Vita Chiesa

Cure palliative: mons. Paglia, «consenso enorme nel mondo». Promuovere quelle pediatriche

«C’è un consenso enorme nel mondo sulla prospettiva elle cure palliative», che rappresentano un tassello importante per promuovere «una cultura della cura» che contrasti la «cultura dello scarto», di cui sono vittima soprattutto gli anziani. Lo ha detto mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, presentando oggi in Sala stampa vaticana il Simposio internazionale «Religione ed etica medica: cure palliative e la salute mentale durante l’invecchiamento», organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla World Innovation Summit for Health (WISH, un’iniziativa della Qatar Foundation), che si terrà a Roma presso l’Augustinianum, dall’11 al 12 dicembre. «La Pontificia Accademia per la Vita è impegnata a promuovere una cultura delle Cure Palliative a livello della Chiesa Cattolica ovunque nel mondo», ha spiegato Paglia, citando i vari congressi su questo tema sia in Italia che in Europa; negli Stati Uniti con la firma di una Dichiarazione comune con la Chiesa Metodista; in Brasile, in Libano e in Qatar, dove nel gennaio è stata firmata una Dichiarazione congiunta con i musulmani.

«Da non dimenticare poi il Position Paper sui temi del fine vita e delle Cure Palliative, firmato proprio in Vaticano il 28 ottobre con i rappresentanti delle tre religioni abramitiche», ha ricordato Paglia, menzionando inoltre un Libro Bianco per la Promozione e la Diffusione delle Cure Palliative nel mondo, preparato da un gruppo internazionale di esperti. «Il testo è disponibile in inglese, tedesco e italiano – è anche sul nostro sito – e lo stanno ricevendo le università cattoliche e gli ospedali cattolici nel mondo per poter far crescere non solo la conoscenza, ma soprattutto la pratica delle cure palliative», ha spiegato il presidente della Pav, informando che i pallativisti italiani stanno studiando «come promuovere e implementare in maniera più forte il tema delle cure palliative, per proporle ad un livello più alto sul piano universitario: ora è una delle materie sussidiarie di qualche facoltà».

«Investire nelle cure palliative significa prendersi cura del malato, delle famiglie e della società nella sua interezza», ha affermato Paglia: «è una rivoluzione culturale», ha aggiunto citando come esempio l’Alzheimer, che minaccia la salute degli anziani in maniera sempre crescente. Altro versante su cui investire, per la Pontificia Accademia per la Vita, è quello delle cure palliative pediatriche. «Una sezione specifica dei nostri lavori è dedicata a un ambito delicatissimo e doloroso», ha annunciato Paglia: «Il dolore e la morte dei bambini interroga in profondità le nostre società: per questo è importante che le religioni facciano fronte comune».

«Mai nessuno deve essere abbandonato, in qualunque situazione si trovi», ha detto ancora mons. Vincenzo Paglia, rispondendo alla domanda sulla presenza o meno di un sacerdote, accanto ad un paziente che ha scelto di porre fine alla sua vita. «Siamo contro il suicidio assistito perché non vogliamo mai fare il lavoro sporco della morte», ha specificato Paglia: «Per un credente la vita continua oltre la morte: ma non solo per un credente, per tutti». «Accompagnare e tenere per mano chi muore è un grande compito che ogni credente deve promuovere, così come il contrasto al suicidio assistito», ha aggiunto. «Io faccio sempre i funerali a chi si suicida», ha rivelato Paglia: «Il suicidio è una grande sconfitta nostra, perché è sempre una domanda d’amore inevasa. Il Signore non abbandona mai nessuno. Per la Chiesa cattolica, se uno afferma che Giuda sta all’inferno, è un eretico». «Quella di chi si toglie la vita è una sconfitta nostra, una sconfitta di tutta la società, ma non di Dio», ha rimarcato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita: «Se è vero che ognuno di noi è figlio di Dio, può una madre abbandonare suo figlio?». È in questa prospettiva, ha spiegato Paglia, che si collocano le cure palliative, che sono «un accompagnamento responsabile, non passivo, del malato in fase terminale: una pratica che deve aiutare la serenità, l’armonia, la vita, la bellezza dell’incontro». Si tratta, per Paglia, di «un tema che va oltre le leggi»: «In una società così tanto individualista come la nostra – la tesi – c’è bisogno non tanto di nuove leggi, ma di un supplemento di amore e di corresponsabilità, perché ciascuno di noi non è mai sciolto dagli altri. Per questo nessuno è padrone della sua vita».