Vita Chiesa

Consiglio permanente Cei: mons. Meini, «Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare»

Nella parabola il seminatore uscì a seminare: «Il Signore è uscito e continua ad uscire. Non si ferma a valutare il terreno e a giudicare la capacità di portare frutto. Non fa calcoli miopi, va e continua ad andare, spargendo il seme con fiducia. È uscito e continua ad uscire anche attraverso il ministero della Chiesa e la testimonianza viva di tanti fratelli e sorelle. Continua a uscire e a seminare lungo le strade e anche tra le spine, pur di arrivare al terreno buono».

Mons. Meini ha ricordato san Tommaso d’Aquino, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, che «va e si inoltra dovunque, perché ogni luogo del sapere e del vivere può essere il ‘luogo’ del Vangelo». Il secondo passo è l’annuncio: «Il Signore non esce a mani vuote, esce ‘portando la semente da gettare’ e la sparge con fiducia» e «chiede anche a noi di non uscire a mani vuote, di qualificare la nostra uscita con l’annuncio del Vangelo». Il seme caduto in terra «abita» la terra, fino a marcire. Ma «proprio abitando la terra germoglia, come in dialogo e in cooperazione con tutto ciò che lo avvolge e lo racchiude».

«Il seme del Vangelo – ha affermato mons. Meini – ci abilita ad ‘abitare’ la terra, la città degli uomini, a coltivarla e renderla feconda, secondo la benedizione originaria di Dio. Dove arriva il Vangelo tutto rivive». Di qui l’auspicio: «Possa ogni novità nella Chiesa essere sempre un germoglio del Vangelo di Cristo. Possa così la Chiesa abitare la città degli uomini per fecondarla con tanti germi di bene, che esprimono nella civiltà dell’amore un nuovo umanesimo caratterizzato dalla sapienza del Vangelo». Il Signore, poi, «sfama col pane e educa con la Parola. Educa alla verità che sola, se conosciuta, fa liberi gli uomini».

Pensando alla «alla pazienza di frate Tommaso», il presule ha evidenziato che «la pazienza dell’educare appartiene all’arte della pastorale che ogni ministro deve saper coltivare con passione. Il Signore ci ha dato questa consegna. In questa pazienza è il dialogo con tutti, è il rimettere al Signore il giudizio, è l’attesa dei tempi e i momenti che il Padre si è riservato». Infine, ha detto, «celebriamo l’Eucaristia perché ci trasfiguri a immagine di Cristo», ma «questa trasfigurazione sacramentale non avviene magicamente, a prescindere dall’accoglienza della fede». Dunque, «la nostra liturgia sarà sempre più trasfigurante, quanto più sarà attenta alla esperienza concreta della fede e alla semina fiduciosa della Parola».