Vita Chiesa

Ius soli, Galantino: «Dare diritti e doveri»

Parlare di “ius soli”, ha precisato il vescovo, significa, come ha detto il cardinale Bassetti nella prolusione, “porre attenzione all’integrazione, che resta parola morta, parola sterile se non passa attraverso il riconoscimento della cittadinanza a coloro che sono nati in Italia, parlano la nostra lingua, assumono la nostra memoria storica e i valori che porta con sé. Su questi temi non si può derogare, ed è tutto quello che è previsto dalla legge”. “Certo, ci sono leggi migliori, tutte le leggi si possono migliorare”, ha ammesso Galantino, “ma non possiamo ridurre tutto al fatto che chiunque metta piede in Italia divenga automaticamente cittadino italiano. Non ho letto niente del genere nella proposta dello ‘ius soli’”. “Su questo tema – ha osservato il segretario generale della Cei – si sono scaricate tante tensioni, tutto ciò che di peggio attiene all’immigrazione e tutto quello che è legato al terrorismo. Chi parla di ius soli invoca queste motivazioni che non c’entrano niente: lo ius soli non riguarda chi, per un motivo o nell’altro, mette piede sul suolo italiano”. Galantino ha ricordato il caso delle donne migranti che arrivano incinte nel nostro Paese: “La stragrande maggioranza di loro non sono partite incinte, ma sono state violentate. Se una di loro partorisce appena arrivata sulla spiaggia, sicuramente non avrà la cittadinanza italiana”. “L’approvazione dello ius soli contribuirà a ridurre il popolo dei senza patria – la tesi del vescovo – ma non per la bontà o il buonismo di qualche parte politica. A precise condizioni: la nascita, la lingua, la memoria storica che implica la condivisione degli stessi valori. Si può parlare di ius soli solo contemperando dare e avere, diritti e doveri, che devono avere la stessa forza, perché sbilanciarsi da una o dall’altra parte significa non tener conto che ci sono uomini e donne con la loro dignità”. La proposta di legge sullo “ius soli”, ha fatto notare inoltre Galantino, “è stata approvata due anni fa da chi oggi dice di non volerne sapere”. “Il Vaticano per chi vota? La Chiesa per chi vota?”. A queste domande che circolano tra la gente, Galantino ha risposto che “la Chiesa non vota, non è chiamata a votare, ma a richiamare il cuore delle persone  che, se vivono in determinate condizioni e danno certe sicurezze, non vedo perché non debbano godere di diritti e non si debba chiedere loro con chiarezza dei doveri”.

Sugli abusi da parte del clero, Galantino ha affermato che “la Chiesa si sta muovendo, ma a me piacerebbe che sul tema della pedofilia anche altre realtà si interrogassero”. Secondo il segretario della Cei, “Non è che il 90% dei pedofili sono preti o religiosi: ci sono insegnanti, medici, allenatori, c’è di tutto. La scuola cosa sta facendo? Il mondo dello sport cosa sta facendo? Il mondo del turismo cosa sta facendo? Tanti turismi sessuali sono pedofilia, non altro, e sono viaggi organizzati, non alla chetichella”. Alla Chiesa, per Galantino, spetta il dovere “di non arroccarsi e di chiedere perdono per i suoi ritardi”, denunciati recentemente anche dal Papa. “Le parole del Papa – ha affermato a questo proposito il segretario generale della Cei – non possono che incoraggiarci ad andare avanti, a non mollare su questo tema che è molto importante”.