Vita Chiesa

Incontro Cei sul Mediterraneo, Bassetti: «nessuna cattedrale esisterebbe senza porti»

L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, al Castello Svevo di Bari, ha intodotto il convegno promosso dalla Chiesa italiana e al quale partecipano 58 vescovi cattolici delegati provenienti da 20 Paesi.

“La storia e la maestosità del castello che ci accoglie, grazie alla squisita ospitalità della città di Bari e della sua comunità, dicono molto della ricchezza e al tempo stesso delle contraddizioni del Mediterraneo”, ha proseguito il cardinale: “Questa fortificazione, più volte distrutta e ricostruita, è memoria indelebile della violenza che questa città,nel corso della sua storia millenaria, ha tante volte subito; per ultimo,con un terribile bombardamento durante la seconda guerra mondiale”.

“Il Mediterraneo non è solo bellezza generata dall’incontro delle diversità, ma anche violenza che esplode a causa dell’incapacità di comporre i giochi di potere, gli interessi contrapposti e le paure che queste stesse diversità possono alimentare”, ha affermato il presidente della Cei, secondo il quale “in prossimità del porto e della cattedrale – quindi del mare e della terra – questo castello testimonia che il Vangelo non giunge da alcuna parte se non incontrando la vita di persone concrete, col loro vissuto di lingue e culture, di attese e di speranze”.

“Nessuna cattedrale esisterebbe senza ‘porti’, nemmeno nell’Europa continentale”, il monito del cardinale: “Tutte portano i segni e sono il frutto delle diverse moralità di comprendere, incarnare e trasmettere la fede in Gesù. Il Vangelo stesso, la vita cristiana vissuta fra i popoli, l’arte, la liturgia, la teologia hanno costituito, costituiscono e possono costituire ancora, luogo d’incontro e di sintesi, di genio e di creatività culturale, a beneficio di tutti”.

“La peculiarità di questo ritrovarci – non in un convegno culturale, né per una conferenza – è quella di esprimere il nostro modo più autentico di vivere ed essere Chiesa, che dà voce alle difficoltà e alle domande dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo, in un momento che per tanti di loro è davvero drammatico”. Ha detto il card. Gualtiero Bassetti, spiegando che l’incontro “Mediterraneo frontiera di pace è “un incontro fraterno, tappa di un incontro fraterno, tappa di un percorso più ampio; un’iniziativa che ci chiama ad accogliere quanto lo Spirito Santo saprà suscitare in un confronto e in una discussione che, ne siamo certi, avverrà con franchezza”. Poi il presidente della Cei ha sintetizzato in una serie di imperativi la “vocazione comune” delle Chiese del Mediterraneo, partendo dalla loro “comune appartenenza mediterranea”:”Essere Chiese che ritornano costantemente alle sorgenti della fede per trasmettere ai giovani e alle future generazioni mediterranee la bellezza e la gioia del Risorto; essere Chiese delle beatitudini per contribuire a far germinare, con la ricchezza delle nostre molteplici tradizioni, la cultura nuova del Mediterraneo che non può non essere cultura dell’incontro e dell’accoglienza, pena il disordine incontrollato e la distruzione di intere civiltà; essere Chiese della profezia contro ogni sistema di potere e di arricchimento che genera iniquità, oppressione, guerre, crimini contro l’umanità, indifferenza, paure, chiusure; essere Chiese dei ‘martiri mediterranei’ che sanno riconoscere i segni dei tempi e che sono capaci di dialogo per ‘disarmare’ ogni uso blasfemo del nome di Dio in odio al fratello”.

“Quanta sofferenza, quanta ingiustizia, quanta indifferenza”. Così Bassetti ha delineato il “contesto nel quale siamo chiamati a vivere la nostra comune vocazione di Chiese mediterranee”, aprendo l’incontro “Mediterraneo frontiera di pace” in corso a Bari fino a domenica. “La cultura dell’incontro e della pace nel Mediterraneo non è un buon proposito per ingenui ma l’unica possibilità realistica di benessere e prosperità dei nostri popoli, l’unica via che ne assicura realmente la sopravvivenza”, la tesi di fondo, mutuata dal pensiero di Giorgio La Pira. “È la guerra a essere una tremenda anti-utopia e a essere una tragica farsa sulla pelle dei poveri”, ha ammonito il presidente della Cei, secondo il quale “nella complessità delle relazioni internazionali la competizione fra le diverse potenze, che si riflette negli scenari di guerra locali, non può essere decisa con la forza delle armi, pena la distruzione del pianeta”.

“Nell’era delle bombe nucleari, nell’era in cui per la prima volta facciamo i conti con il fatto che le risorse della terra non sono infinite e quella in cui la scienza e la tecnologia hanno connesso il mondo e messo l’uomo in condizione di distruggere o salvare il pianeta, non c’è, per i popoli di tutta le terra e per i popoli mediterranei in specie, alternativa alla risoluzione pacifica delle controversie e alla collaborazione”, ha affermato il cardinale: “La tutela dell’ambiente e della salute umana necessitano di un alto grado di costante collaborazione e scambio, di relazioni internazionali, scientifiche, culturali, educative, fondate sulla trasparenza, sulla veridicità delle informazioni, sulla fiducia”. “La solidarietà fra i popoli e la capacità di darsi regole comuni per salvaguardare e promuovere la pace, l’ambiente, la dignità del lavoro, la salute (a qualsiasi latitudine e longitudine si nasca!) non sono sogni, ma la condizione per garantire la sopravvivenza ordinata e pacifica del pianeta.

Sono obiettivi a portata dell’umanità contemporanea e sono nel contempo il riflesso della verità profonda dell’uomo che Gesù Cristo ha rivelato e salvato”, la proposta della Chiesa italiana: “Soprattutto nel contesto mediterraneo, dove convergono le tensioni e le contrapposizioni del mondo intero, l’alternativa alla pace è il rischio di un caos incontrollato, ed è facile riconoscere che se il limite non si è, finora, varcato, lo si deve agli accordi che vengono trovati tra gli attori internazionali, non sempre alla luce del sole, anche quando si è trattato di contrastare le organizzazioni terroristiche e il sedicente stato islamico”. Nel frattempo, “gli scontri militari procurano morte e sofferenze indicibili alle popolazioni inermi e la comunità internazionale e le organizzazioni sovranazionali gestiscono a fatica le crisi umanitarie che ne derivano, tollerando spesso violazioni ai diritti umani”. “Dobbiamo dire basta a questa politica fatta sul sangue dei popoli!”, il grido d’allarme del porporato: “I nostri popoli devono pretendere che le controversie internazionali siano affrontate e risolte nel quadro del diritto, del bene comune e di una più forte, più funzionale e incisiva azione delle Nazioni Unite”.

“Il muro che divide i popoli è soprattutto un muro economico e di interessi”. Ne è convinto Bassetti che ha denunciato: “C’è una frontiera invisibile nel Mediterraneo che divide i popoli della miseria da quelli del benessere, e non conta se al di qua e al di là di questa frontiera ci sono minoranze ricchissime e crescenti impoverimenti. È stata tradita la promessa di sviluppo dei popoli usciti dagli iniqui sistemi coloniali del secolo scorso, sono ridotte le capacità degli Stati più ricchi di condurre politiche sociali inclusive, c’è un nesso inscindibile fra la povertà e l’instabilità dell’area mediterranea!”. “Non potrà esserci pace senza miglioramento di vita nelle aree depresse del Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana – ha proseguito il cardinale – non potrà esserci sviluppo (ecologicamente sostenibile) senza che cambino le regole che sottostanno ad una economia dell’iniquità che uccide. Non potrà esserci arresto delle crisi migratorie e umanitarie senza che – oltre alla cessazione delle guerre – sia restituito a ogni uomo e a ogni donna, cittadini del mondo, il diritto di restare nella propria patria a costruire un futuro migliore per sé e per la propria famiglia, e senza che a questo diritto sia affiancato anche l’altro: quello di spostarsi! Liberi di partire, liberi di restare è la linea che come Conferenza episcopale italiana ci siamo dati nella nostra azione solidale nei confronti dei popoli impoveriti del sud del mondo”.

“Le nostre divisioni ecclesiali hanno ricalcato e rinforzato le divisioni culturali, politiche e militari dei popoli mediterranei”. Ha detto Bassetti che da Bari ha esortato i suoi confratelli delle Chiese del Mediterraneo ad un “mea culpa”: “Riconoscere il peccato della divisione della Chiesa ci aiuta oggi a capire la grazia che ci è stata fatta col Concilio Ecumenico Vaticano II”, le sue parole. La Chiesa, per Bassetti, sta “rovesciando le crociate” – come diceva la Pira – “e contrastando ogni mentalità del passato proprio perché ha imparato a valorizzare le sue plurali tradizioni, partecipa con convinzione al cammino ecumenico con la testimonianza ecumenica della carità e della giustizia, pratica e propone convintamente il dialogo interreligioso”. Per questo, ha fatto notare il cardinale, “le Chiese e in particolare la Sede Apostolica, negli ultimi trenta anni, sono state sempre profeticamente dalla parte opposta rispetto a coloro che soffiano sul fuoco dello scontro delle civiltà e del fondamentalismo religioso”. “Le nostre Chiese non sono diverse solo per le antiche tradizioni che le sostengono e per la diversità delle culture in cui sono chiamate a portare l’annuncio del Vangelo, ma anche per le condizioni concrete in cui vivono”, l’analisi del presidente della Cei: “Tutti però ci troviamo davanti alla sfida entusiasmante della trasmissione del Vangelo”. “Ci sono Chiese nel Mediterraneo, abituate ad essere presenza minoritaria, che conoscono un incremento di fedeli connesso al fenomeno delle migrazioni”, ha proseguito il cardinale: “Ci sono Chiese che sussistono come minoranze, piccolo seme, in mezzo a popolazioni islamiche”. “È soprattutto a queste Chiese, alla loro mediazione e al sangue dei loro martiri, che dobbiamo l’anticipazione e la ricezione teologicamente e spiritualmente più profonda della dottrina conciliare sul dialogo interreligioso con l’Islam”, l’omaggio di Bassetti: “Fra queste, vi sono Chiese che a causa dei rivolgimenti geopolitici degli ultimi 30 anni (con le infinite guerre connesse) hanno conosciuto e stanno conoscendo sfollamenti e migrazioni, e i cristiani subiscono persecuzioni e minacce con la conseguenza che la loro presenza millenaria rischia in più parti di scomparire”.

“Papa Francesco e il grande Imam di Al-Azhar hanno posto un atto profetico con la loro amicizia e il loro documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, ha fatto notare il cardinale, che ha citato come “testimonianza di valore altissimo” il testamento del beato Christian De Chergé, martire in Algeria: “La mia morte evidentemente sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: ‘dica adesso quello che ne pensa!’. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con Lui i suoi figli dell’Islam, così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo. Frutto della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre quella di stabilire la comunione, giocando con le differenze”.