Vita Chiesa

Francesco, udienza: «La Chiesa non è un gruppo di elite»

«La Chiesa – ha spiegato il Papa – è cattolica perché è lo spazio, la casa in cui ci viene annunciata tutta intera la fede, in cui la salvezza che ci ha portato Cristo viene offerta a tutti». «Nella Chiesa ognuno di noi trova quanto è necessario per credere, per vivere da cristiani, per diventare santi, per camminare in ogni luogo e in ogni epoca», ha assicurato il Papa, che ha paragonato la Chiesa alla «vita di famiglia», dove «a ciascuno di noi è donato tutto ciò che ci permette di crescere, di maturare, di vivere». «Non si può crescere da soli, non si può camminare da soli, isolandosi, ma si cammina e si cresce in una comunità, in una famiglia», ha ammonito il Papa, secondo il quale «nella Chiesa possiamo incontrare il Signore nei sacramenti, che sono delle finestre aperte attraverso le quali ci viene data la luce di Dio, dei ruscelli». «Nella Chiesa impariamo a vivere la comunione», ha detto il Papa, invitando a chiedersi «come vivo io nella Chiesa? Partecipo alla vita di comunità o mi chiudo nei miei problemi?».

«La Chiesa non è un gruppo di élite, non riguarda solo alcuni», ha ribadito il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha ricordato che «la Chiesa è cattolica perché è universale, è sparsa in ogni parte del mondo e annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna». «La Chiesa non ha chiusure, è inviata alla totalità delle persone e del genere umano», ha proseguito, e «l’unica Chiesa è presente anche nelle più piccole parti di essa». «Ognuno può dire», ha commentato per spiegare che la Chiesa non è solo all’ombra del campanile: «nella mia parrocchia è presente la Chiesa cattolica, perché anch’essa è parte della Chiesa universale, anch’essa ha la pienezza dei doni di Cristo, la fede, i sacramenti, il ministero; è in comunione con il Vescovo, con il Papa ed è aperta a tutti, senza distinzioni». «Sentire che tutti siamo in missione, piccole o grandi comunità», l’invito del Papa, secondo il quale «tutti dobbiamo aprire le nostre porte ed uscire per il Vangelo». Di qui il secondo invito del Papa: «chiediamoci: che cosa faccio io per comunicare agli altri la gioia di incontrare il Signore, la gioia di appartenere alla Chiesa?». «Annunciare e testimoniare la fede non è un affare di pochi, riguarda anche me, te, ciascuno di noi!», ha esclamato ritornando al tema della cattolicità.

«La Chiesa è cattolica, perché è la casa dell’armonia dove unità e diversità sanno coniugarsi insieme per essere ricchezza», ha proseguito il Papa, che ha illustrato la terza caratteristica della «cattolicità» della Chiesa usando l’immagine della «sinfonia», che «vuol dire accordo e armonia», dove «diversi strumenti suonano insieme», ma «ognuno mantiene il suo timbro inconfondibile e le sue caratteristiche di suono si accordano su qualcosa di comune». «Poi c’è chi guida, il direttore – ha proseguito il Papa – e nella sinfonia che viene eseguita tutti suonano insieme in armonia, ma non viene cancellato il timbro di ogni strumento, la peculiarità di ciascuno, anzi è valorizzato al massimo». Questa, per il Papa, «è una bella immagine che ci dice che la Chiesa è come una grande orchestra in cui c’è varietà, c’è diversità tra i componenti, ma non entra in conflitto, non si contrappone, è una varietà che si lascia fondere in armonia dallo Spirito Santo», perché «è Lui il vero maestro, è lui stesso l’armonia».

«Nelle nostre comunità viviamo l’armonia, o litighiamo tra di noi?», la domanda del Papa: «Nella nostra parrocchia, nel nostro movimento, ci sono chiacchiere?», ha aggiunto a braccio. «Se ci sono chiacchiere – ha proseguito, sempre fuori testo – non c’è armonia, c’è lotta: questa non è la Chiesa, la Chiesa è l’armonia di tutti, mai chiacchiere l’uno contro l’altro, mai litigare». Per il Papa, invece, «bisogna accettare l’altro, accettare che ci sia varietà». «Accettiamo l’altro, accettiamo che vi sia una giusta varietà o tendiamo ad uniformare tutto?», la domanda provocatoria di Papa Francesco, che nel finale della catechesi ha ammonito: «L’uniformità uccide la vita della Chiesa e della comunione. Quando vogliamo l’uniformità, uccidiamo i doni dello Spirito Santo». «Preghiamo lo Spirito Santo perché ci renda sempre più cattolici», ha concluso.

«Vi chiedo di pregare per la pace nel Medio Oriente: in Siria, in Iraq, in Egitto, in Libano e in Terra Santa, dove è nato il Principe della Pace, Gesù Cristo». È l’invito rivolto oggi dal Papa ai «cari fedeli in lingua araba». «Un anno fa, il 10 ottobre 2012 – ha ricordato Papa Francesco durante i saluti dell’udienza generale di oggi – Papa Benedetto, dopo il suo viaggio in Libano e in conseguenza dell’esortazione apostolica: ‘La Chiesa in Medio Oriente: comunione e testimonianza’, ha inserito la lingua araba nell’udienza generale, come era stato chiesto anche dai padri sinodali, per esprimere a tutti i cristiani del Medio Oriente la vicinanza della Chiesa cattolica ai suoi figli orientali. E oggi parlando dell’espressione ‘credo nella Chiesa cattolica’, vi chiedo di pregare per la pace nel Medio Oriente». Pregate affinché la luce di Cristo arrivi a ogni cuore e in ogni luogo, fino ai confini della terra», ha concluso il Papa: «La benedizione del Signore sia sempre con voi!»:

«Mettersi in ascolto delle piaghe di Gesù, mediante un’attenzione sollecita verso i più deboli e i più bisognosi». È l’invito rivolto dal Papa ai fedeli italiani, nei saluti che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì. Nelle parole di Papa Francesco, un nuovo richiamo alla tragedia di Lampedusa. «Con speciale affetto – le sue parole – saluto i vescovi della Chiesa di tradizione alessandrina di Etiopia ed Eritrea, ai quali sono particolarmente vicino nella preghiera e nel dolore per tanti figli della loro terra che hanno perso la vita nella tragedia di Lampedusa».

«Mettersi in ascolto delle piaghe di Gesù, mediante un’attenzione sollecita verso i più deboli e i più bisognosi». È l’invito rivolto dal Papa ai fedeli italiani, nei saluti che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì. Nelle parole di Papa Francesco, un nuovo richiamo alla tragedia di Lampedusa. «Con speciale affetto – le sue parole – saluto i vescovi della Chiesa di tradizione alessandrina di Etiopia ed Eritrea, ai quali sono particolarmente vicino nella preghiera e nel dolore per tanti figli della loro terra che hanno perso la vita nella tragedia di Lampedusa».

Nonostante il cielo di Roma minacciasse pioggia, erano 60mila i fedeli accorsi in piazza San Pietro. Papa Francesco ha fatto il suo ingresso con la jeep bianca scoperta in largo anticipo, alle 9.50. Per il Papa, consueta teoria di bambini che i solerti membri della gendarmeria vaticana gli «consegnano» per carezze, abbracci e baci. Tra i pellegrini, molto nutrito il gruppo dei fedeli tedeschi. Dall’Italia, sono quasi 10mila i gruppi diocesani, accompagnati dai rispettivi vescovi e provenienti da Pinerolo, Piacenza, Viterbo, Sulmona, Anagni, Oria, Pordenone. Si fa «sentire», con il nome del Papa gioiosamente scandito a più riprese, anche il nutrito gruppo di studenti: quasi duemila, dalle scuole di Pescara, L’Aquila, Torre del Grego, Roma, San Giovanni Rotondo, Firenze, Sansepolcro, Acerra, San Severo. Questa mattina, intanto, già prima delle nove, le transenne non bastavano a contenere la folla che si accalcava lungo il tragitto del Papa. Congestionato soprattutto il versante del colonnato che dà su largo degli Alicorni, mentre Piazza Pio XII era piena quasi per metà. Anche oggi, l’ormai abituale «rito» dello scambio dello zucchetto. Poco dopo le dieci, la pioggia è cominciata a scrosciare e il Papa, imperterrito, ha proseguito il suo tragitto senza ombrello, salutando la folla, attorniato da una schiera di ombrelli aperti multicolori.