Vita Chiesa

MATRIMONI, ISTRUZIONE VATICANA «DIGNITATIS CONNUBII»

Un invito alla Chiesa perché “promuova con la maggior sollecitudine possibile il matrimonio e la famiglia fondata sull’unione coniugale, e li protegga e li difenda con tutti mezzi a sua disposizione”. Inizia con questa esortazione la nuova Istruzione vaticana “Dignitatis Connubii” (Dignità del matrimonio), presentata oggi a Roma e rivolta ai tribunali diocesani e interdiocesani per la trattazione delle cause di nullità del matrimonio. “Una sorta di vademecum – ha spiegato il card. Julián Herranz, presidente del Pontificio Consiglio per i testi Legislativi – che serva da guida immediata per un miglior adempimento del loro lavoro nei processi canonici di nullità matrimoniale”.

L’Istruzione non è un “nuovo testo legislativo”. Intende piuttosto facilitare la consultazione e l’applicazione delle norme che già esistono in materia e integrarle con gli sviluppi giuridici che si sono verificati nel periodo immediatamente dopo la pubblicazione del Codice di diritto canonico. “Pertanto – si legge nel testo – le leggi processuali del Codice di diritto canonico per la dichiarazione di nullità di matrimonio rimangono integralmente in vigore, e ad esse occorrerà sempre riferirsi nell’interpretare l’Istruzione”. Il testo – di 308 articoli – contiene però delle interpretazioni, dei chiarimenti sulle disposizioni delle leggi e sui procedimenti per la loro esecuzione. C’è anche un invito a evitare un certo “formalismo giuridico” che è “del tutto estraneo allo spirito delle leggi della Chiesa” e a non indulgere ad “un eccessivo soggettivismo” nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme.

Nel corso della conferenza stampa, mons. Velasio De Paolis, segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha fornito alcuni dati. Sono circa 800 i tribunali diocesani o interdiocesani della Chiesa latina, che quasi esclusivamente trattano cause di nullità matrimoniale.

Secondo l’Annuario statistico della Chiesa, nel 2002 sono terminati in tutto il mondo in prima istanza 56.236 processi ordinari per la dichiarazione di nullità del matrimonio, di cui 46.092 con una sentenza affermativa, 2.894 con una sentenza negativa, 4.649 cessati per perenzione e 2.601 per rinunzia. Delle 46.092 sentenze affermative in prima istanza dopo un processo ordinario, 343 sono state emanate in Africa, 676 in Oceania, 1.562 in Asia, 8.855 in Europa e 36.656 in America, di cui 30.968 nell’America del Nord e 5.688 in tutta l’America Centrale ed America del Sud. “Il numero di tutte le cause di nullità matrimoniale nel mondo – ha commentato mons. De Paolis – indica che non si tratta di un fenomeno insignificante o puramente accademico, ma di una realtà da non sottovalutare. Nel presentare la nuova Istruzione il card. Herranz ha voluto ribadire che la Chiesa cattolica non può accettare “vie di soluzione più semplici”. Il fatto che la Chiesa sottometta la questione sulla validità o nullità del matrimonio a un processo giudiziario – ha osservato il cardinale – è a volte “oggetto di critiche o riserve, come se implicasse un eccesso di formalismo. Si ipotizzano vie di soluzione più semplici, che addirittura risolverebbero il problema nel solo foro interno, mediante la cosiddetta “nullità di coscienza”, in cui la Chiesa altro non farebbe che prendere atto della convinzione degli stessi sposi circa la validità o meno del loro matrimonio. Talvolta, si auspica pure che la Chiesa rinunzi ad ogni sorta di processo, lasciando questi problemi giuridici nelle mani dei tribunali civili. La Chiesa, al contrario, ribadisce la sua competenza per occuparsi di queste cause, poiché in esse è in gioco l’esistenza del matrimonio di almeno uno dei suoi fedeli”. Disinteressarsi di questo problema – ha aggiunto il cardinale – “risulterebbe ancor meno comprensibile nelle attuali circostanze di confusione sull’identità naturale del matrimonio e della famiglia in alcune legislazioni civili che non solo accolgono e facilitano il divorzio, ma addirittura, in qualche caso, mettono in dubbio l’eterosessualità come aspetto essenziale del matrimonio”. Il giudizio di nullità – ha detto mons. Angelo Amato, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede – “si configura, oltre che come ministero di carità pastorale, soprattutto come un servizio alla verità”, per cui il giudice deve “stabilire se quello celebrato è stato un vero matrimonio. Egli è, quindi, legato dalla verità, che cerca di indagare con impegno, umiltà e carità”. E deve anche “guardarsi dal rischio – ha aggiunto mons. Amato, ricordando un’indicazione del Papa – di una malintesa compassione che scadrebbe in sentimentalismo, solo apparentemente pastorale”.

Consegnando agli operatori questa Istruzione – ha sottolineato mons. Domenico Sorrentino, Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – la Chiesa intende “ribadire il valore proprio del sacramento del matrimonio” che “nessuno, nemmeno il Papa, potrebbe sciogliere”. Si tratta dunque di una “testimonianza” che “diventa di giorno in giorno sempre più minoritaria. Con la legislazione divorzista e con le spinte sempre più forti al riconoscimento delle coppie di fatto, la visione del matrimonio nella società civile di tante nazioni è entrata in un orizzonte etico-culturale che si distacca nettamente dalla tradizione cristiana”.

Mons. Sorrentino ha quindi voluto precisare che processo di nullità e processo di divorzio sono due procedimenti “radicalmente diversi”. Il processo di nullità “non mira infatti a sciogliere un matrimonio valido, fosse anche fallito irrimediabilmente, ma a verificare l’ipotesi che esso, al di là della celebrazione formale, non sia mai esistito”. Nel suo intervento, mons. Sorrentino ha parlato anche dell’urgenza di “venire incontro alle persone ferite e sofferenti per le infelici vicende matrimoniali, a volte separate e divorziate loro malgrado”. Queste persone – ha detto – sono parte della comunità cristiana ed hanno quindi tutto il diritto di ricevere le cure necessarie per crescere come cristiani”. Anche il card. Herranz ha ribadito, rispondendo ai giornalisti, che “i divorziati e i risposati non sono degli scomunicati. Il fatto di essere privati della comunione eucaristica non significa che queste persone non siano membri a pieno titolo della comunione ecclesiale”. Riguardo infine alle diversità che in questa materia si registrano nelle altre Chiese cristiane, e soprattutto nelle Chiese ortodosse che pur ribadendo l’indissolubilità del matrimonio, prevedono procedimenti di nullità diversi, mons. Amato ha assicurato tutta la disponibilità da parte della Chiesa cattolica a “capire le ragioni profonde” che hanno portato la teologia ortodossa a determinate conclusioni e a “non fare proposte poco plausibili e non fondate” per non rallentare il processo di dialogo.Sir