Vita Chiesa

MIGRAZIONI (CONVEGNO CEI): LA CHIESA NON DEVE RIDURSI AD AGENZIA DI SERVIZI

“Siamo di fronte al compimento di una stagione di emergenza, cui deve far seguito una nuova stagione di integrazione sociale che concepisce la nuova immigrazione come impegno e responsabilità ordinaria di tutti: istituzioni, organismi ed individui”: questa l’analisi di Dario Nicoli, docente di sociologia presso l’Università cattolica di Brescia, intervenuto alla seconda giornata del Convegno nazionale sulle migrazioni in corso a Castelgandolfo. Secondo Nicoli, infatti, mentre ” tutta la tradizione europea di immigrazione tende ad aderire alla prospettiva del ‘lavoratore ospite'” con una concezione del migrante come “elemento funzionale al lavoro e all’economia, senza considerarlo nella sua dignità di persona” e lo stesso approccio multiculturale – “semplicemente tollerante nel senso limitativo del termine” rischia di collocare gli immigrati in gruppi e comunità autoreferenziali che non incontrano il tessuto sociale esistente, solo la strategia dell’integrazione sociale “concepisce l’immigrazione come un fenomeno di lungo respiro che, attraversando varie fasi o generazioni, giunge ad una piena cittadinanza sociale, che comprende il rispetto reciproco in primo luogo delle strutture di civiltà locali, ed inoltre delle culture e dei progetti delle popolazioni affluenti”. “Questo passaggio – ha proseguito il docente di sociologia – propone alla comunità ecclesiale un interrogativo sulla natura del suo operato che non può semplicemente limitarsi ad un impegno sia pure meritorio di servizio sociale”.

Le numerose iniziative pastorali realizzate in questi anni e specie i centri realizzati per i cattolici stranieri in Italia ad opera di Migrantes, rendono la Chiesa capace di svolgere”- nel dialogo e nell’interazione con le popolazioni affluenti e le loro culture – un ruolo di stimolo affinché queste siano considerate come una risorsa, una ricchezza, una sfida per la cultura e la religione cristiana”. La condizione è, però, “che vi sia un legame con la ‘ricerca delle radici’ religiose della nostra popolazione”, “che la comunità ecclesiale possa trovare nel confronto-incontro con il fenomeno dell’immigrazione uno stimolo per riprendere coscienza della propria identità e vocazione” soprattutto ” in una stagione che vede la religione come manifestazione dell’intimo, con scarsa influenza sulla vita e sulla realtà sociale”.” Diversamente – ha concluso Nicoli – la Chiesa correrebbe il rischio di diventare una agenzia di servizi”. Sir