Vita Chiesa

«Iuvenescit Ecclesia»: doni gerarchici e carismatici «coessenziali» alla Chiesa

I doni gerarchici (quelli conferiti dal sacramento dell’ordinazione: episcopale, sacerdotale e diaconale) e i doni carismatici (quelli liberamente distribuiti dallo Spirito Santo) sono «coessenziali» alla vita della Chiesa, «perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo». A ribadirlo è la lettera della Congregazione per la dottrina della fede «Iuvenescit Ecclesia» sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa. La pubblicazione della Lettera – datata 16 maggio 2016, Solennità di Pentecoste – è stata ordinata da Papa Francesco il 14 marzo scorso, nell’udienza concessa al cardinale Müller.

Nel documento (qui il testo completo), 32 pagine suddivise in cinque capitoli e 24 paragrafi, comprese l’introduzione e la conclusione, si intende «richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda e ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa». Nel testo, quindi, vengono presentati innanzitutto «alcuni elementi chiave sia della dottrina sui carismi esposta nel Nuovo Testamento sia della riflessione magisteriale su queste nuove realtà» e poi, «a partire da alcuni principi di ordine teologico sistematico, si offrono elementi identitari dei doni gerarchici e carismatici, insieme ad alcuni criteri per il discernimento delle nuove aggregazioni ecclesiali». Il punto di partenza del documento – che cita ampiamente i testi conciliari e quelli del magistero di San Giovanni Paolo II – è l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco: «L’invito ad essere Chiesa ‘in uscita’ – si legge nell’introduzione della lettera – porta a rileggere tutta la vita cristiana in chiave missionaria. Il compito di evangelizzare riguarda tutti gli ambiti della Chiesa: la pastorale ordinaria, l’annuncio a coloro che hanno abbandonato la fede cristiana e in particolare coloro che non sono mai stati raggiunti dal Vangelo di Gesù o che lo hanno sempre rifiutato». In questo «compito imprescindibile di nuova evangelizzazione», per la Congregazione per la dottrina della fede «è più che mai necessario riconoscere e valorizzare i numerosi carismi capaci di risvegliare e alimentare la vita di fede del popolo di Dio».

I carismi autentici devono obbedire ai pastori. I carismi autentici, «doni di importanza irrinunciabile per la vita e la missione ecclesiale», devono guardare «all’apertura missionaria, alla necessaria obbedienza ai pastori e all’immanenza ecclesiale», si legge nella Lettera «Iuvenescit Ecclesia», in cui a proposito del rapporto tra istituzione ecclesiale e nuovi movimenti e aggregazioni si insiste sull’armonica connessione e complementarietà dei due soggetti, nell’ambito di una «partecipazione feconda e ordinata» dei carismi alla comunione della Chiesa, che non li autorizzi a «sottrarsi all’obbedienza verso la gerarchia ecclesiale» né conferisce loro «il diritto ad un ministero autonomo». «I doni gerarchici e quelli carismatici risultano reciprocamente relazionati fin dalla loro origine», si ricorda nella lettera, in cui si sottolinea inoltre che Papa Francesco «ha ricordato l’armonia che lo Spirito crea tra i diversi doni e ha richiamato le aggregazioni carismatiche all’apertura missionaria, alla necessaria obbedienza ai pastori e all’immanenza ecclesiale».

Non contrapporre Chiesa «dell’istituzione» e Chiesa «della carità». «Non sono legittime né contrapposizioni, né giustapposizioni tra doni gerarchici e doni carismatici». È una delle affermazioni di fondo del documento, in cui la Congregazione per la dottrina della fede invita a non opporre una Chiesa «dell’istituzione» a una Chiesa «della carità», perché nella Chiesa «anche le istituzioni essenziali sono carismatiche», e «i carismi devono istituzionalizzarsi per avere coerenza e continuità». I sacramenti dell’iniziazione cristiana «sono costitutivi della vita cristiana e su di essi poggiano i doni gerarchici e carismatici», si ricorda nella lettera, e «i carismi donati ai singoli fanno parte della medesima Chiesa e sono destinati ad una più intensa vita ecclesiale», come scrive John Henry Newman: «Il cuore di ogni cristiano dovrebbe rappresentare in miniatura la Chiesa cattolica, poiché un solo Spirito fa l’intera Chiesa e fa di ogni suo membro il suo Tempio». In sintesi, «la relazione tra i doni carismatici e la struttura sacramentale ecclesiale conferma la coessenzialità tra doni gerarchici – di per sé stabili, permanenti ed irrevocabili – e doni carismatici. Benché questi ultimi nelle loro forme storiche non siamo mai garantiti per sempre, la dimensione carismatica non può mai mancare alla vita e alla missione della Chiesa».

«Dimensione carismatica non può mai mancare». «La dimensione carismatica non può mai mancare alla vita ed alla missione della Chiesa», ma le nuove aggregazioni e movimenti ecclesiali devono giungere alla «maturità ecclesiale». Sono i requisiti fondamentali richiesti ai nuovi «doni carismatici» della Chiesa, coessenziali a quelli gerarchici. L’esistenza di nuove realtà, si legge nel testo, è per la Chiesa fonte di «gioia e gratitudine», ma comporta anche le necessità, per queste ultime, di «relazionarsi positivamente con tutti gli altri doni presenti nella vita ecclesiale», affinché siamo «promossi con generosità e accompagnati con vigilante paternità» dai pastori per «concorrere al bene della Chiesa e alla sua missione evangelizzatrice». I doni carismatici, si spiega nel documento, «sono distribuiti liberamente dallo Spirito Santo affinché la grazia sacramentale porti frutto nella vita cristiana in modo diversificato e a tutti i suoi livelli» e «muovono i fedeli a rispondere, in piena libertà e in modo adeguato ai tempi, al dono della salvezza, facendo di se stessi un dono di amore per gli altri e una testimonianza autentica del Vangelo di fronte a tutti gli uomini». I doni carismatici, tuttavia, possono essere molto «diversi» tra di loro, «non solo a motivo dei loro caratteri specifici ma anche per la loro estensione nella comunione ecclesiale». Anche le «forme concrete e storiche» possono essere «in sé differenziate», tanto che «da un carisma originario, fondazionale, si possono dare, come mostra la storia della spiritualità, diverse fondazioni».

I «criteri» per riconoscere i carismi autentici.  «Riconoscere l’autenticità del carisma non è sempre un compito facile, ma è un servizio doveroso che i pastori sono tenuti ad effettuare», raccomanda il documento vaticano, in cui si richiama al «discernimento», compito che è «di pertinenza dell’autorità ecclesiastica», e si elencano «alcuni criteri» per riconoscere un dono carismatico autentico: «Primato della vocazione di ogni cristiano alla santità; impegno ala diffusione missionaria del Vangelo; confessione della fede cattolica, in obbedienza al magistero della Chiesa; testimonianza di una comunione fattiva con tutta la Chiesa, attraverso una relazione filiale con il Papa e von il vescovo; riconoscimento e stima della reciproca complementarietà di altre componenti carismatiche della Chiesa; accettazione dei momenti di prova nel discernimento dei carismi; presenza di frutti spirituali quali carità, gioia, pace e umanità». Ultimo criterio raccomandato nella lettera, la «dimensione sociale dell’evangelizzazione», che sulla scorta della dottrina sociale della Chiesa parte dalla consapevolezza che «la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società non può mancare in una autentica realtà ecclesiale». L’autorità ecclesiastica, la raccomandazione preliminare, deve «essere consapevole della effettiva imprevedibilità dei carismi suscitati dallo Spirito Santo, valorizzandoli secondo la regola della fede in vista della edificazione della Chiesa». «Si tratta di un processo che si protrae nel tempo e che richiede passaggi adeguati per la loro autenticazione, passando attraverso un serio discernimento fino al riconoscimento ecclesiale della loro genuinità»: di qui la necessità di un «accompagnamento» da parte dei pastori, «in tutto l’itinerario di verifica», perché «la realtà aggregativa che sorge da un carisma deve avere opportunamente un tempo di sperimentazione e di sedimentazione, che vada oltre l’entusiasmo degli inizi verso una sedimentazione stabile».

Il caso della vita consacrata. «Da una parte, i doni carismatici sono dati a tutta la Chiesa; dall’altra, la dinamica di questi doni non può che realizzarsi nel servizio di una concreta diocesi», si precisa nella «Iuvenescit Ecclesia», in cui la Congregazione per la dottrina della fede si sofferma sulla «imprescindibile e costitutiva relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari», ricordando che «la dimensione particolare è intrinseca a quella universale e viceversa», poiché tra Chiese particolari e Chiesa universale c’è «un rapporto di mutua interiorità». Ciò implica che «in ogni Chiesa particolare è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica», e che «il riferimento all’autorità del successore di Pietro – la comunione cum Petro e sub Petro – è costitutivo di ogni Chiesa locale». A questo proposito, nel documento si cita «il caso della vita consacrata», che «non è una realtà esterna o indipendente dalla vita della Chiesa locale, ma costituisce un modo peculiare, segnato dal radicalismo evangelico, di essere presente al suo interno, con i suoi doni specifici». «Analogamente», le nuove realtà carismatiche, «quando possiedono carattere sovra-diocesano, non devono concepirsi in modo del tutto autonomo rispetto alla Chiesa particolare; piuttosto la devono arricchire e servire in fora delle proprie peculiarità condivise oltre i confini di una singola diocesi». «La spiritualità degli istituti di vita consacrata – si legge nella lettera – può diventare, sia per il fedele laico che per il presbitero, una significativa risorsa per vivere la propria vocazione». In generale, infine, i nuovi carismi sono anche «un’autentica possibilità» per vivere e sviluppare la vocazione cristiana di ciascuno, sia essa il matrimonio, il celibato sacerdotale o il ministero ordinato.

Card. Müller: «È il tempo della maturità ecclesiale per aggregazioni e movimenti». «Uno sguardo d’insieme» che vuole offrire «criteri di fondo», in particolare, per «il discernimento delle nuove aggregazioni ecclesiali», in vista del loro «riconoscimento ecclesiale». Così il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha definito «Iuvenescit Ecclesia», la lettera presentata oggi presso la Sala Stampa della Santa Sede. «Il sorgere dei differenti carismi non è mai venuto meno nel corso della secolare storia ecclesiale», ha fatto notare il cardinale, secondo il quale ora, per tutte le aggregazioni ecclesiali sorte nella stagione post-conciliare, «si è ormai aperto il tempo della maturità ecclesiale». Scopo del nuovo documento, ha spiegato il porporato, è quello di «favorire – attraverso una approfondita consapevolezza degli elementi essenziali relativi a doni gerarchici e carismatici, e al di là di ogni sterile contrapposizione o giustapposizione – una loro ordinata comunione, relazione e sinergia, in vista di un rinnovato slancio missionario ecclesiale e di quella ‘conversione pastorale’ a cui in continuazione ci chiama Papa Francesco». «Nella feconda stagione seguita al Concilio Vaticano II – ha fatto notare Müller – nei fatti è stato proprio il successore di Pietro a favorire una comunicazione e comunione fra doni gerarchici e carismatici a livello della Chiesa universale, valorizzando la diffusione missionaria dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali all’interno delle diverse Chiese particolari, specialmente in quelle che necessitavano di una nuova evangelizzazione». «Questo fatto – ha concluso – potrebbe profeticamente illuminarci anche sulla prospettiva e sulle modalità con cui attuare – dalle periferie al centro e viceversa – il tanto auspicato rinnovamento sinodale verso cui in continuazione ci invita Papa Francesco».