Vita Chiesa

Il cardinale Umberto Betti: «Ho amato la Chiesa»

di Andrea Drigani

«Dilexi ecclesiam» (Ho amato la Chiesa) questo è il motto che Umberto Betti  (nella foto) aveva scelto quando fu creato cardinale da Benedetto XVI nel Concistoro del 2007. Aveva ottantacinque anni e in quelle due parole latine c’era tutta la sua autobiografia. Il suo amore per la Chiesa l’aveva dimostrato sia con l’insegnamento della teologia che con le sue ricerche, in particolare sul ministero del Papa, sulla collegialità episcopale e sulla trasmissione della Divina Rivelazione. 

Il suo essere frate francescano lo aveva reso secondo l’insegnamento del Poverello d’Assisi «sempre suddito e soggetto al Romano Pontefice». Era stato docente, per molti anni, al Pontificio Ateneo Antonianum, ma il suo servizio e la sua dedizione alla Chiesa si sono espressi soprattutto nella partecipazione ai lavori del Concilio Vaticano II, prima come consultore della Commissione teologica preparatoria, poi come perito del Concilio e teologo dell’allora Arcivescovo di Firenze, monsignor Ermenegildo Florit.

In special modo aveva collaborato alla redazione della Costituzione «Lumen gentium» e della Costituzione «Dei verbum». Di questo periodo Betti ha pubblicato un interessantissimo «Diario del Concilio», dal quale emerge che tra le opposte ed agguerrite minoranze di «tradizionalisti» e di «progressisti», si svolgeva una grande cammino di approfondimento, anche sofferto, sul mistero della Chiesa; segno inequivocabile della presenza dello Spirito Santo, che sempre assiste i lavori di un Concilio Ecumenico, una verità quest’ultima, che Umberto Betti sentiva profondamente ed interiormente.

Notevole sarà il suo contributo alla dottrina sull’interpretazione della Sacra Scrittura. L’antica questione dell’inerranza della Bibbia era stata, tra l’altro, quella che la Chiesa si era trovata dinanzi al caso Galileo. Betti fu tra coloro che patrocinarono l’espressione poi contenuta nel n. 11 della Dei verbum nella quale si afferma che i libri della Sacra Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore solo quelle verità che  Dio, «a causa della nostra salvezza» volle consegnare. Il suo amore per la Chiesa lo portò pure ad affrontare, nel 1970, il rapporto tra teologia e diritto canonico nel momento dell’elaborazione del progetto, poi accantonato, di «Lex Ecclesiae Fundamentalis» (Legge fondamentale della Chiesa), quando Betti molto opportunamente suggerì invece di usare la dizione «Principia fundamentalis Legis Ecclesiae» (Principi fondamentali della Legge della Chiesa), osservando che la legge fondamentale della Chiesa è tutto e solo ciò che è d’istituzione divina. Terminato il Vaticano II proseguì l’attività didattica e scientifica e la collaborazione a vari Dicasteri della Curia Romana, divenendo anche Rettore della Pontificia Università Lateranense.

Sono note le vicende delle reiterate e mai accolte proposte del cardinale Florit affinchè Umberto Betti fosse ordinato vescovo. Ma l’amore di un teologo per la Chiesa non poteva non essere, sia pur tardi, apprezzato e la berretta cardinalizia al padre Betti è stato il giusto riconoscimento a chi ha operato per l’incremento della fede cristiana e la pace del popolo di Dio.

LA SCHEDASi sono svolti venerdì 3 aprile, nella Cattedrale di Fiesole, i funerali del cardinale Umberto Betti, presieduti dal Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re. Una seconda liturgia di commiato è stata celebrata sabato nel Santuario della Verna dove il cardinale Betti è stato tumulato, secondo il suo desiderio, nel cimitero della Fraternità francescana.Betti aveva 87 anni; era stato elevato alla dignità cardinalizia da Benedetto XVI durante il Concistoro del 24 novembre 2007. Nato a Pieve Santo Stefano (in provincia di Arezzo) il 7 marzo 1922, aveva emesso la professione perpetua nell’Ordine dei Frati Minori il 31 dicembre 1943. È stato professore di teologia a Siena e Fiesole, poi al Pontificio Ateneo Antoniano fino al 1995 quando era rientrato in Toscana, prima alla Verna e poi all’infermeria di Fiesole. Ha partecipato al Concilio Vaticano II a fianco dell’Arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit: secondo i resoconti dell’epoca, pare che diversi passaggi «delicati» della «Dei Verbum» siano stati messi a punto durante incontri informali nel palazzo arcivescovile di Firenze. Numerosi i libri da lui scritti: ricordiamo «La dottrina sull’Episcopato del Concilio Vaticano II» e «La dottrina del Concilio Vaticano II sulla trasmissione della Rivelazione». Il nipote, sindaco di Chiusi della Verna,ricorda il suo legame con il «sacro monte»E’ stato un legame molto profondo quello che ha unito il Cardinale Umberto Betti al Santuario Francescano della Verna, sia da un punto di vista religioso come uomo di fede, sia da un punto di vista umano e affettivo, visto che a Chiusi della Verna risiedono ancora oggi i suoi  familiari. Il Sindaco di Chiusi della Verna Umberto Betti, nipote del Cardinale e suo omonimo, ricorda con grande affetto lo zio che a partire dagli anni Settanta fino a quando la salute gliel’ha permesso, è tornato a trascorrere i mesi estivi all’ombra del Sacro Monte, alternando momenti di preghiera a momenti di lavoro, nello studio della propria abitazione. Un uomo schivo, riflessivo, come ricorda il nipote del Cardinale, ma che con la sua pacatezza e il suo affetto sapeva trasmettere ai suoi cari insegnamenti di vita che solo un uomo con la sua cultura e della sua levatura poteva offrire. «Anche se con la morte di mio zio è venuto a mancare un punto di riferimento importante per noi e per la comunità religiosa – ha sottolineato il Sindaco di Chiusi della Verna -  con il suo operato è riuscito a trasmettere valori importanti e universalmente validi».

Lara Vannini