Vita Chiesa

Gmg, Papa Francesco ad autorità: il «sogno di un nuovo umanesimo europeo»

(dagli inviati Sir a Cracovia) «È la prima volta che visito l’Europa centro-orientale e sono lieto di iniziare dalla Polonia, che ha avuto fra i suoi figli l’indimenticabile san Giovanni Paolo II, ideatore e promotore delle Giornate Mondiali della Gioventù», l’esordio, dopo il saluto al presidente polacco e ai presenti. «Egli amava parlare dell’Europa che respira con i suoi due polmoni», ha ricordato Francesco nel segno di San Giovanni Paolo II, di cui questa terra trasuda tracce. Poi è tornato su un tema caro al primo papa latino americano, di cui ha parlato ad esempio nel discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno e durante il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze: «il sogno di un nuovo umanesimo europeo è animato dal respiro creativo e armonico di questi due polmoni e dalla comune civiltà che trova nel cristianesimo le sue radici più solide».

«La concordia, pur nella diversità delle opinioni», è «la strada sicura per raggiungere il bene comune dell’intero popolo polacco», ha detto il Papa, che nel suo primo discorso davanti al presidente e all’autorità, ha ricordato il 1.050° anniversario del battesimo della Polonia, definito «un forte momento di unità nazionale». «La memoria contraddistingue il popolo polacco», le parole di Francesco: «Mi ha sempre impressionato il vivo senso della storia di Papa Giovanni Paolo II. Quando parlava dei popoli, egli partiva dalla loro storia per farne risaltare i tesori di umanità e spiritualità». «La coscienza dell’identità, libera da complessi di superiorità – la tesi del Papa – è indispensabile per organizzare una comunità nazionale sulla base del suo patrimonio umano, sociale, politico, economico e religioso, per ispirare la società e la cultura, mantenendole fedeli alla tradizione e al tempo stesso aperte al rinnovamento e al futuro».

«Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società, vi sono due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa». È il tema centrale del discorso del Papa. «Non può esistere dialogo se ciascuno non parte dalla propria identità», ha spiegato Francesco, secondo il quale «la proficua cooperazione nell’ambito internazionale e la reciproca considerazione maturano mediante la coscienza e il rispetto dell’identità propria e altrui». Poi, entrando nel dettaglio del tema scelto: «La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza». La memoria «negativa», invece, è quella che «tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri». «Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona», il tributo di Francesco ai polacchi: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono «reciprocamente offerto e ricevuto» tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. Una «iniziativa», questa, che «ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali», ma «ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli». Francesco ha citato anche la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca: «un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità non solo tra le due Chiese, ma anche tra i due popoli». «La nobile nazione polacca mostra come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva», ha sintetizzato il Papa, perché Dio «guida i destini dei popoli, apre porte chiuse, trasforma le difficoltà in opportunità e crea nuovi scenari laddove sembrava impossibile», come testimonia la vicenda storica della Polonia. Le «sfide del momento», ha concluso Francesco, «richiedono il coraggio della verità e un costante impegno etico, affinché i processi decisionali e operativi come pure le relazioni umane siano sempre rispettosi della dignità della persona. Ogni attività ne è coinvolta: anche l’economia, il rapporto con l’ambiente e il modo stesso di gestire il complesso fenomeno migratorio».

«Gestire il complesso fenomeno migratorio» richiede «un supplemento di saggezza e di misericordia, per superare le paure e realizzare il maggior bene». Ne è convinto il Papa, che al Wavel, ha affermato: «Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede». Nello stesso tempo, l’appello di Francesco, «vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria». «Fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani», l’invito del Papa.

«La vita va sempre accolta e tutelata – entrambe le cose insieme: accolta e tutelata – dal concepimento alla morte naturale, e tutti siamo chiamati a rispettarla e ad averne cura», ha detto ancora il Papa, che nella parte finale del suo discorso al Wavel ha esortato la nazione polacca «a guardare con speranza al futuro e alle questioni che deve affrontare», a partire dalla sua storia millenaria. «Tale atteggiamento favorisce un clima di rispetto tra tutte le componenti della società e un confronto costruttivo tra le diverse posizioni», ha assicurato Francesco, e «crea le condizioni migliori per una crescita civile, economica e persino demografica, alimentando la fiducia di offrire una vita buona ai propri figli. Essi infatti non dovranno soltanto affrontare problemi, ma godranno le bellezze del creato, il bene che sapremo compiere e diffondere, la speranza che sapremo donare loro». «Le stesse politiche sociali a favore della famiglia, primo e fondamentale nucleo della società, per sovvenire quelle più deboli e povere e sostenerle nell’accoglienza responsabile della vita, saranno in questo modo ancora più efficaci», la ricetta del Papa, secondo il quale «allo Stato, alla Chiesa e alla società compete di accompagnare e aiutare concretamente chiunque si trovi in situazioni di grave difficoltà, affinché un figlio non venga mai sentito come un peso ma come un dono, e le persone più fragili e povere non siano abbandonate».