Vita Chiesa

Grosseto, il vescovo Rodolfo sulla benedizione pasquale nelle scuole: «Prevalga il buon senso»

Ho preferito attendere prima di commentare la notizia, che vasta eco ha trovato sulla stampa locale, relativa alla mancata benedizione pasquale in un istituto scolastico di Roccastrada. Come ha dichiarato il parroco, don Marcello, la vicenda risale a tre anni fa, ma non per questo merita minore attenzione che se fosse accaduta adesso.

La vicenda mi offre lo spunto per una riflessione più ampia, con l’unico desiderio di contribuire a ragionare in modo davvero laico sulla dimensione religiosa nella sfera pubblica, soprattutto nei luoghi chiamati ad educare e formare i nuovi cittadini.

In Italia sono numerose le disposizioni, sia di carattere normativo che giurisprudenziale, che intervengono sul tema e tutte originano dalla Costituzione e dal principio di laicità dello Stato, che non può mai concretizzarsi nel disconoscimento delle varie forme di religiosità o nel relegarle alla sola sfera privata. Anzi, una sentenza della Consulta del 1989 sottolinea come l’attitudine laica dello Stato “si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini”. Nondimeno, mai può esserci costrizione od obbligo alcuno a partecipare ad atti riconducibili al culto.

La Chiesa non vuol certo sottrarsi alle norme vigenti nel nostro ordinamento giuridico, né ritiene utile e sensato assumere comportamenti che possano essere letti ed interpretati come dimostrazione di forza nei confronti di qualsivoglia istituzione pubblica. Nello stesso tempo crediamo, però, che gesti che affondano la loro origine e il loro significato nella tradizione di un popolo – e tra questi c’è senz’altro la benedizione pasquale – abbiano senso se orientati a favorire una relazione con le persone. Non ci interessa benedire le mura, perché la benedizione non è un gesto scaramantico, ma è affidare a Dio ciò che siamo, ciò che sperimentiamo e i luoghi in cui viviamo la nostra avventura umana.

I cristiani credono in un Dio che è relazione, che cerca continuamente il contatto con l’uomo e che per farlo si è incarnato, facendosi uno come noi. E’ questa relazione appassionata che ci è dato di custodire anche attraverso gesti e atti di culto, che non hanno altro scopo che questo, non certo di “marcare il territorio” o di ingerirsi in spazi non nostri.

Auspico che da questa vicenda, che – come leggo – sta suscitando l’attenzione di tanti, possa nascere una serena ed approfondita riflessione sulla responsabilità educativa che ci attende tutti: genitori, insegnanti, istituzioni scolastiche, Chiesa, perché prevalgano sempre buon senso e realismo. Responsabilità significa anche non limitarci a reagire dinanzi ad un diniego, ma sentirci chiamati a fare sempre la nostra piccola parte. Esiste una circolare ministeriale del 1992, a suo tempo impugnata, ma – a quanto risulta – mai ritirata o annullata, che colloca la partecipazione agli atti di culto e la benedizione pasquale tra le iniziative culturali extrascolastiche. Avanzare annualmente la richiesta agli organi collegiali dei singoli istituti per poter compiere tali gesti non è solo un atto burocratico, ma diventa anch’esso occasione di relazione e di contatto, indipendentemente dall’esito che tale istanza può avere. Credo ne valga la pena, ripeto, non per marcare una presenza, ma per offrire la possibilità di un annuncio, che può essere accolto o rifiutato, mai imposto, e può alimentare relazioni buone, non con le mura, ma con le persone.

+Rodolfo, vescovo