Vita Chiesa

MAFIA: LA LETTERA DEI VESCOVI CALABRESI: LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI SPETTA ALLO STATO NON AL «PADRINO»

“Simpatizzare con una concezione dei valori della vita quale quella mafiosa è contrario al Vangelo e al bene della società e dell’uomo, perché l’appartenenza o la vicinanza ai clan non sono un titolo di vanto o di forza, bensì di disonore e debolezza”. Da qui l’esortazione dei vescovi calabresi a “compiere ogni sforzo per rinunciare ad atteggiamenti che possano alimentare il fenomeno mafioso”, “non solo mediante la condanna di tutte le forme di violenza, ma anche avendo sempre presente che la risoluzione dei problemi personali non va affidata al padrino di turno, ma a chi è a ciò preposto dall’autorità dello Stato”. È un passaggio della lettera scritta dalla Conferenza episcopale calabra (Cec) sul problema della mafia, dal titolo “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo. Annunciare il Vangelo della vita nella nostra terra per un futuro di giustizia e di carità”. Il documento, che verrà letto nelle parrocchie il prossimo 25 novembre, invita a “un’autentica conversione di vita – spiega il presidente della Cec, mons. Vittorio Mondello – per una coerente testimonianza cristiana che possa dare nuova speranza a questa amata ed oppressa Calabria”.Contro un potere mafioso che “permea di sé sia i singoli sia le istituzioni”, si legge nel documento, deve svilupparsi un “senso critico capace di discernere i valori e le autentiche esigenze evangeliche”. “Se da un lato inquietano certe accuse di connivenza” tra criminalità e politica, “dall’altro risalta, specialmente per il cristiano, la necessità dell’impegno nella polis, come espressione della carità e dell’amore che il credente vive in Cristo”. La “carità politica” e i “frequenti casi di corruzione”, scrivono i vescovi, “ci spingono non solo a sollecitare la politica al recupero del valore di servizio, ma ancor più ad esortare i cristiani a non disertare questo servizio”. “Dinanzi alla progressiva perdita dei valori di solidarietà – proseguono nel documento – facciamoci strumenti di lotta ai mercanti di morte, ovunque essi si annidino e qualunque panni indossino: siano essi mafiosi o detrattori della vita”. Allo stesso tempo “rinnoviamo l’attenzione agli ultimi e agli emarginati”. Nella lettera viene poi chiesto un “impegno consapevole” a vescovi, sacerdoti, religiosi e operatori pastorali per maturare “una profonda coscienza della responsabilità”, “coltivando una vita di preghiera e carità e coniugando per primi, nel nostro quotidiano, autenticità, coerenza, amore per il prossimo, giustizia e legalità”.I presuli ribadiscono inoltre la “centralità della pastorale familiare”, un impegno “forte” della scuola e chiedono al Signore di far “emergere” persone “sagge” che, “al di là dell’appartenenza ai diversi schieramenti politici, sappiano elaborare percorsi legislativi e di amministrazione della cosa pubblica in grado di contrastare l’espansione del fenomeno mafioso”. Vicinanza viene espressa verso la magistratura e le forze dell’ordine, con “un plauso per l’impegno costante della loro opera, spesso nascosta o travisata”. “Vicinanza” anche agli imprenditori, chiedendo “tutela legislativa e istituzionale”, verso coloro che “scelgono di difendere il loro onesto operato senza cedere a ricatti”. “Essi sappiano – scrivono i vescovi – che non saranno abbandonati a se stessi, ma potranno contare sull’appoggio a tutto tondo dei pastori e della comunità cristiana”. Un invito anche ai giovani, affinché “non perdano l’entusiasmo” e divengano “protagonisti della carità e della promozione umana, coltivando valori di onestà, giustizia e legalità, per costruire assieme quel futuro che appartiene a tutti, ma specialmente a loro”.Sir