Vita Chiesa

La sapienza di cui parlano i santi

«Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?… Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,28.33).

Non sembra apparentemente coerente il nesso tra la valutazione delle proprie forze richiesta a chi si accinge a intraprendere un’opera importante e impegnativa e l’invito alla rinuncia totale ai propri beni, da intendersi sia in senso materiale che affettivo, come si deduce dai versetti immediatamente precedenti quelli citati.

Di fatto l’affermazione sintetica e globale che chiude il brano evangelico della XXIII domenica del Tempo Ordinario è il punto di arrivo di quanto le due parabole incastonate nella pagina lucana hanno cercato di esemplificare. Seguire Gesù, essere sinceramente cristiani vuole dire assumere consapevolezza e responsabilità; ma non certo solo secondo l’ordinaria prudenza umana che porta a valutare gli ostacoli della vita per poterli affrontare, bensì e soprattutto secondo un ordine di idee nuovo, frutto dell’incontro tra la grazia e la decisione maturata nel cuore.

Quello che prima di ogni altra cosa il Signore vuole ricordarci è che per essere dei suoi è necessario gerarchizzare l’ordine dei valori in riferimento a lui e al suo regno posti al di sopra di ogni altro bene: ovvero l’esigenza imprescindibile di una radicale libertà da quanto ci tiene legati alla terra dei beni non condivisi con i poveri, degli affetti chiesi in se stessi, degli affanni del quotidiano che spesso prendono il sopravvento sulle esigenze del primato di Dio nella nostra vita e dell’amore del prossimo, di cui – come Gesù ha fatto e insegnato – dobbiamo considerarci fratelli e servi.

È questa capacità di leggere e interpretare l’esistenza con le categorie del Vangelo la sapienza di cui ci parla l’omonimo libro dell’Aantico Testamento quando indaga sull’insufficienza dei pensieri umani a comprendere i disegni di Dio: «Chi – infatti – ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sapienza e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall’alto» (Sap 9,17).Di questa sapienza ci parlano i santi. Come Chiara d’Assisi che scriveva in una sua lettera: «Davvero posso rallegrarmi, dal momento che vedo te trionfare in una maniera, direi, terribile e incredibile, sostenuta da una prerogativa meravigliosa della sapienza che procede da Dio medesimo, sulla superbia, che è rovina dell’umana natura, e sulla vanità, che rende fatui i cuori degli uomini».«Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà? Chi ha orecchi per intendere, intenda» (Lc 14,34-35).a cura delle Clarisse di San Casciano Val di Pesa