Vita Chiesa

Giubileo sacerdoti, Papa Francesco: «Il miglior confessore è chi si confessa meglio»

Un cuore rigenerato, non rattoppato. Ricordando la necessità che il Signore esplicita a Pietro di «perdonare settanta volte sette», il Papa ha ripetuto una frase divenuta comune nei suoi discorsi: «Dio non si stanca di perdonare, ma siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Anche quando vede che la sua grazia sembra non riuscire a mettere forti radici nella terra del nostro cuore, quando vede che la strada è dura, piena di erbacce e sassosa». «Dio non è pelagiano, perciò perdona. Egli – ha puntualizzato – torna nuovamente a seminare la sua misericordia e il suo perdono». Per Francesco, «il Signore non solo non si stanca di perdonarci, ma rinnova anche l’otre nel quale riceviamo il suo perdono». «Un otre nuovo che è la sua misericordia stessa», ha aggiunto. Per questo, «il cuore che ha ricevuto misericordia non è un cuore rattoppato ma un cuore nuovo, ri-creato». «Un buon recipiente», ha detto il Papa, perché «è un cuore che sa di essere ricreato grazie alla fusione della sua miseria con il perdono di Dio e per questo ‘è un cuore che ha ricevuto misericordia e dona misericordia’».

Nessuno è migliore. «Nell’esercizio di questa misericordia che ripara il male altrui – ha ammonito Francesco – nessuno è migliore, per aiutare a curarlo, di colui che mantiene viva l’esperienza di essere stato oggetto di misericordia circa il medesimo male». «Guarda te stesso – ha aggiunto a braccio il Papa – raccontati la tua storia e troverai tanta misericordia». «Tra coloro che lavorano per combattere le dipendenze, coloro che si sono riscattati sono di solito quelli che meglio comprendono, aiutano e sanno chiedere agli altri». «E il miglior confessore – ha aggiunto – è di solito quello che si confessa meglio». Da qui la domanda: «Come mi confesso io?».

«Tra le piaghe del Signore troviamo la misericordia». Citando san Bernardo, il Papa ha detto ai presenti: «Entra nelle viscere del Signore e troverai misericordia» anche perché «Gesù è la misericordia del Padre fatta carne». Per Francesco, «l’immagine definitiva del ricettacolo della misericordia la troviamo attraverso le piaghe del Signore risorto, immagine dell’impronta del peccato restaurato da Dio, che non si cancella totalmente né si infetta: è una cicatrice, non una ferita purulenta». «Le cicatrici – ha osservato il Papa – ci ricordano la ferita senza molto dolore e la cura senza che ci dimentichiamo la fragilità». Per questo, ha aggiunto il Papa a braccio, «come il medico che ci visita ci chiede delle cicatrici che vede, così guardiamo alle cicatrici dell’anima». «Nella sensibilità di Cristo risorto che conserva le sue piaghe, non solo nei piedi e nelle mani, ma nel suo cuore che è un cuore piagato, troviamo il giusto senso del peccato e della grazia», ha proseguito il Papa, osservando che «contemplando il cuore piagato del Signore noi ci specchiamo in Lui». «Si assomigliano, il nostro cuore e il suo, per il fatto che entrambi sono piagati e risuscitati», ha continuato, rilevando che «però sappiamo che il suo era puro amore e venne piagato perché accettò di essere vulnerato; il nostro cuore, invece, era pura piaga, che venne sanata perché accettò di essere amata».

«Ci può far bene contemplare altri che si sono lasciati ricreare il cuore dalla misericordia, e osservare in quale ‘ricettacolo’ l’hanno ricevuta». È questo il suggerimento offerto da Papa Francesco nella seconda meditazione del ritiro dei sacerdoti riuniti a Santa Maria Maggiore per il loro Giubileo. Una decina gli esempi richiamati dal Papa, a cominciare da Paolo che riceve la misericordia «nel duro e inflessibile ricettacolo del suo giudizio modellato dalla Legge» mentre Pietro «riceve la misericordia nella sua presunzione di uomo assennato». «Pietro – ha aggiunto – è stato sanato nella ferita più profonda che si può avere, quella di rinnegare l’amico». «E l’hanno fatto Papa», ha commentato sorridendo Francesco. Pietro, risanato, si trasformò «in un Pastore misericordioso, in una pietra solida sopra la quale si può sempre edificare». «Il segno di Pietro crocifisso a testa in giù – ha evidenziato il Papa – è forse il più eloquente di questo ricettacolo. Pietro non vuole concludere la sua vita dicendo: ‘Ho imparato la lezione’, ma dicendo: ‘Poiché la mia testa non imparerà mai, la metto in basso’. Più in alto di tutto, i piedi lavati dal Signore». C’è poi Giovanni, «guarito nella sua superbia di volere riparare al male col fuoco», e Agostino che «è stato guarito nella sua nostalgia di essere arrivato tardi all’appuntamento». Francesco, invece, «riceve sempre di più la misericordia, in molti momenti della sua vita». «Forse il ricettacolo definitivo – per il Papa – sarà stato il dover custodire in misericordioso silenzio l’Ordine che aveva fondato». «Qui – ha riconosciuto – trovo la grande eroicità di Francesco». «I piccoli gesti dei preti», quelli «dove possiamo ricevere ed esercitare la misericordia infinita del Padre» rimandano invece al santo Curato d’Ars. Mentre, invece, per «il Cura Brochero, il Beato argentino che presto sarà canonizzato il suo ricettacolo finì per essere il suo stesso corpo lebbroso».

«La Madonna è il recipiente semplice e perfetto, con il quale ricevere e distribuire la misericordia», ha detto ancora Papa Francesco. «Ella – ha proseguito – custodisce in sé una misericordia che è al tempo stesso molto sua, molto della nostra anima e molto ecclesiale». Quello di Maria «è il Magnificat di un cuore integro, non bucato, che guarda la storia e ogni persona con la sua materna misericordia», ha continuato il Papa, rivelando che «in quel momento trascorso da solo con Maria, che mi è stato regalato dal popolo messicano, con lo sguardo rivolto alla Madonna, la Vergine di Guadalupe, e lasciandomi guardare da lei, le ho chiesto per voi, cari sacerdoti, che siate buoni preti». «E l’ho detto tante volte», ha aggiunto a braccio. Il Papa ha poi richiamato «alcuni ‘modi’ che ha la Madonna di guardare, specialmente i suoi sacerdoti, perché attraverso di noi vuole guardare la sua gente». Innanzitutto, «Maria ci guarda in modo tale che uno si sente accolto nel suo grembo». «Lo spazio che i suoi occhi aprono è quello di un grembo, non quello di un tribunale o di un consultorio ‘professionale’», ha detto il Papa, suggerendo: «se qualche volta notate che si è indurito il vostro sguardo – per il lavoro, per la stanchezza può succedere – o che quando avvicinate la gente provate fastidio o non provate nulla, fermatevi e guardate di nuovo a lei». «Ella – ha proseguito – vi purificherà lo sguardo da ogni ‘cataratta’ che non lascia vedere Cristo nelle anime, vi guarirà da ogni miopia che rende fastidiosi i bisogni della gente, e da ogni presbiopia che si perde i dettagli, dove si giocano le realtà importanti della vita della Chiesa e della famiglia». «Lo sguardo della Madonna – ha affermato – guarisce».

Non è come photoshop. «La misericordia – ha proseguito il Papa – non ci ‘dipinge’ dall’esterno una faccia da buoni, non ci fa il photoshop, ma con i medesimi fili delle nostre miserie e dei nostri peccati, intessuti con amore di Padre, ci tesse in modo tale che la nostra anima si rinnova recuperando la sua vera immagine, quella di Gesù». Parlando di Maria che «osserva ‘tessendo’», il Papa ha richiamato la figura della Guadalupana nella tilma di Juan Diego e ha chiesto ai sacerdoti di non lasciarsi «prendere dalla vana ricerca di cambiare popolo» per la quale «una nostra tentazione – ha detto – è quella di chiedere al vescovo di trasferirci». «No», ha proseguito il Papa che poi ha parlato di Maria che «osserva con attenzione, come una madre quando è tutta occhi per il suo figlioletto che le racconta qualcosa». «Tocca a noi – ha continuato – non renderci impermeabili a tali sguardi» perché «un sacerdote che si rende impermeabile agli sguardi è chiuso in se stesso». Inoltre, «se non sei capace di custodire il volto degli uomini che ti bussano alla porta non sarai capaci di parlare loro di Dio». Anche perché, è il monito del Papa, «se non decifriamo le loro sofferenze, se non ci rendiamo conto delle loro necessità, nulla potremo offrire loro». In un mondo che «ci osserva con attenzione ma per ‘divorarci’, per trasformarci in consumatori», per il Papa, «abbiamo bisogno di essere guardati con attenzione, con interesse gratuito». Infine, ha osservato Francesco, «Maria guarda in modo ‘integro’, unendo tutto, il nostro passato, il presente e il futuro». «Se nella nostra vita c’è un po’ di ‘vino buono’ – ha sottolineato – non è per merito nostro, ma per la sua ‘anticipata misericordia’, quella che lei già canta nel Magníficat». Per questo, «la lettura che compie Maria è quella della storia come misericordia». «Lasciatevi guardare dalla Madonna», facciamoci «prendere per mano», «aggrappiamoci al suo manto»: questo l’invito del Papa, che ha ricordato l’immagine regalatagli da Rupnik che ha nel suo studio: «Maria fa scendere Gesù e le mani sono come scalini. Quello che mi piace di più è che Gesù in una mano ha la pienezza della legge e con l’altra si aggrappa al manto della Madonna». Il Papa ha invitato a «non avere vergogna a stare sotto il manto della Madonna, stare lì, lasciarsi coprire, guardare e piangere». «Quando troviamo un prete capace di questo, possiamo dire: ‘è un buon prete’. Perché è un buon figlio, sarà un buon padre».