Vita Chiesa

I progetti delle Caritas toscane tra nuove povertà e stili di vita

di Riccardo BigiFare verifica del cammino fatto per ri-orientare i nuovi percorsi. Ecco il senso della due giorni di verifica e di programmazione che oramai da cinque anni coinvolge, all’inizio dell’estate, i direttori e i più stretti collaboratori delle caritas diocesane della toscana. Ospiti della villa San Leonardo al Palco di Prato, «abbiamo trascorso – spiega il delegato regionale della Caritas don Emanuele Morelli – due giorni intensi di lavoro, nel segno della comunione e del confronto, animati dalla comune volontà di amare questa Chiesa, perché sempre più sia capace di abitare le marginalità, e di annunciare il Vangelo attraverso scelte di condivisione e di servizio».

Don Emanuele, quali sono, secondo il «punto d’osservazione» delle Caritas, i bisogni emergenti nella popolazione?

«Il nostro punto di osservazione sono i Centri d’Ascolto delle Povertà, per questo mi sembra di poter dire che le Chiese della Toscana, dalle Caritas diocesane hanno scelto di ascoltare le domande, osservare e discernere i bisogni a partire dal fondo, dalla fine, dagli ultimi della fila. Ecco che si intercettano vecchi e nuovi bisogni, forme di povertà che si sono trasformate o che, purtroppo, sono ritornate. Faccio soltanto pochi esempi. Il fenomeno del ritorno ai nostri Centri d’Ascolto di cittadini italiani, residenti nelle nostre città ai quali non bastano più le risorse economiche che hanno a disposizione per arrivare in fondo al mese. Una forma di povertà di ritorno legata sicuramente all’attuale congiuntura economica, ma anche ad un modello culturale che non ti permette di essere senza avere, e alla drastica riduzione della spesa sociale. Ecco allora i fenomeni dell’indebitamento e della conseguente vulnerabilità sociale. Basta un imprevisto (malattia, cassa integrazione, spese aggiuntive impreviste…) che persone e famiglie fino ad ieri autosufficienti si collocano sotto la soglia della povertà relativa. Un altro problema è quello della casa. La diminuzione del potere di acquisto dei salari, la crescita degli affitti, gli sfratti e la presenza di politiche della casa deboli aumentano il senso di precarietà e di provvisorietà. Non solo il futuro, ma già il presente è per molti difficile. Occorrono politiche sociali più coraggiose».

Uno dei «fronti caldi» degli ultimi anni è stato quello dell’immigrazione. Com’è, oggi, la situazione?

«L’immigrazione in Toscana è nella media del dato nazionale. I dati del Dossier Immigrazione Caritas 2003 e i dati della regolarizzazione raccontano come la toscana sia territorio accogliente, dove si viene per restare. La capacità trainante dei distretti industriali (l’area fiorentino-pratese, l’area aretina, il comprensorio del cuoio…) e la vocazione all’auto imprenditorialità dei cittadini stranieri residenti nella nostra regione ci fanno essere una regione capaci di includere. Molto tuttavia rimane ancora da fare proprio sui percorsi dell’intercultura, cioè della conoscenza dell’altro, diverso da me. Perché l’incontro, il confronto e lo scambio non diventino conflitto ma producano integrazione senza assorbimento ed annullamento devono essere pensati, progettati e vissuti prima di tutto dalla gente comune. Anche la situazione delle nostre questure non aiuta. Se bisogna riconoscere che dei passi sono stati fatti è purtoppo vero che un cittadino straniero per vedersi rinnovare il permesso di soggiorno (procedura ordinaria) deve ancora subire lunghi ritardi e attese estenuanti, esperienze disumanizzanti».

Quali sono, in questo campo, i problemi più urgenti?«C’è da rilevare purtoppo come non sia sotto controllo il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In questo periodo i grandi mezzi di comunicazione di massa non ne parlano, a meno che non succeda una tragedia eppure il fenomeno, del quale non possiamo conoscere l’entità, sussiste. Si assiste alla “balcanizzazione” dell’immigrazione. È l’est che si muove. Un’immigrazione ritenuta più facile perché meno visibile ma non per questo meno impegnativa. Cito il fenomeno delle cosiddette “badanti”, le assistenti familiari dei paesi dell’est, che cercano lavoro, quasi sempre con visto turistico… fenomeno reso complesso sia a causa dell’innalzamento dell’età, stanno arrivando donne di sessanta anni e più, che dalla presenza di associazioni-agenzie che ne organizzano l’arrivo, con interessi economici non trasparenti, tanto che si potrebbe configurare come tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento per lavoro. Anche sull’immigrazione occorrono politiche più coraggiose».Come procedono i progetti internazionali che vedono coinvolte insieme le Caritas toscane?«La scelta di guardare oltre casa propria, i propri confini, i propri poveri… è una delle opzioni di fondo di Caritas. Sul fronte internazionale le Caritas diocesane della Toscana sono impegnate con progetti propri e con progetti condivisi. Le aree interessate sono l’africa, l’america latina, il medio oriente (la Palestina – Betlemme) ma soprattutto i balcani. Il progetto che vedrà coinvolte tutte le Diocesi della Toscana sarà la creazione di una radio multietnica in Kossovo, nella municipalità di Nova Brdò, dove lavora anche Caritas Italiana con un progetto di integrazione tra serbi ed albanesi. Il progetto Radio Youth Voice è stato cofinanziato dalla Regione Toscana, segno significativo di collaborazione istituzionale e di condivisone delle finalità di promozione della cultura della pace in quella regione».Quali sono i progetti per il prossimo anno?«Le Caritas della Toscana hanno scelto di lavorare per il prossimo anno in modo preferenziale su alcune aree tematiche. Siccome ci sta a cuore soprattutto la Chiesa, e la Chiesa italiana in questo tempo ha scelto di stare sulla parrocchia, la prima linea progettuale ci vedrà fortemente coinvolti sulla promozione delle Caritas Parrocchiali, strumento pastorale perché la parrocchia sia comunità attenta all’uomo ed accogliente dei poveri. L’attenzione al mondo nel quale viviamo ci porta a rafforzare il sostegno ai Centri d’Ascolto delle povertà, antenne rice-trasmittenti del grido dei poveri. Un’altra attenzione importante è quella del Servizio Civile Nazionale. Siamo fortemente preoccupati per l’involuzione assunta a livello nazionale, siamo in attesa della legge regionale. Riteniamo questa esperienza una grande opportunità di crescita per i giovani e vorremmo che fosse davvero per tutti. Infine concentreremo le nostre attenzioni sugli stili di vita. Siamo profondamente convinti, con i nostri Vescovi, che il nostro futuro dipende dal “progetto culturale” che abbiamo e che siamo capaci di praticare oggi. Solo se la nostra terra toscana sarà capace di praticare la solidarietà, il servizio, la condivisone, sarà terra futura. Allora quella che ci aspetta è una sfida educativa. Pane quotidiano per le Caritas della Toscana».