Vita Chiesa

Francesco ai vescovi italiani: «Chiesa sia vicina a famiglie, disoccupati e migranti»

Il Papa, rivolgendosi ai vescovi italiani, ha ricordato come proprio la famiglia sia «oggi fortemente penalizzata da una cultura» improntata al vivere i rapporti in modo personale e non comunitario e li ha invitati a «promuovere il rispetto della vita dal concepimento fino agli anziani» non trascurando «chi è ferito negli affetti e vede compromessi» i suoi affetti.

Papa Francesco ha poi citato quella che ha definito la «sala d’attesa affollata oggi di disoccupati, cassa integrati e precari», di quanti cioè, non sanno «come portare a casa uno stipendio» o mandare avanti una famiglia. Il papa ha richiamato anche alle «responsabilità sociali» delle comunità cristiane invitando a «non cedere a rassegnazione e catastrofismo». Infine, ha detto, occorre calare la «scialuppa dell’abbraccio accogliente ai migranti che fuggono dall’odio e dai conflitti». Nessuno, è stato il suo invito, «giri lo sguardo altrove». In questo senso papa Bergoglio ha ricordato le «difficili situazioni vissute da tanti contemporanei» schiacciati da «modelli di sviluppo» sbagliati che, tra l’altro, «sfruttano il creato» e sacrificano tanti uomini «sull’altare del profitto creando nuove emarginazioni». Da qui la sua richiesta per un «nuovo umanesimo» come risposta ad una umanità «impoverita da una crisi che più che economica», ha detto, è umana e di senso della vita.

Ma il discorso di Francesco ai vescovi italiani si è incentrato soprattutto sulle caratteristiche proprie di un pastore. Il primo tratto, ha detto è che «siate pastori di una Chiesa che è comunità del Risorto». Quindi attenzione alla tentazione del quieto vivere, dell’accidia, dell’insofferenza, alla tentazione della presunzione, «di accomodarsi nella tristezza che lascia insoddisfatti». Fratelli, ha esortato il Papa, l’incontro con Gesù non perda la gioia. «I piani pastorali servono, ma la nostra vita spirituale va allenata al modello di Gesù. Spiritualità è ritorno all’essenziale, la sola cosa veramente necessaria anche quando le situazioni pastorale si fanno difficili».

Il secondo tratto del profilo del vescovo è una domanda: «Mi sento figlio di Dio, oltre che pastore? Quanto sono disposto a soffrire per la Chiesa?», perché «la nostra missione richiede un cuore spogliato da ogni interesse mondano, un cuore lontano da ogni mondanità». Un cuore che sente e soffre con gli altri. «Dobbiamo imprimere alla Chiesa italiana un forte spirito di rinnovata unità», ha detto Bergoglio citando un intervento di Paolo VI, 50 anni fa, alla Conferenza episcopale italiana. «Dobbiamo rifuggire la gestione personalistica del tempo, le chiacchiere, le mezze verità, la litania delle lamentele, la durezza di chi giudica senza coinvolgersi. L’accecamento dell’invidia, le consorterie… Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso. La comunione ecclesiale è l’antidoto a tutte queste tentazioni».

Non stancatevi mai, ha continuato, di valorizzare le diocesi, anche le più piccole. «Non stancatevi di intessere tra voi rapporti all’insegna della stima reciproca. Le reti e il confronto abbattono le distanze». Quanto ai parroci, spesso sfiduciati dall’esiguità del «raccolto» rispetto all’impegno riversato, occorre assicurare loro vicinanza e comprensione, in modo che si possano sentire sempre a casa nel vostro cuore. «Non è tempo di fare il bilancio di entrate e uscite, ma di esercitare la pazienza, che è il volto maturo dell’amore». Il Papa ha poi chiesto il coinvolgimento dei giovani e delle donne nella programmazione pastorale.

Il terzo tratto, quello conclusivo, del pastore che vuole essere profezia del Regno Francesco lo ha formulato con un invito: «Siate lievito di unità che fermenta nel farsi prossimo. Siate semplici, poveri e misericordiosi per camminare spediti e non frapporre nulla tra voi e gli altri. Siate interiormente liberi, attenti a imparare la lingua della gente, affiancando le persone lungo le notti delle loro solitudini. Accompagnateli fino a riscaldare loro il cuore».

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