Vita Chiesa

La Toscana e Maria: una devozione antica

di Riccardo BigiLa Toscana: una terra devota a Maria, oppure una terra sorda ai richiami della mamma celeste? Monsignor Alberto Giglioli, vescovo emerito di Montepulciano, da molti anni segue le iniziative del Collegamento Mariano regionale: la sua convinzione è che proprio la devozione per la Madonna ha salvato, e può ancora salvare, la fede cristiana nella nostra regione.

La Toscana ha fama di terra secolarizzata, poco incline al «sacro». Eppure è anche terra di santuari mariani e di grande devozione popolare per Maria…

«È vero che negli ultimi secoli la Toscana ha registrato un’accentuata recessione verso il secolarismo. Vi hanno contribuito rilevanti fenomeni culturali: una certa diffidenza nei confronti della Bibbia, la cui arbitraria interpretazione aveva dato origine in Europa a scismi ed eresie; il giansenismo, che aveva distolto i credenti dalla comunione eucaristica e, nell’ultimo secolo, il comunismo ateo, che si poneva come religione alternativa, riducendo al minimo storico il numero dei partecipanti alla messa festiva… Eppure, nei secoli precedenti, il livello della fede in Toscana era addirittura superiore a quello di altre regioni, come testimoniano il numero dei Santi, le istituzioni di solidarietà cristiana come le Misericordie e le innumerevoli opere di arte sacra».

Come si manifesta oggi l’amore per la Madonna nella nostra regione?

«Nei tempi difficili degli accennati mutamenti culturali, contribuirono ad un sostanziale mantenimento della fede la povertà del nostro popolo e la devozione alla Madonna. All’inizio del secolo ventesimo, più del sessanta per cento dei toscani era costituito da contadini, che recitavano il Rosario in famiglia dall’inizio di novembre a Pasqua, tenevano in grande onore l’immagine della Madonna e partecipavano alle processioni. Poi la crisi della mezzadria, il conseguente spopolamento delle campagne e il falso ideale di un benessere da raggiungere in questa terra, segnarono una rottura con il passato. Oggi è in atto l’inizio di un recupero della fede. Lo ha favorito il Concilio riproponendo al mondo l’identità della Chiesa e il ruolo materno che Gesù ha affidato a Maria. Lo hanno incentivato le apparizioni di Fatima del 1917 e le avverate predizioni della parte che avrebbe avuto la Russia nel ventesimo secolo». La religiosità popolare mariana è sempre in bilico tra due rischi: da un lato quello di cadere nel devozionalismo, dall’altro quello di affievolirsi, lasciando scomparire un patrimonio antico di riti e tradizioni. Come evitare questi due pericoli?

«I possibili difetti della devozione alla Madonna dipendono da un impoverimento delle sue motivazioni, che sono contenute nel Vangelo. Gesù ha detto anche a noi che non ci avrebbe lasciati orfani e ci ha donato Maria come Madre. Una madre ama il proprio figlio non meno della sua persona: lo nutre, lo difende, lo incoraggia, lo consiglia, per lui trepida e soffre. Un figlio, da parte sua, ama e onora la madre, ripone in lei fiducia e gratitudine, parla volentieri con lei, non vorrebbe mai vederla preoccupata, le assomiglia fisicamente e le assomiglia anche nei lineamenti dell’anima, assumendo a modello la condotta e le virtù di lei. Dal momento che Gesù ci ha donato Maria come madre e ci ha affidati a lei come figli, si è stabilito fra noi e la Vergine un soprannaturale vincolo di reciproca appartenenza. E questo spiega perché a Gesù si va o si ritorna sempre attraverso l’opera di Maria. Non tutti sanno che in Toscana esiste da più di trent’anni il Collegamento Mariano, che ha lo scopo di promuovere e coordinare la genuina devozione alla Madonna. L’annuale Giornata Mariana, che il Collegamento promuove, avrà luogo quest’anno sabato 17 maggio a Impruneta (Firenze) e avrà come tema il Papa, il Rosario e le apparizioni mariane».

La preghiera del Rosario, che il Papa invita a riscoprire, ad alcuni appare poco adatta ai nostri ritmi di vita frenetici, a questa società distratta e poco incline a fermarsi. Come si può fare per spingere le persone ad abbracciare questa pratica?

«Quelli che non hanno in simpatia la preghiera del Rosario, non ne hanno capito la natura e il valore. Soprattutto non ne hanno percepito la dimensione contemplativa che, dal cuore della madre, si comunica al cuore dei figli. Come scriveva Paolo VI nella Esortazione apostolica Marialis cultus, «Senza contemplazione, il Rosario è corpo senza anima e la sua recita rischia di diventare meccanica ripetizione di formule … ; per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell’orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina». Il Rosario è un prolungato atto di fede e di amore. E l’amore si esprime in formule di preghiera che vengono, sì, ripetute, ma che non sono mai ripetitive, perché l’amore ha una solo parola e ridicendola tante volte, non la ripete mai. Il Beato Giovanni XXIII anche da papa, recitava ogni giorno il Rosario per intero. E Giovanni Paolo II, quando parlò all’Assemblea dell’ONU, per tutta la durata del discorso strinse in una mano la corona. Anche noi – specialmente in questo mese di maggio – vogliamo farci arditi nel chiedere, attraverso la materna mediazione di Maria, le grazie di cui abbiamo bisogno: la crescita nella fede e nell’amore, la fedeltà negli impegni assunti con Dio nella Chiesa, la vittoria contro le tentazioni, il rifiorire di sante e numerose vocazioni sacerdotali, religiose, monastiche e missionarie, la ritrovata stima della castità, della maternità e della vita e la formazione di vere famiglie cristiane, che assumano come loro modello la Sacra Famiglia».

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