle periferie». «Il cuore pulsante di questo messaggio profetico è la conversione pastorale», ha spiegato Bassetti: «Che è, al tempo stesso, un richiamo tradizionale e radicale: è l’esercizio della maternità della Chiesa, di una Chiesa che è incarnata nella storia, che non si ritira nelle astrattezze moralistiche o solidaristiche e che parla i linguaggi della contemporaneità in continuo movimento». «Questo messaggio richiede una autentica ricezione di tutta la Chiesa: dei vescovi, dei preti, dei religiosi, delle suore, dei diaconi e dei laici», ha ammonito il presidente della Cei: «Qui si gioca la nostra responsabilità. Il Papa chiama ognuno a fare la sua parte. Sa che c’è bisogno di tutti. E chiede di liberarci dal clericalismo, perché ogni persona possa avere pienamente il suo spazio in una Chiesa autenticamente sinodale».

«Lo spirito missionario; la spiritualità dell’unità; la cultura della carità». Sono queste, per il card. Gualtiero Bassetti le «bussole di orientamento» e le «priorità» che, sulla scorta del magistero di Papa Francesco, devono caratterizzare il volto pastorale della Chiesa in Italia. «Siamo chiamati, innanzitutto, ad essere Chiesa al servizio di un’umanità ferita», ha spiegato nella prolusione che ha aperto, oggi pomeriggio, a Roma, il Consiglio episcopale permanente: «Che significa, inequivocabilmente, essere Chiesa missionaria. E la prima missione dei cristiani consiste nell’annuncio del Vangelo nella sua stupenda, radicale e rivoluzionaria semplicità». «È la visione francescana di un Vangelo sine glossa, quel Vangelo che dobbiamo ad ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla», ha precisato Bassetti citando, subito dopo, don Primo Mazzolari: «È un annuncio d’amore per ogni uomo». «Molto si fa nelle nostre Chiese, ma questo cammino va accelerato», la proposta: «Crescono nuove generazioni, diverse dalle precedenti», ed ogni Chiesa particolare, come scrive il Papa nell’Evangelii Gaudium, è chiamata ad «entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma». «È assolutamente necessario un deciso impegno per rivitalizzare le realtà che già esistono al nostro interno, ma che forse hanno smarrito la tensione e la capacità di animazione sul territorio», l’esortazione concreta di Bassetti, che ha auspicato un «rilancio della pastorale missionaria» anche durante la prima edizione del Festival nazionale, che quest’anno si svolgerà Brescia dal 12 al 15 ottobre: «La missione non solo è possibile, ma è il termometro del nostro essere Chiesa». Concretizzare «il sogno missionario di arrivare a tutti», l’obiettivo dell’Evangelii Gaudium additato alla Chiesa italiana: «Un sogno che ci scuote dalle abitudini e dalla pigrizia e ci appassiona. Che il sogno missionario diventi la nostra passione personale e quella del popolo di Dio». «Prima il Vangelo!», l’imperativo: «Nel cuore di questo cambiamento d’epoca la Chiesa italiana sta in mezzo al popolo con la semplicità eloquente del Vangelo, senza altra pretesa che darne testimonianza. Il primato dell’annuncio del Vangelo fa tornare semplici. Talvolta fa archiviare progetti, non sbagliati, ma secondari rispetto a tale primato. Il nostro orizzonte diventa più semplice, ma non meno impegnativo: prima il Vangelo!».

«Uno dei fatti più belli della Chiesa italiana è la multiformità, frutto di storia, radicamenti secolari, coraggiose intraprese, iniziative carismatiche, fedeltà costruttive». È il tributo del Cardinale alla Chiesa italiana. «In questo tempo di particolarismi e allentamento dei legami ci può essere la tentazione di andare ciascuno per la propria strada», ha osservato il presidente della Cei: «Isolarsi è una tendenza che può entrare anche all’interno della Chiesa ma che va allontanata con decisione: un corpo è vivo solo se tutte le membra cooperano tra loro. Nessun membro del corpo può vivere da se stesso». Di qui il «forte richiamo a un maggiore apprezzamento tra le diverse realtà ecclesiali, in un’autentica gara a stimarsi e valorizzarsi a vicenda». «La ricca complessità della Chiesa non può essere ordinata con una geometria pastorale calata dall’alto», ha ammonito Bassetti, esortando a «far maturare una spiritualità dell’unità», il cui cuore « conduce a parlarsi con parresia, a voce alta e in ogni tempo e luogo, a partire dal Consiglio permanente della Cei fino alla più piccola parrocchia d’Italia». «Siamo chiamati a dare vita non ad una Chiesa uniforme, ma ad una Chiesa solidale e unita nella sua complessa pluralità», ha spiegato: «Si tratta di un’autentica vocazione alla collegialità – tra i vescovi e tutto il corpo della Chiesa – e al dialogo».

«La cultura della carità è la cultura dell’incontro e della vita, che si contrappone alla cultura della paura, dello scarto e della divisione», ha detto ancora  il card. Gualtiero Bassetti. «La Chiesa è chiamata a promuovere una cultura che si prefigge l’inclusione sociale dei poveri», perché essi «hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio», ha proseguito citando l’Evangelii Gaudium e la Giornata mondiale del poveri che, per volontà di Papa Francesco, si celebrerà per la prima volta il 19 novembre. «Di fronte ai poveri la Chiesa italiana prende a modello san Francesco», ha assicurato il cardinale: «Quando incontra il cavaliere nobile ma povero si toglie il mantello per darlo a chi è nel bisogno. Perché i poveri, anche se non fanno notizia, ci lasciano intravedere il volto di Cristo». Poi la citazione di don Mazzolari: «Non avrei mai pensato che in terra cristiana, con un Vangelo che incomincia con ‘Beati i poveri’, il parlar bene dei poveri infastidisse tanta gente, che pure è gente di cuore e di elemosina». Parole definite da Bassetti «attualissime perché la povertà, ancora oggi, è uno scandalo da nascondere e da occultare». Andare verso i poveri, invece, «è inequivocabilmente una questione che investe la fede e che si riflette nel modo di vivere la Chiesa». «La cultura della carità – ha precisato il presidente della Cei – è anche sinonimo della cultura di una vita, che va difesa sempre: sia che si tratti di salvare l’esistenza di un bambino nel grembo materno o di un malato grave; sia che si tratti di uomo o una donna venduti da un trafficante di carne umana. Noi abbiamo il compito, non certo per motivi sociologici o morali, di andare verso i poveri per una missione dichiaramente evangelica».

Il lavoro, i giovani, la famiglia, le migrazioni: sono gli ambiti su cui la Chiesa italiana «è chiamata a fare un serio discernimento», ha spiegato il presidente della Cei. «La Chiesa guarda al mondo del lavoro non certo per esprimere una rivendicazione sociale, ma per ribadire un principio evangelico: il lavoro è sempre al servizio dell’uomo e non il contrario», ha ricordato il presidente dei vescovi italiani: «Anche dal lavoro passa la dignità di una persona». «Oggi il lavoro è senza dubbio la priorità più importante per il Paese e la disoccupazione giovanile è la grande emergenza», ha affermato Bassetti, dopo aver citato le parole pronunciate dal Papa a Genova. «Nonostante in Italia ci siano piccoli segnali di ripresa per l’economia, non posso non essere preoccupato di fronte agli 8 milioni di poveri descritti dall’Istat, la metà dei quali non ha di cosa vivere», il grido d’allarme: «Sono giovani, sono donne, sono coppie e sono cinquantenni che hanno perso il lavoro e che sono stati scartati dal sistema economico». Di qui la «cruciale importanza» delle parole del Papa a Genova: «La mancanza di lavoro è molto più del venire meno di una sorgente di reddito per poter vivere». «Una società a misura d’uomo si giudica dall’attenzione che riserva alla dignità del lavoro, equamente retribuito, accessibile a tutti», ha commentato Bassetti: «Ci sono oggi tante affermazioni gridate, ma forse manca un pensiero lungo sul Paese», la tesi di fondo. In questa prospettiva, ha fatto presente il presidente della Cei, si colloca la prossima Settimana Sociale di Cagliari dal titolo: «Il lavoro che vogliamo: ‘libero, creativo, partecipativo e solidale’». «Auspico vivamente che questa riflessione, bene impostata nell’Instrumentum laboris, si trasformi presto in una proposta concreta da mettere al centro dell’agenda pubblica del Paese», l’augurio di Bassetti, secondo il quale «non è sufficiente evocare il problema del lavoro, ma è necessario anche provare a discernere proposte e vie percorribili». Tre le strade da percorrere e su cui le istituzioni sono invitate «a guardare con decisione: il lavoro e il Mezzogiorno d’Italia; il lavoro e la famiglia; il lavoro e i giovani».

«Sui giovani si gioca la parte più importante della missione della Chiesa». Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, che ha fatto presente che «accanto al lavoro, cioè al pane, i giovani hanno bisogno della Grazia di Dio. Di fronte all’effimera leggerezza con cui ci si riferisce alle giovani generazioni, si staglia la preoccupazione sapiente di una Chiesa che è un’autentica madre dei suoi figli». Poi la citazione dell’«I care» di don Milani, parafrasato così: «I giovani ci stanno profondamente a cuore. Per questo siamo in cammino verso il prossimo Sinodo dei vescovi». «Anche se oggi viviamo immersi in un mondo in cui la ‘cultura del frammento’ e un ‘forte relativismo pratico’ allontanano i giovani dalla fonte della vita che è Cristo – ha affermato il presidente della Cei – questo è senza dubbio un tempo propizio per fermare il vortice quotidiano della società consumistica e per dare una parola autentica di incoraggiamento e un senso a quella straordinaria sete d’infinito che caratterizza i giovani di ogni generazione». I giovani sono «come le rondini», diceva Giorgio La Pira: «Sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale – che indichi loro la rotta e i porti». «I giovani non hanno bisogno di qualcuno che indichi loro cosa sognare perché sono capaci a farlo da soli», ha garantito Bassetti: «Hanno molto più talento di noi vecchi e molta più capacità di pensare e immaginare un mondo nuovo». Ecco perché «quando si parla ai giovani bisogna parlare con parole di verità. Senza ripetere ad oltranza una serie di frasi mielose e senza sostanza». «Sui giovani – la denuncia – c’è una drammatica e stucchevole retorica, che purtroppo non viene sempre supportata dai fatti. Dovremmo impegnarci su questo. C’è molto lavoro da fare».

«La Chiesa italiana, pur tra molte difficoltà, è una Chiesa di popolo. E questo popolo è senza dubbio costituito da milioni di famiglie, che costituiscono la cellula basilare della società italiana», ha ricordato il presidente della Cei, nella sua prolusione di apertura del Consiglio episcopale permanente, in cui ha definito quello attuale uno scenario «caratterizzato da un crescente aumento di convivenze, separazioni e divorzi, nonché da un tasso di natalità che continua a diminuire drammaticamente», e che «ci impone di guardare alla famiglia in modo concreto, senza cercare alcuna scorciatoia, scorgendo nelle fragilità della famiglia non solo i limiti dell’uomo, ma soprattutto il luogo della grazia».

Tre le sfide che la famiglia deve affrontare nel mondo contemporaneo, che costituiscono altrettante sfide per la Chiesa: la prima «è di tipo esistenziale e risiede nelle difficoltà di formare ed essere una famiglia». «Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che sia possibile dar vita ad una relazione per sempre», ha fatto notare Bassetti: «Le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un clima dove tutto – perfino le relazioni umane – viene consumato in modalità usa e getta» . La seconda sfida è di tipo sociale e consiste «nel riuscire a rendere più a misura di famiglia la nostra società, sempre più complessa e logorante». «Questa faticosa civiltà urbana, come aveva già intuito Paolo VI, produce una serie di ostacoli oggettivi alla vita familiare», l’analisi del presidente della Cei: «La precarizzazione del lavoro, ad esempio, ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità; i ritmi ossessivi producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare al coniuge e ai figli; la mobilità sociale rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra nonni e figli; e infine, la donna, sempre più spesso racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario, rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo all’interno della famiglia e della società». La terza sfida, infine, «ci introduce in uno dei più grandi temi di discussione degli ultimi decenni e si riferisce alla questione antropologica e alla difesa e alla valorizzazione della famiglia tra uomo e donna, aperta ai figli. Una sfida culturale e spirituale di grandissima portata».

Sul piano pastorale, la proposta del presidente della Cei, «dobbiamo impegnarci nelle diocesi, nelle parrocchie e negli uffici pastorali per recepire con autenticità lo spirito dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia». Sul piano sociale, «chiediamo con forza alle Istituzioni – a partire dalla prossima Conferenza nazionale per la famiglia – di elaborare politiche innovative e concrete, che riconoscano, soprattutto, il ‘fattore famiglia’ nel sistema fiscale italiano. Una misura giusta e urgente, non più rinviabile, per tutte le famiglie, in particolare quelle numerose. Una misura di cui avvertiamo l’assoluta importanza non solo perché avrebbe dei benefici sui redditi familiari ma perché potrebbe avere degli effetti positivi su un tema cruciale per il futuro della nazione: quello della natalità».

Accogliere i migranti con responsabilità. «Promuovere una pastorale per i migranti – ha affermato il Cardinale – significa difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la tratta degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone». «I corridoi umanitari – nei quali la Chiesa italiana è impegnata in prima persona – sono necessari per dare vita ad una carità concreta che rimane nella legalità», ha sottolineato menzionando i quattro verbi che Papa Francesco «ha donato alla Chiesa per affrontare la grande sfida delle migrazioni internazionali» – «accogliere, proteggere, promuovere e integrare» – e ricordando che «la Chiesa cattolica si è sempre occupata dell’ospitalità del forestiero e del migrante. E lo ha fatto non certo per un’idea politica o sociale, ma per amore di ogni persona». «Oggi questa sfida antica si ripropone con tratti nuovi», la tesi di Bassetti, secondo il quale «lo sguardo profetico di Papa Francesco ha il merito storico di aver tolto i migranti da quella cappa di omertà in cui erano stati confinati dalla globalizzazione dell’indifferenza e di averli messi al centro della nostra attività pastorale». «Il primato dell’apertura del cuore al migrante ci fa guardare oltre le frontiere italiane», ha proseguito Bassetti: «Ci invita a intensificare la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo al Sud del mondo, per far risorgere tra i giovani la speranza di un futuro degno nella propria patria. È una linea su cui si muove da tempo la Cei, sostenendo numerosi progetti di sviluppo e, recentemente, con la campagna Liberi di partire, liberi di restare». Se accogliere è «un primo gesto», c’è però «una responsabilità ulteriore, prolungata nel tempo, con cui misurarsi con prudenza, intelligenza e realismo», ha precisato il presidente dei vescovi italiani citando le parole pronunciate dal Papa sull’aereo di ritorno dalla Colombia: per affrontare la questione migratoria occorre anche «prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria», il che richiede la capacità di affrontare tale processo «con grande carità e con altrettanta grande responsabilità salvaguardando i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie e porge la mano».

Sì a nuova cittadinanza. «Il processo di integrazione richiede, innanzitutto, di fronteggiare, da un punto di vista pastorale e culturale, la diffusione di una ‘cultura della paura’ e il riemergere drammatico della xenofobia». Nella parte finale della prolusione il card. Gualtiero Bassetti ha puntualizzato: «Come pastori non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie e del popolo. Tuttavia, enfatizzare e alimentare queste paure, non solo non è in alcun modo un comportamento cristiano, ma potrebbe essere la causa di una fratricida guerra tra i poveri nelle nostre periferie. Un’eventualità che va scongiurata in ogni modo». «Alla luce del Vangelo e dell’esperienza di umanità della Chiesa», Bassetti ha inoltre affermato che la costruzione del «processo di integrazione» passa «anche attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sé».

Cattolici in politica per «rammendare il tessuto sociale dell’Italia». «A noi interessa che l’Italia diventi un Paese migliore. Bisogna perciò avere la forza, il coraggio e le idee per rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione». Si è conclusa con questo auspicio la prima prolusione del card. Gualtiero Bassetti da presidente della Cei. «L’Italia è un Paese bellissimo, straordinariamente ricco di umanità e paesaggi, ma estremamente fragile: sia nel territorio che nei rapporti socio-politici», l’analisi. «Ai cattolici – il messaggio – dico che la politica, come scriveva La Pira, non è una cosa brutta, ma una missione: è un impegno di umanità e santità. La politica, come affermava Paolo VI, è una delle più alte forme di carità». Quanto alle forme dell’impegno dei cattolici in politica, auspicato a più riprese anche da Papa Francesco, Bassetti ha puntualizzato: «Non spetta a me dirlo. Quello che mi preme sottolineare è che il cuore della questione non riguarda le formule organizzative. Il vero problema è come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune. Non basta fare proclami. La proclamazione di un valore non ci mette con la coscienza a posto. Bisogna promuovere processi concreti nella realtà». «Non è auspicabile che, nonostante le diverse sensibilità, i cattolici si dividano in ‘cattolici della morale’ e in ‘cattolici del sociale’», il monito del presidente della Cei: «Né si può prendersi cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita; oppure, al contrario, farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi addirittura un sentimento ostile verso gli stranieri. La dignità della persona umana non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici». «I cattolici hanno una responsabilità altissima verso il Paese», ha concluso: «Dobbiamo, perciò, essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla. Occorre difendere e valorizzare il sistema-Paese con carità e responsabilità. Perché il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità».