Vita Chiesa

Firenze, incontro in Moschea per la fine del Ramadan

di Marco BontempiMembro della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Diocesi di Firenze«Quando il dialogo autentico diventa arduo, allora è più che mai necessario. Se infatti come credenti non sappiamo conservare e sviluppare il dialogo, saranno in molti ad interrogarsi sulla credibilità delle religioni». Con queste parole il Vescovo ausiliare di Firenze Claudio Maniago ha portato il saluto della Chiesa Cattolica fiorentina in un’affollatissima sala della Moschea di Firenze. Venerdì 20 ottobre era infatti il giorno del dialogo islamico-cristiano, indicato cinque anni fa da Giovani Paolo II nell’ultimo venerdì del mese di Ramadan.

Due i motivi che hanno fatto dell’incontro fiorentino un momento di alto valore: il fatto che per la prima volta si sia tenuto in Moschea, cosa che ha favorito la notevole partecipazione da parte dei musulmani stessi, e il carattere ecumenico della presenza dei cristiani. Oltre ai cattolici, erano presenti e sono intervenuti il Pastore Raffaele Volpe, della Chiesa Battista in rappresentanza delle chiese protestanti fiorentine, il Padre Georghi Blatinskij della Chiesa Ortodossa-russa in rappresentanza delle chiese ortodosse presenti a Firenze, Padre Giulio Brunella della Chiesa araba Melkita, la chiesa cristiana, in comunione con la Chiesa Cattolica, maggiormente diffusa nei paesi musulmani.

L’incontro è stato aperto dalle parole di benvenuto dell’Imam della Comunità islamica, Izzeddin Elzir, che ha ricordato come proprio venti anni fa, nell’ottobre del 1986, Giovanni Paolo II ha cambiato la storia dei rapporti tra le religioni invitando 124 rappresentanti religiosi ad Assisi per pregare insieme per la pace e come oggi i rapporti di stima e di amicizia che sono nel frattempo stati coltivati e cresciuti, rendano gli incontri interreligiosi come questo un segno importante di solidarietà e di autentica civiltà. Nel suo intervento il Vescovo Maniago, che ha portato il saluto e l’amicizia del Card. Antonelli, ha anche letto il messaggio che il Papa, attraverso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha inviato ai musulmani per la fine del Ramadan, e lo ha consegnato all’Imam. Il Pastore battista Volpe ha invitato tutti i credenti ad essere «discepoli del dialogo». Troppo spesso il dialogo è considerato un mezzo per raggiungere degli scopi diversi dal dialogo stesso. Questo è un modo di considerare il dialogo legandolo e «imprigionandolo» a qualche fine. In realtà lo scopo del dialogo è il dialogo stesso, che rende gli uomini e le donne veramente e pienamente umani, secondo la volontà di Dio. È attraverso il dialogo che si costituiscono le identità e le appartenenze. Ciascuna religione e, in ambito cristiano, ciascuna chiesa, è davvero se stessa solo quando sa dialogare con le altre, solo quando sa farsi carico di avere cura del dialogo con le altre come un aspetto della propria identità.

Sulle condizioni del dialogo si è soffermato anche Padre Blatinskij, sottolineando due aspetti fondamentali, che sono comuni alle tre grandi «religioni del libro»: cristianesimo, islam ed ebraismo. Il primo aspetto è la pietà. La pietà, intesa come misericordia, è una dimensione costitutiva della fede. Il secondo aspetto è la sincerità. La fede autentica, la cui radice nell’unico Dio è condivisa dalle tre grandi religioni, è sincerità nelle relazioni, è amore per la verità. Questa è una risorsa fondamentale quando il dialogo si fa difficile, è in nome di questa radice della fede che è possibile accogliere la sincerità degli altri.

L’importanza della misericordia nelle relazioni umane e la sua fonte in Dio è stata al centro dell’intervento di un importante ospite della comunità islamica fiorentina: l’Imam Mahmud, teologo dell’Università Al Alhzar, la più importante università islamica del mondo, che ha sede nella capitale egiziana, Il Cairo. La misericordia, ha sottolineato Mahmud, è segno e manifestazione della vicinanza a Dio e come tale si esprime nei confronti degli altri, ma anche degli animali e della natura in senso più ampio.

In conclusione dell’incontro, Padre Brunella ha evidenziato che nel Corano Dio dice ai musulmani che devono considerare i cristiani come «coloro che più amano i musulmani» e che queste parole sono lette e pregate da ogni musulmano, fin da bambino. I cristiani arabi sono parte integrante da secoli delle società islamiche e per questo hanno un ruolo fondamentale nel dimostrare non solo le possibilità di dialogo, ma la realtà della convivenza pacifica e fraterna tra cristiani e musulmani.

La Comunità islamica fiorentina è una comunità molto viva, formata da immigrati di molti paesi che ne danno una connotazione fortemente internazionale. Ed è incontrandosi qui a Firenze per pregare e vivere l’islam che queste persone insieme danno vita alla comunità dei musulmani fiorentini. Molte volte questo aspetto viene trascurato: le comunità islamiche non vengo catapultate da «fuori», ma nascono nelle nostre città come realtà proprie della città e di coloro che ne fanno parte. Certamente, come i cattolici nei paesi islamici guardano alla Chiesa di Roma, anche i musulmani in Europa guardano alle figure e alle istituzioni guida dell’Islam, ma la pratica della fede, l’elaborazione della sua comprensione avvengono qui, a Firenze, nel contesto della cultura e società dell’Italia di oggi. Per questo si può parlare davvero del lento formarsi di un islam fiorentino, come da molto tempo esistono tradizioni del cristianesimo fiorentino. Come sarà questo islam dipende anche da come sapranno averne cura i cristiani di Firenze.