Vita Chiesa

Francesco, udienza: «Essere cristiano vuol dire appartenere alla Chiesa. No ai battitori liberi»

«Non cediamo mai alla tentazione di poter fare a meno degli altri, a poter fare a meno della Chiesa, alla tentazione di poterci salvare da soli, di essere cristiani da laboratorio», l’invito finale del Papa, secondo il quale «non si può amare Dio senza amare i fratelli, non si può amare Dio fuori della Chiesa, non si può essere in comunione con Dio senza essere in comunione con la Chiesa». «Non possiamo essere buoni cristiani se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire Gesù, come un unico popolo».

«La Chiesa è una grande famiglia, nella quale si viene accolti e s’impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù. Questo è la Chiesa». È l’identikit che il Papa ha tracciato della comunità ecclesiale, nella seconda catechesi dedicata alla Chiesa, dopo quella di mercoledì scorso. «Si diventa cristiani insieme ad altre persone», ha proseguito il Santo Padre: «Nella Chiesa non esiste il fai-da-te, non esistono battitori liberi». «Quante volte Benedetto – ha ricordato riferendosi al suo predecessore – ha descritto la Chiesa come un ‘noi’. Quante volte, invece, sentiamo dire: ‘Io credo in Dio ma la Chiesa non mi interessa’. E questo non va!», ha esclamato il Papa mettendo in guardia da «tentazioni pericolose, dannose: sono ‘dicotomie assurde’, come diceva il grande Paolo VI». Certo, vivere e testimoniare «insieme» la fede «è impegnativo, può diventare faticoso, ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi».

«Nessuno diventa cristiano da sé». È l’ammonimento del Papa, che trattando il tema dell’appartenenza alla Chiesa ha affermato: «Non si fanno cristiani in laboratorio. Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano, appartiene a un popolo che si chiama Chiesa, e questa relazione di Dio con il suo popolo ci precede tutti». «Se noi crediamo – ha spiegato il Papa – è perché altri prima di noi hanno ricevuto la fede e ce l’anno trasmessa: la fede l’abbiamo ricevuta dai nostri padri, dai nostri antenati». «Quanti volti cari ci passano davanti agli occhi in questo momento», ha proseguito il Papa, citando il volto «dei nostri nonni, o di altri familiari che ci hanno insegnato la fede», ma anche «del parroco, del prete, del catechista». «Io ricordo sempre il volto della suora che mi ha insegnato il catechismo», la testimonianza del Santo Padre: «La ricordo sempre e ringrazio Dio per questa suora». «Noi non siamo isolati, non siamo cristiani a titolo individuale», ha ammonito il Papa: «La nostra identità è appartenenza, siamo cristiani perché noi apparteniamo alla Chiesa». Una appartenenza che è «espressa anche nel nome che Dio attribuisce a sé stesso, rispondendo a Mosè nell’episodio stupendo del Roveto ardente», ha ricordato il Papa: lì Dio «si definisce il Dio dei padri, il Dio che ha stretto un’alleanza con i nostri padri, e rimane sempre fedele al suo patto».

Il triplice saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, che come di consueto conclude l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, il Papa oggi l’ha dedicato alla festa del Corpus Domini la cui «eco» è «ancora viva». «Cari giovani, trovate sempre nell’Eucaristia il nutrimento della vostra vita spirituale», il primo saluto. «Voi, cari malati che siete collegati dall’Aula Paolo VI – ha detto il Papa riferendosi all’altra ‘platea’ che si aggiunge alle decine di migliaia di fedeli presenti oggi in piazza, nonostante il caldo umido e il tempo incerto con sprazzi di pioggia – offrite la vostra sofferenza e la vostra preghiera al Signore, perché continui a estendere il suo amore nel cuore degli uomini». «E voi, cari sposi novelli – il saluto finale del Papa – accostatevi all’Eucaristia con fede rinnovata, perché nutriti di Cristo siate famiglie animate da concreta testimonianza di vita».

A Roma oggi è una giornata calda, a tratti di pioggia, e anche oggi, come era accaduto nelle ultime udienze, il Papa ha deciso di fare un «prologo» all’udienza generale ricevendo i malati e i disabili, accompagnati dai familiari e dai volontari, in Aula Paolo VI. Dopo aver percorso a piedi il corridoio centrale dell’aula, salutando, stringendo mani e dispensando abbracci, Papa Francesco si è congedato dai presenti con queste parole: «Adesso vi do la benedizione e poi vado in piazza». «Ma è troppo caldo – ha aggiunto – e per voi è pericoloso seguire l’udienza dalla piazza. Sta bene?». «Pregate per me, non dimenticatevi», l’invito finale del Santo Padre, che subito dopo ha fatto il suo ingresso in piazza san Pietro con la jeep bianca scoperta, davanti a circa 33mila persone, informa la Prefettura della Casa Pontificia. Alla fine del giro della piazza sulla «papamobile», nell’ultimo tratto che il Papa percorre a piedi per raggiungere il palco al centro del sagrato della basilica di San Pietro, gli si è avvicinato un uomo in maglietta e cappellino giallo, con in braccio uno dei «cani guida» dei Lions, presenti oggi in piazza. L’uomo ha spiegato a Francesco le mansioni del cane, e il Papa ha commentato: «Fate un bel lavoro».

Quella di oggi è l’ultima udienza generale, prima della pausa estiva. L’appuntamento del mercoledì con i fedeli riprenderà il 6 agosto, per proseguire poi il 20 e il 27. Il 13 agosto non ci sarà udienza perché il Papa partirà per la Corea. La preghiera dell’Angelus verrà guidata dal Papa ogni domenica in Vaticano nei mesi di luglio e agosto, tranne i giorni di assenza per il viaggio in Corea (15 e 17 agosto). La Messa mattutina a Santa Marta sospesa dall’inizio di luglio fino alla fine di agosto, riprenderà all’inizio di settembre.