Vita Chiesa

Mons. Bressan: bilancio ampiamente positivo

di Vincenzo Corrado

«Alzati, Chiesa in Africa… Coraggio! Alzati, Continente africano». Sono le parole di speranza pronunciate da Benedetto XVI a conclusione della seconda assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’Africa sul tema «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace» (Vaticano, 4-25 ottobre). Molti gli spunti di riflessione e le sfide sollevate dai 244 padri sinodali. Ne parliamo con mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese della Cei. Mons. Bressan ha partecipato all’assemblea come «membro di nomina pontificia».

Qual è il suo bilancio dell’assemblea sinodale?

«Altamente positivo per il senso di responsabilità dei vescovi africani, il senso di un cammino che è nella Chiesa, una passione testimoniata e vissuta per il bene della gente africana. È stata una bella esperienza di fraternità».

Quali le priorità maggiormente emerse durante i lavori?

«La coscienza che la situazione è diventata insostenibile per vari motivi: miseria diffusa, corruzione diventata metodo ordinario di gestione amministrativa, sfruttamento da parte di potenze estere, depauperamento delle risorse ambientali, imposizione di ideologie contrarie alla famiglia e alla vita. Ma, nello stesso tempo, anche una forte speranza basata sulla fede in Cristo e voglia di continuare, ed anzi crescere, nella promozione integrale delle nazioni africane, promozione della formazione nella dottrina sociale della Chiesa».

All’assise sinodale erano rappresentati tutti i continenti: qual è stato il loro contributo?

«Effettivamente era un Sinodo per l’Africa e non dell’Africa e gli africani apprezzavano che la Santa Sede e i rappresentanti di altri continenti si interessassero per loro. Dall’Asia hanno appreso l’efficienza della Fabc (Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche), dall’Oceania le iniziative per un auto-sostentamento, dall’America Latina le comunità ecclesiali di base. Soprattutto lo sguardo era rivolto all’Europa, per le numerose relazioni anche storiche. Ma molto gli africani hanno da darci, perché non cadiamo nel materialismo e nella credenza che il nostro sistema economico sia giusto».

Cosa può dare l’Africa agli altri continenti?

«Come accennavo, accanto ai migranti che portano un contributo allo sviluppo e a qualche sacerdote o religiosa dell’Africa, che aiutano nella pastorale in Europa, gli africani ci insegnano la dimensione spirituale della vita (anche quando si parla di questioni economiche), l’entusiasmo, l’attaccamento alla preghiera, la gioia per la fede, le vie per la riconciliazione, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso».

Lei in assemblea ha ricordato che l’Italia si sente «per più motivi particolarmente legata al continente africano»…

«Possiamo andare all’antichità, quando sant’Agostino e altri Padri del nord dell’Africa hanno dato il loro apporto al pensiero cristiano occidentale. Ma poi i francescani dal 1600 sono partiti verso l’Egitto e ora i missionari italiani in Africa sono oltre 3.600 in ben 48 dei 53 Stati di quel continente. E dietro a ogni missionario ci sono famiglie, parrocchie, diocesi, comunità che solidarizzano, ecc. Purtroppo la stampa italiana ha piuttosto ignorato questo Sinodo, e non ha dato attenzione nemmeno alla forte denuncia della corruzione locale. Nel G8 del maggio scorso, grazie anche a qualche pressione di cattolici italiani, a dir il vero, i “potenti” promisero un contributo di 20 miliardi all’Africa: in sé una bella attenzione! Ma i padri sinodali hanno anche avvertito con chiarezza che spesso tali aiuti non arrivano alla gente. L’Italia potrebbe vigilare perché anzitutto le promesse si traducano in realtà e poi perché si arrivi al popolo e non solo alle istituzioni bancarie; le Chiese locali potrebbero essere partners».

Ai padri sinodali ha chiesto di aiutarci a «conservare o a recuperare la dimensione religiosa dell’esistenza»…

«Ovviamente è importante avere un’anima per saper lottare e gli africani hanno ricordato che non posseggono soltanto ricchezze naturali, ma anzitutto una fede che sostiene l’impegno della vita. Il secolarismo occidentale può privarli anche di questa bellezza e di questo “motore”. Allora sarà il più completo appiattimento».

«Alzati, Chiesa in Africa…»: quali prospettive per il futuro?

«L’Africa non è un continente senza prospettive e senza speranza. Nei vari incontri si è imparato a riconoscere molte qualità e risorse che vi sono in Africa. Inoltre, il coraggio dell’autocritica è sempre il primo passo verso la costruzione di una realtà nuova e i vescovi non hanno mancato di dire anche quanto non andava da loro. Il continente ha tanti giovani e fra essi molti intendono prendere in mano le sorti della loro società. Ma soprattutto penso alle donne, che non soltanto portano il peso maggiore ma sono una forza immensa di rinascita. Infine, noi crediamo che la miseria non è una sfortuna, ma una ingiustizia e Dio vuole che l’equità regni nel mondo».