Vita Chiesa

La Pasqua in Terra Santa

di Daniele Rocchi «Qui, nella terra della Redenzione e della Risurrezione, noi tutti, ebrei, cristiani e musulmani, abbiamo la vocazione a vivere insieme. La Pasqua è un tempo di pace, di libertà e di amore. La situazione sociale e politica in Terra Santa non é ancora di pace ma è il desiderio della maggioranza di israeliani e palestinesi». Il patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah, intervistato dall’agenzia Sir, sottolinea le grandi attese che questa Pasqua 2005 suscita per la Terra Santa, dopo la ripresa del dialogo tra governo israeliano e Anp. Ecco in questa intervista il punto della situazione politica nella regione, riletto alla luce del messaggio evangelico pasquale. Quest’anno la Pasqua sembra celebrarsi in un clima di dialogo tra israeliani e palestinesi… “La Pasqua è un tempo di pace, di libertà e di amore. La situazione sociale e politica in Terra Santa non é ancora di pace ma è il desiderio della maggioranza di israeliani e palestinesi. Quest’anno le volontà sono di pace: il nuovo presidente palestinese Abu Mazen ha detto chiaramente ‘no’ alla violenza chiedendo il rispetto dei diritti palestinesi agli israeliani che a loro volta ricercano la sicurezza. Ma molto dipende dalle intenzioni dei leader locali e dai piani stabiliti a livello internazionale per tutta la regione. Se la pace dipende dagli altri conflitti nella regione, Iran, Siria, o da un accordo regionale con i Paesi arabi vicini, allora resta lontana. Ma se nei piani di Usa e Israele, la pace con i palestinesi è da farsi indipendentemente dagli sviluppi ulteriori nella regione, allora potrebbe essere vicina”. Cosa può dire la Pasqua ai ‘signori delle nazioni’ che qui si fronteggiano? “Che qui, nella terra della Redenzione e della Risurrezione, noi tutti, ebrei, cristiani e musulmani, abbiamo la vocazione a vivere insieme. I nostri Luoghi Santi devono riunirci davanti a Dio e non essere motivo di separazione. Il messaggio di Pasqua è di libertà per i figli della Terra Santa e per tutta l’umanità. È un appello a fare della libertà uno strumento di vita, non di morte. E tocca ai cristiani che qui abitano proclamarlo, tocca a loro saper vivere e condividere, con gli altri, la gioia della Risurrezione. Ma c’è anche un altro messaggio che arriva in particolare a tutto il mondo cristiano…”. Quale? “Ricordare ai cristiani, che qui hanno le radici spirituali, la loro responsabilità verso questi Luoghi. Devono adoperarsi per portarvi la riconciliazione e aiutare i due popoli in conflitto nella riconciliazione”. In questi giorni la Chiesa invita i fedeli a pensare ai bisogni delle comunità cristiane di Terra Santa… “Gli aiuti materiali sono necessari perché la Chiesa possa continuare a servire i c ristiani: scuole, opere sociali e di carità. Ma è vero anche che essere cristiano in Terra Santa, non è solo una questione di sopravvivenza fisica o di alloggio. La causa di ogni difficoltà è il conflitto, l’occupazione militare, l’ingiustizia e l’umiliazione della persona umana. I cristiani di Terra Santa chiedono ai loro fratelli nel mondo di guardare a questo conflitto come a un qualcosa che li riguarda da vicino, perché si svolge nella terra delle loro radici. L’invito è dunque di venire a conoscere questa Terra e aiutare i due popoli alla riconciliazione”. È un invito a recarsi in pellegrinaggio nei Luoghi Santi? “La presenza del pellegrino è un elemento essenziale della presenza cristiana nella regione. La comunità locale è piccola. E finché il conflitto va avanti, si rischia di dimenticare la dimensione cristiana di questa terra. La presenza continua dei pellegrini aiuta, allora, a ricordare a tutti, palestinesi e israeliani, e alla comunità internazionale, che questa terra ha ancora un aspetto cristiano. La presenza cristiana, con i pellegrini, ha un ruolo importante nel destino di queste zone. I pellegrini sono il messaggio vivente, lanciato a israeliani e palestinesi, ebrei, cristiani e musulmani, per dire che questi sono Luoghi di preghiera, dove incontrare Dio e non per fare la guerra”. C’è ancora chi ha paura…

“I fratelli e le sorelle cristiani di Terra Santa hanno bisogno dei pellegrini. Noi viviamo ogni giorno dentro il conflitto: la nostra vita è difficile ma non moriamo. Visto sotto questa luce il pellegrinaggio diventa anche un momento di solidarietà e di vicinanza spirituale. E poi, è bene ricordarlo, non si corrono rischi”.

Cristiani in Terra Santa una presenza da sostenere

Custode Terra Santa: «Celebrare qui la Pasqua è un’emozione grande»