Vita Chiesa

Giornata migrante: mons. Perego (Migrantes), abolire Schengen sarebbe follia

Delle oltre 170mila persone (migranti forzati) sbarcate sul nostro territorio nel 2014, al 1° gennaio 2015 quelle accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66.000, cioè poco più di 1/3, ha spiegato mons. Perego, precisando che non si può parlare di «invasione» e che, se non governata correttamente, la paura che ha portato alla nascita di partiti nazionalisti in Europa «può diventare un motore di involuzione sociale ed economica».

Tre le priorità evidenziate dal responsabile di Migrantes per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. Anzitutto «la necessità di estendere almeno in tutti i 3.000 Comuni sopra i 5.000 abitanti almeno un’unità di accoglienza dei richiedenti asilo, attraverso progetti che estendano il progetto di strutture di seconda accoglienza (Sprar) almeno a 50.000, con una partecipazione adeguata anche dei Comuni del Nord Italia».

Al tempo stesso, ha proseguito mons. Perego, occorre «consolidare una rete di prima accoglienza strutturata sul territorio nazionale, attraverso il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, della realtà ecclesiale, almeno per 100.000 persone».

In relazione alla tutela dei minori non accompagnati, mons. Perego ha segnalato gravi carenze nell’accoglienza, soprattutto nelle famiglie, nonostante le indicazioni normative vigenti. Necessarie, secondo Perego, «alcune precise e puntuali indicazioni applicative della legge a tutela dei minori non accompagnati, perché da subito sia garantita la tutela di chi arriva in Italia» per «evitare anche che 3.500 minori scompaiano nel nulla, come è successo nel 2014».

Infine, dalla «nota positiva» secondo la quale «nel 2014 i 10 Cie in Italia, di cui metà chiusi, vedono oggi la presenza solo di 276 persone a fronte di 1.748 posti», l’auspicio che «presto si arrivi finalmente alla chiusura di strumenti di una stagione ideologica e costosissima di trattenimento dei migranti». Serve, insomma, «uno sforzo maggiore non per presidiare le frontiere, ma per superarle a tutela della dignità della persona umana». Quest’anno, ha concluso, la Regione prescelta per celebrare la Giornata è la Basilicata da cui provengono 117mila emigranti italiani e che attualmente accoglie 17 mila immigrati.

«All’interno delle comunità cristiane» non mancano «diffidenze e ostilità» vero gli immigrati. «Ancor più nella società civile – specie dopo tragici avvenimenti come quello dei giorni scorsi in Francia – si tende a tirare giù la serranda dell’integrazione e dell’ospitalità», ha detto monsignor Domenico Pompili, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, moderatore dell’incontro di presentazione della 101ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Per mons. Pompili, la ricorrenza «conferma che in qualsiasi fenomeno sociale» la soluzione deve essere «conforme alla realtà» e «adeguata all’uomo». E criterio dirimente è «la dignità dell’uomo».

Deciso il no di mons. Pompili «a letture parziali» che riducono il fenomeno migratorio ad «una battaglia politica per racimolare consenso o, all’opposto, a un’esortazione generica sulla solidarietà». Il punto è «comprendere che la ricerca di uno sviluppo finalmente sostenibile sul piano ambientale e compatibile con le attese di tutti impone una valutazione che sappia essere concreta ed equa, in una parola umana», senza continuare a coltivare «una metodologia a compartimenti stagni che viviseziona i fenomeni per competenze e di fatto riduce il tema delle migrazioni a un problema di sicurezza nazionale, a una questione di sviluppo economico, a un processo d’integrazione multiculturale».

Per mons. Pompili, «la pretesa scientifica di attestarsi solo sui dati quantitativi fa perdere di vista l’insieme e cancella la percezione che dietro questi enormi movimenti di esseri umani si annida il bisogno legittimo e insopprimibile di cercare soluzioni più degne di vita. Come dimostra, per converso, la fuga di tantissimi giovani dal nostro Paese verso altre contesti geografici ed economici».

Sul piano religioso, avverte, «occorre onestamente riconoscere che la separazione tra fede e vita può prendere corpo anche nella sottile dissociazione tra credere personale e apertura ai problemi del mondo. Questo però non è possibile per chi crede. E per chi appartiene alla Chiesa che è ‘senza frontiere’ per definizione in quanto ‘cattolica’ e ciò in ragione dell’essere ‘madre di tutti’». «La dimensione sociale dell’evangelizzazione fortemente richiamata nella Evangelii gaudium – ha concluso – è un banco di prova della maturità della fede cristiana che in un momento così confuso e conflittuale torna ad orientare tanti uomini credenti e non credenti, che non si accontentano di soluzioni facili e preconfezionate».