Vita Chiesa

Incontro di Taizé a Basilea. Fr. Alois: «I giovani amano la preghiera e il silenzio»

Un segno di speranza lasciato nel cuore dei giovani. Questo per Taizé sarebbe il «risultato» più atteso dell’incontro europeo dei giovani che ogni fine anno la comunità ecumenica promuove in una diversa città d’Europa. Nel 2017 si svolge a Basilea dal 28 dicembre al 1° gennaio. Più di 15mila giovani sono attesi nella città svizzera per questa nuova tappa del «Pellegrinaggio di fiducia sulla terra», iniziato da frère Roger molti anni fa. «Un segno di speranza», spiega in questa intervista al Sir, fr. Alois, il priore della comunità di Taizé, «perché per i giovani oggi il futuro non è facile. Non lo è nelle nostre società, in particolare in Europa. L’auspicio è che questo incontro possa lasciare un segno di speranza».

Quindici, forse anche 20mila giovani. È sorprendente che in così tanti decidano di trascorrere la fine dell’anno in preghiera e meditazione.

«A Basilea saranno tanti. Vengono anche da lontano, e per arrivare faranno lunghi viaggi in autobus. È inverno e non sarà facile. Lo chiamerei un pellegrinaggio. Di fronte a questa generosità, ci attendiamo anche una grande ospitalità in modo che i giovani possano scoprire, attraverso l’accoglienza, un valore evangelico: che Cristo ci unisce al di là di ogni frontiera. È questa la speranza che vogliamo vivere, una comunione che incoraggia a tornare alla nostra vita quotidiana e ad affrontare le difficoltà».

Nel programma, sono previsti momenti di preghiera, canto e silenzio. Credete davvero che ai giovani in Europa piacciono ancora queste cose e che sono in grado di mettersi «alla prova del silenzio»?

«Sì, è vero. Silenzio e preghiera sono difficili oggi da proporre ai giovani, perché questo – credo dappertutto – cercano innanzitutto di fare un’esperienza di amicizia. E lo faranno a Basilea: per cinque giorni staranno insieme con altri coetanei di diversi Paesi; tutte le mattine si ritroveranno in gruppo nella parrocchia che li accoglie; cammineranno insieme per raggiungere i diversi luoghi di incontro nella città; faranno insieme la coda per la distribuzione dei pasti; e tutti saranno disponibili a dare una mano in qualche modo. Faranno quindi conoscenza tra loro. Negli atelier, noi porremmo all’attenzione dei giovani anche delle questioni molto concrete: parleremo, per esempio, di problemi sociali, politici, dalla migrazione a come vivere la fede nei luoghi di lavoro e di studio. Questioni che i giovani si pongono e che noi affronteremo con loro. È tutto questo insieme che conduce i giovani a vivere momenti condivisi di preghiera e di silenzio. Ogni volta che abbiamo un incontro di giovani, in una città o anche a Taizé, siamo stupiti nel vedere che alla fine della preghiera liturgica, ci sono dei ragazzi e delle ragazze che continuano a pregare. Restano là, fermi, in preghiera attorno alla croce. È davvero sorprendente».

Che cosa è il silenzio?

«Siamo tutti insieme, in migliaia anche. E facciamo silenzio insieme perché ciascuno possa soprattutto trovare dentro e fuori di sé un momento di pace. Un momento in cui non si deve fare nulla. Che chiede solo di essere semplicemente là. Essere là, in presenza di Dio. È questa l’esperienza che vorremmo far sperimentare ai giovani: essere insieme in presenza di Dio. Per i giovani diventa sempre più raro e difficile vivere un momento così di pace, in una vita dove anche se si è soli, si è sempre perennemente connessi».

Con quale linguaggio vi rivolgerete ai giovani perché il messaggio arrivi davvero nel loro cuore?

«Sarà un messaggio di gioia, una gioia che desideriamo non si spenga mai. La gioia di vivere. Domandiamoci: che cosa ci dà gioia nella vita? Una gioia che non è una fuga dai problemi. Ma al contrario, ci incoraggia ad affrontare le difficoltà e a metterci in ascolto del grido di chi è nella sofferenza. Parlerò ai giovani della mia recente visita in Sud Sudan e Sudan. Anche in quei Paesi che attraversano grandissime difficoltà e sofferenze, ho trovato persone che conoscono momenti di gioia profonda. Ed ho sperimentato che quando c’è la solidarietà, anche se le situazioni sono difficili, c’è sempre la possibilità di vivere una gioia profonda. Vorrei quindi parlare ai giovani della gioia di vivere e di una gioia che c’incoraggia ad affrontare le difficoltà e le sfide e ad ascoltare le sofferenze degli altri».

Basilea è una città che si trova nel cuore dell’Europa. Quale messaggio daranno tutti questi giovani riuniti nel nome di Taizé all’Europa?

«Questo incontro è innanzitutto il segno che i giovani vogliono vivere in Europa. Vogliono l’Europa. Vogliono poter viaggiare, incontrare, imparare un’altra lingua, andare a studiare e lavorare fuori. Vogliono che l’Erasmus non sia solo per gli studenti ma anche per chi deve intraprendere un apprendistato. Dunque è un segno che l’Europa è viva. Basilea è una città legata a tre Paesi. Si trova in una regione transfrontaliera condivisa da Svizzera, Francia e Germania. Ci saranno giovani che verranno accolti non solo in Svizzera ma anche in Francia, in Germania. Per la prima volta l’incontro si svolgerà contemporaneamente in tre Paesi. Mostriamo così all’Europa che esistono sulla sua terra luoghi che ci dicono che non possiamo tornare indietro. Lo vediamo, per esempio, anche tra l’Irlanda del Nord e del Sud, unite da un legame che la Brexit non è riuscita ad affievolire. Sono tutti segni molto chiari: la costruzione dell’Europa va avanti».

Uno degli atelier sarà animato dall’arcivescovo Job di Telmessos (Patriarcato ecumenico), copresidente della Commissione mista per il dialogo tra cattolici e ortodossi. Una Commissione che fa una enorme fatica per raggiungere accordi su complicate questioni teologiche. Lei crede davvero che le Chiese un giorno arriveranno alla piena unità? E quale la via oggi da intraprendere perché si raggiunga questo traguardo?

«È molto bello che l’arcivescovo Job sia presente e con lui ci saranno anche altri vescovi cattolici e protestanti. Un vescovo cattolico e protestante animeranno insieme un atelier sui 500 anni delle Riforma. È bello che i responsabili delle Chiese partecipano a questo incontro di giovani a Basilea perché questa loro partecipazione favorisce il legame tra il dialogo teologico, di estrema importanza, e i giovani di oggi che sono molto lontani da questo dialogo teologico. È importante che i giovani vengano a conoscenza dello sforzo compiuto dai teologi per avvicinare le Chiese e dei traguardi teologici straordinari che si sono raggiunti, come per esempio l’accordo sulla giustificazione tra la Chiesa cattolica e le diverse Chiese protestanti, per ultima anche quella anglicana. L’incontro europeo può dunque rappresentare un momento in cui due mondi si incontrano, il mondo teologico e il mondo dei giovani. I giovani, credo, vogliono già vivere l’unità. Vogliono essere insieme e il fatto che a Basilea ci siano giovani protestanti, cattolici, ortodossi è in qualche modo una piccola anticipazione di questa unità che noi attendiamo».