Vita Chiesa

Marcia della pace a Lecce nel nome di don Tonino Bello

«Questa mirabile città d’arte, segnata nei secoli dal gusto della bellezza, ci permette di dire quanto è bello quando insieme si costruisce la città dell’uomo sulla base della città di Dio. L’arte, la storia, il gusto della bellezza nascono da qui, dal gusto del cielo», da dove “nasce la voglia della pace: perché più si guarda al bello più si vince la mafia, più si vince il negativo”, ha detto mons. Bregantini. “I nuclei della pace sono la vita, la famiglia ed il lavoro”, ha ricordato l’arcivescovo di Campobasso, che parlando del dialogo ha anche fatto un appello per la liberazione di Asia Bibi. “Chi impara l’ecumenismo impara la pace, e chi impara la pace impara l’ecumenismo – ha ribadito -. Si costruisce la pace amando e stimando l’altro diverso da te” e costruendo le “le vie del bene comune”, che “sono le vie della pace”. “La pace – ha concluso – è vincere insieme la crisi che ci attanaglia tutti”. La testimonianza su don Tonino. Ha partecipato a tutte le edizioni della Marcia, da autentico “patriarca della pace”, come è stato definito a Lecce. A Lecce il vescovo emerito di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi, ha ricordato “don Tonino: era aperto agli altri e alla sua Chiesa, sapeva che da solo non ce l’avrebbe fatta, chi l’ha fatto maturare veramente è stato il Concilio”. “Dio ci parla – ha spiegato mons. Bettazzi -, al di là della mentalità che ci viene data dai mezzi di informazione: aver più soldi, più potere”. Invece, “dobbiamo avere più amore, più solidarietà: ecco la parola di Dio”. È diretta l’esperienza del Concilio per il vescovo ultra novantenne: “Le costituzioni si aprono al mondo contemporaneo, per ognuno di noi, per farci essere un fermento d’amore, di solidarietà, di pace”. Per “essere fedeli al grande messaggio, alla grande affettuosa vicinanza di don Tonino dobbiamo davvero, a cinquant’anni dal Concilio, impegnarci con Dio nella sua parola, immergerci ed essere vicini a Gesù Cristo che ci dà il suo spirito, perché possiamo vivere bene nella Chiesa. Don Tonino ha sofferto tanto ma ha voluto vivere nella Chiesa per essere fermento di solidarietà, di amore e di pace nel mondo”. La Marcia esercizio di fraternità. “L’impegno per la pace è risposta a una vocazione”, “avventura di una vita”. “Siamo chiamati a riprendere il cammino per le nostre strade, per andare a raccontare quello che qui abbiamo visto, ascoltato, pregato”. Lo ha detto l’arcivescovo di Lecce, mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, chiudendo la marcia. “Il dono della pace non può essere egoistico possesso di pochi e fortunati privilegiati ma deve raggiungere ogni uomo destinatario del compiacimento e della benevolenza di Dio”. “Questa sera – ha ribadito -, vogliamo privilegiare un aspetto di questa “pace esteriore con il prossimo” che ha i volti e i nomi dei 1300 fratelli e sorelle detenuti nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola qui a Lecce”, “volti tirati, visi sofferti e tristi, domande e attese inevase”. Forti di un modello, il “nostro profeta di pace, Mons. Tonino Bello. Penso proprio che il Signore avrà aperto la finestra che dal paradiso guarda Lecce invitando don Tonino ad affacciarsi per vedere la sua gente, quella del Salento, intenta a pensieri e propositi di pace”. Pace, educazione e carità. La pace ha bisogno di educazione. Per il vescovo di Pavia mons. Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi: “è uno degli aspetti fondamentali della nostra vita di credenti”, insieme all’“affidarci al Signore che ci aiuta a vivere come uomini e donne di pace”, superando “sospetto, resistenze e superficialità”: questo “è veramente il dono centrale che da il segno della salvezza”. Ma bisogna ripartire dalla comunità, dalla parrocchia, il vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, assistente nazionale dell’Azione Cattolica. L’uomo, ha detto, non vive “soltanto di trasmissione di conoscenze, ma di un processo, di una capacità di valutare con retta coscienza, accogliere la verità, rispondere con responsabilità alla sua vocazione”. Così l’educazione è un diritto “non negoziabile” per tutti: “La Chiesa ha il dovere di occuparsi dell’educazione perché ha il dovere di occuparsi della vita”. E questo, come ha ricordato mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas Italiana, si può fare anche “qualificando l’impegno per la carità” attraverso “la sobrietà, per essere in grado, anche con la rinuncia, di avere una vita meno legata al consumismo”. “Anche noi – ha concluso -, attraverso la solidarietà possiamo dare un contributo di impegno al cammino verso la pace”.