Vita Chiesa

La Pira: Dio dentro la storia

di Claudio GuidiNella storia si possono fare molte letture, quella dominante è la lettura storicistica, secondo cui la storia corrisponde unicamente ad una serie di date, personaggi, senza denominatore comune. Fortunatamente, il Concilio Ecumenico Vaticano II, con il documento Gaudium et Spes ha messo in evidenza il legame che c’è tra la storia umana e la storia della salvezza. Risulta così evidente che il mistero dell’incarnazione cammina dentro la storia dell’uomo. La Chiesa non vuole una storia a sè, un cammino parallelo».L’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti ha iniziato così sabato 22 febbraio nell’aula magna del pensionato «G. Toniolo» di Pisa la relazione su «La Pira, il mistero dell’incarnazione, la lettura della storia». Questo incontro, il terzo in preparazione ed in vista del convegno «Unità Diversità Dialogo» in programma domenica 23 marzo a Firenze, è stato un’importante occasione voluta dalla delegazione regionale dell’Azione Cattolica Italiana.

Il Convegno di marzo «A venticinque anni dalla morte di Giorgio La Pira per una rinnovata lettura teleologica della storia», sarà il primo di una serie di colloqui a cadenza annuale che si propongono tra l’altro di promuovere una prospettiva di ricerca scientifica, teologica, etico-culturale per l’elaborazione di una cultura della cittadinanza planetaria: solidarietà-discriminazione, giustizia-prevaricazione, sviluppo-sottosviluppo, democrazia-autoritarismo, conflitto-pace,… A motivo di tutto ciò, il complessivo sviluppo delle tematiche è stato denominato «Progetto Cittadinanza».

Secondo Plotti, «La Pira è stato profeta della lettura teologica della storia. Il messaggio cristiano è la storia dell’umanità, è un messaggio incarnato nella storia dell’uomo. Per un cristiano che vuole vivere il mistero dell’incarnazione, la lettura della storia è elemento irrinunciabile. Per questo, per il popolo di Dio, è necessario e urgente stare dentro la storia, rifuggendo le tentazioni spiritualiste, intimistiche, conservatrici. Quanto più il popolo di Dio si comprometterà con la storia, tanto minore sarà la paura di essa».

Secondo il presidente dei vescovi toscani, «occorre allenarci nell’arte di coniugare l’immutabilità del messaggio cristiano con la crescente e progressiva accelerazione delle vicende della storia. Al cristiano è chiesto di compiere una lettura sapienziale della storia, quale luogo teologico nel quale Dio costruisce il progetto di salvezza; oltre a saper cogliere nella storia i grandi movimenti che Dio le imprime. L’azione di La Pira si colloca qui. Quindi né rifiuto, né condanna della storia; essa è un appuntamento a cui dobbiamo dare il contributo per la costruzione della civiltà planetaria».

Da ciò consegue, secondo mons. Plotti, che «occorre guardare permanentemente a Gesù: il figlio di Dio si è fatto uomo; si è compromesso con la storia, tanto da non farsi riconoscere. Ha scelto di farsi compagno di viaggio, soprattutto dei poveri. Così deve agire ogni vero cristiano, così ha agito La Pira nell’ottica di una cultura planetaria dell’amicizia. La fede in Gesù Cristo, nella sua incarnazione, lo convinceva ad andare avanti in questa strada, quella di una fede incarnata, una vera fede cristiana che anche in politica lo ha portato a scegliere il compromesso, perché “la storia non è una fantasia”, come lui diceva».

Sul tema «La Pira e la costruzione della casa comune» ha offerto un illuminante contributo il giudice costituzionale Ugo De Siervo che ha ripercorso le tappe della vita di La Pira. Per i presenti, aiutati da De Siervo, queste tappe sono risultate fasi interessanti; ed è stato altrettanto interessante comprendere come La Pira abbia maturato la consapevolezza circa l’imprescindibile impegno in politica e nel sociale. Dopo l’esperienza della Costituente, La Pira si trova a dover verificare se quella Carta risolve davvero i problemi della gente e subito pone il problema di una realtà mondiale insopportabile, con le insopportabili disparità di reddito tra aree del mondo.

La Pira svolge il servizio di Sindaco tenendo ben presente che prima vengono i problemi della gente, e su questi si fanno i bilanci. Nel suo procedere in tale compito è senza dubbio intraprendente e fantasioso, nel senso che cerca moduli di rapporto differenziati.

A quanti, in AC e non, vanno scoprendo sempre meglio la figura di Giorgio La Pira appare evidente quanto essa sia stata e sia ancora oggi scomoda; come altrettanto appaia evidente l’importanza della sua spiritualità domenicana proprio perché tipica di apertura, di respiro culturale forte. Non possiamo che augurarci tutti che la Chiesa voglia continuamente rilanciare la figura bella di Giorgio La Pira, affinché venga donato a tutti l’esempio di un laico che ha saputo dare risposte innovative e fedeli al Vangelo, alle domande del proprio tempo.

INEDITOScriveva a Re Hussein: «Maestà, in mezzo a tanto lutto alzate la bandiera di pace»

Pubblichiamo ampi stralci di una lettera inedita che Giorgio La Pira inviò al Re Hussein di Giordania in un momento storico del tutto eccezionale: siamo nel luglio 1958, alla vigilia del primo conflitto tra Paesi Arabi e Israele. Una copia del documento è stata recentemente reperita nell’archivio di famiglia di Nori Galli; la Fondazione La Pira ne possiede una copia dattiloscritta.

Maestà,Sul mio tavolo di lavoro, davanti ai miei occhi c’è il Presepio – fine lavoro di artigiano – che voi aveste la bontà di regalarmi come ricordo del mio viaggio in Giordania: quanti ricordi di pace, di preghiera, di speranza mi evoca nell’anima la scena soave della nascita del Redentore! Il cantico degli Angeli, la verginale bellezza e purità di Maria, l’estasi dei pastori, la divina bellezza e purità del bambinello Gesù, l’incanto attento e adorante di Giuseppe: quale scena! E questa scena s’è svolta duemila anni or sono proprio a Betlemme, nei confini medesimi del vostro Regno: una pianta divina è stata radicata per sempre nella terra sacra e misteriosa della Palestina. Maestà, perché vi ricordo tutto questo? Perché in mezzo a tanta tribolazione, a tanta pena, a tanta incertezza, voi possiate alzare lo sguardo verso il Cielo: perché una stella di pace e di speranza si alzi sul firmamento della vostra anima e nel firmamento del vostro regno. Permettete, Maestà, che io vi dica: – sgombrate il vostro animo da ogni amarezza e guardate con amore nuovo e confidente la terra preziosa di Giordania in cui voi siete Re. Entro i confini di questa terra, che la Provvidenza ha assegnato al vostro governo, voi troverete la sicurezza, l’ordine, la pace: vi sentirete come a casa vostra: una casa circondata dal muro della fedeltà e dell’amicizia. Ripeto: restate entro i confini sicuri di questa terra di Giordania che è la terra più sacra dell’universo: la terra di Gerusalemme, la terra di Betlemme, la terra di Ebron, la terra del Giordano, il fiume sacro del mondo: Maestà, restate entro questi confini che racchiudono come scrigno prezioso – la perla del mondo! Non andate al di là di questi confini: fate come diceva il profeta Geremia (Ger. 11,18) al Re di Giuda: non bere nè l’acqua dell’Eufrate, nè l’acqua del Nilo, ma spandi la giustizia e l’amore nel tuo popolo. Queste parole del Profeta Geremia sembrano proprio dirette a voi. Maestà: sembrano un invito che viene dal cielo: un invito a restare entro i confini di questa Giordania che è, senza alcun dubbio, con Israele, la terra più preziosa e più misteriosa dell’universo, il centro soprannaturale della geografia e della storia delle nazioni. (…) Maestà chi vi scrive vi vuole bene: ha sempre davanti al suo tavolo di lavoro il dono del Presepio che voi gli avete regalato: e non manca di pregare spesso il Signore per voi. Le cose che vi dico vengono dal fondo del cuore, da quel fondo puro e misterioso dove abita Dio stesso. Ecco perché con tanta insistenza – fraterna, se me lo permettete! – io mi permetto di dirvi ancora: – restate entro i confini di questa terra preziosa di Giordania affidata alle vostre cure e al vostro amore di Re! Dimenticate, pregando, perdonando, le gravi cose di questi tempi: le cose di dolore e di pianto che hanno ferito la vostra anima: fate come S. Giovanni Gualberto, fondatore dei monaci Vallombrosani (nell’anno 1060). Egli era un nobile militare fiorentino. Suo fratello era stato ucciso: un giorno – Venerdì Santo – mentre, armato, saliva a S. Miniato al Monte incontrò l’uccisore di suo fratello, disarmato: ebbe la tentazione di ucciderlo. Ma Gesù gli parlò al cuore e lo persuase e mise nel cuore sentimenti di perdono. Difatti perdonò: scese da cavallo, abbracciò il nemico: poi salì alla Basilica di S. Miniato e pregò a lungo. Gesù gli apparve, lo lodò e gli mise nell’anima una vocazione nuova: si ritirò in preghiera e fondò uno dei più grandi ordini religiosi, quello di Vallombrosa! Quando verrete a Firenze vi mostrerò tanto la Basilica di S. Miniato, quanto il Monastero di Vallombrosa! Maestà altro non vi scrivo: voi intuite, senza bisogno che io lo scriva tutto quanto vorrei ancora dirvi. Maestà, in mezzo a tanto lutto, a tanta incertezza, a tanto turbamento alzate la bandiera della pace, della speranza, della saggezza: la vittoria vera non è mai affidata nè alle armi dei soldati nè alle ricchezze materiali dei petroli! La vittoria vera ha sempre le sue radici nella terra dell’anima e, quindi, nella «terra misteriosa» di Dio. È vittoria dello spirito. Possano, dunque, i confini di Giordania – con Gerusalemme, Betlemme, Ebron e tutte le città preziose di questa terra preziosa – essere confini di pace: qui posuit fines tuos pacem, come dice il Profeta. (…) Credetemi vostroLa PiraFesta di S. Giacomo Apostolo (25 luglio 1958) Quando la politica si veste di speranzadi Claudio TurriniLa politica può mettersi a servizio della speranza? In particolare oggi, dopo il crollo delle grandi ideologie e il dilagare del pragmatismo politico? A questa domanda cerca di rispondere il volume della Fondazione «Giorgio La Pira» che giunge in questi giorni in libreria e che raccoglie, accanto ad alcuni testi significativi, sia editi che inediti, del «Professore», tre riflessioni, di Antonio Maria Baggio, docente di etica politica alla Gregoriana, del filosofo Massimo Cacciari e del politico Vannino Chiti, frutto le prime due di un incontro promosso dalla stessa Fondazione e la terza di un’analoga iniziativa della Fondazione Balducci.Tutta l’azione politica di La Pira è stata animata dalla speranza. Una speranza che nasceva da una «tesi di fondo» che ha ripetuto a tutti i suoi interlocutori, al Cremlino come ad Hanoi, alle monache di clausura come ai partecipanti ai Colloqui per la pace e la civiltà cristiana. «Supponiamo (come è vero) – scriveva nella introduzione alle Quattro prediche agli uomini di Governo del padre Antonio Vieira, uno dei testi riportati nel volume – che lo Spirito Santo, a Pentecoste, abbia fondato la Chiesa, lanciandola nella direzione del mondo intiero (per tutti i secoli e per tutte le nazioni). E allora, la storia politica non è condizionata da questa presenza di Cristo e della Chiesa?». Interrogativo, per fermarsi ad alcuni dei testi presenti nel volume, che rivolge a Togliatti in una lettera di auguri per la Pasqua del 1948, nella quale lo invita a comprendere che la religione non è una sovrastruttura ma la struttura profonda del reale, ma che ripete anche ai delegati del V Congresso nazionale della Dc (Napoli 1954) invitandoli a dare risposte concrete alle «tre grandi speranze» dei popoli, speranze che sono manifestazione della «strategia della Provvidenza, fabbro della storia».Antonio Maria Baggio, Massimo Cacciari, Vannino Chiti, «La politica come servizio alla speranza», I libri della Badia 3, Firenze, Polistampa, 2003, € 8.