Vita Chiesa

Francesco in Bolivia, cerimonia di benvenuto: Chiesa sia voce profetica per società più giusta

«Porto nel cuore specialmente i figli di questa terra che per molteplici motivi hanno dovuto cercare un’altra terra che li accogliesse». Appena arrivato in Bolivia, seconda tappa del suo primo viaggio nell’America Latina ispanofona, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai migranti, ai profughi e ai rifugiati. «In questa patria che si definisce pacifista, che promuove la cultura della pace e il diritto alla pace», Francesco – durante la cerimonia di benvenuto all’aeroporto di La Paz – si è detto lieto di trovarsi «in un Paese di singolare bellezza, benedetto da Dio nelle sue diverse zone: l’altopiano, le valli, le terre amazoniche, i deserti, gli incomparabili laghi». Un paesaggio che «mi ricorda che il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere», ha proseguito il Papa citando la «Laudato si’»: «Ma soprattutto una terra benedetta nelle sue genti, con la sua variegata realtà culturale ed etnica, che costituisce una grande ricchezza e un appello permanente al mutuo rispetto e al dialogo». In Bolivia, infatti, convivono «popoli originari millenari e popoli originari contemporanei», amalgamandosi per dare bellezza e unità nella differenza». «In questa terra e in questo popolo si è radicato con forza l’annuncio del Vangelo, che lungo gli anni è andato illuminando la convivenza, contribuendo allo sviluppo del popolo e promuovendo la cultura», le parole del Santo Padre.

«La Bolivia sta facendo passi importanti per includere ampi settori nella vita economica, sociale e politica del Paese; può contare su una Costituzione che riconosce i diritti degli individui, delle minoranze, dell’ambiente, e su istituzioni sensibili a queste realtà», ha riconosciuto il Papa, che nella cerimonia di benvenuto ha sottolineato che «tutto ciò richiede uno spirito di collaborazione civile, di dialogo e di partecipazione degli individui e degli attori sociali nelle questioni che interessano tutti». «Il progresso integrale di un popolo comprende la crescita delle persone nei valori e la convergenza su ideali comuni che riescano ad unire le volontà senza escludere e respingere nessuno», ha spiegato: «Se la crescita è solo materiale, si corre sempre il rischio di tornare a creare nuove differenze, che l’abbondanza di alcuni si costruisca sulla scarsezza di altri. Perciò, oltre alla trasparenza istituzionale, la coesione sociale richiede uno sforzo nell’educazione dei cittadini». «Non si può credere in Dio Padre senza vedere un fratello in ogni persona, e non si può seguire Gesù senza dare la vita per quelli per i quali Egli è morto sulla croce», ha ammonito Francesco, secondo il quale «la voce dei Pastori, che dev’essere profetica, parla alla società in nome della madre Chiesa, a partire dalla sua opzione preferenziale ed evangelica per gli ultimi».

Attenzione alla famiglia. «La carità fraterna – ha precisato il Papa – si esprime in programmi, opere e istituzioni che cercano la promozione integrale della persona, così come la cura e la protezione dei più vulnerabili». «In un’epoca in cui tante volte si tende a dimenticare o confondere i valori fondamentali – il suo appello – la famiglia merita una speciale attenzione da parte dei responsabili del bene comune, perché è la cellula fondamentale della società, che apporta legami solidi di unione sui quali si basa la convivenza umana e, con la generazione e l’educazione dei suoi figli, assicura il rinnovamento della società». «La Chiesa sente anche una preoccupazione particolare per i giovani che, impegnati nella fede e in grandi ideali, sono una promessa di futuro», ha proseguito Francesco: «Avere cura dei bambini, far sì che la gioventù s’impegni su nobili ideali, è garanzia di futuro per una società. Una società che trova la propria riassicurazione quando valorizza e stima i suoi anziani e se ne prende cura; quando fa la scelta di dar vita ad una ‘cultura ricca di memoria’ che garantisca agli anziani non solo la qualità della vita nei loro ultimi anni bensì il calore, come esprime bene la vostra Costituzione».

Il ricordo di padre Espinal. «Fratello nostro, vittima di interessi che non volevano si lottasse per la libertà». Così Papa Francesco ha ricordato padre Luis Espinal, sacerdote gesuita che aveva partecipato durante il periodo della dittatura alle lotte sociali e allo sciopero della fame di 19 giorni, nel 1977, durante i quali visse giorno e notte accanto alle famiglie dei minatori. Fu trucidato dagli squadroni della morte il 21 marzo 1980. Dopo la cerimonia di benvenuto all’aeroporto di La Paz (in Bolivia) Francesco ha sostato brevemente presso il luogo dell’assassinio del gesuita. «Padre Espinal – ha detto – predicava il Vangelo e questo Vangelo disturbava e per questo lo hanno assassinato». Il Papa ha quindi invitato a fare un minuto di silenzio e a pregare. Poi ha proseguito ribadendo che padre Espinal «ha predicato il Vangelo, il Vangelo che ci porta la libertà, che ci fa liberi. Come ogni figlio di Dio, Gesù ci dà questa libertà e lui ha predicato questo Vangelo».