Vita Chiesa

Monsignor Galantino: «Nuova evangelizzazione non è trovata pubblicitaria»

L’evangelizzazione è “nuova” perché “ciò che si annunzia risulta inedito e sorprendente rispetto al modo comune di pensare”, ha puntualizzato: “Se chi evangelizza non è consapevole di tutto questo, il ricorso all’aggettivo ‘nuova’ ha lo stesso valore di una trovata pubblicitaria, come quelle che, di tanto in tanto, campeggiano su prodotti ormai poco appetibili o su locali in evidente stato di sofferenza”. “Con la speranza di attirare nuovi clienti o di recuperare quelli non più fidelizzati si pensa di risolvere tutto con la scritta ‘nuova gestione’”, ha commentato mons. Galantino, nel suo intervento su “Tradizione e novità: evangelizzazione e nuova evangelizzazione”, nel quale si è soffermato sulla “forte continuità” tra la Evangelii Gaudium e il prossimo Sinodo dei vescovi e tra “la forte azione magisteriale di Papa Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Papa Francesco”.

“Se e quando la Chiesa presenta in maniera evidente i segni del limite e del peccato, si fa fatica a far percepire il carattere di ‘novità’”, ha ammonito il vescovo, così come “quando le scelte della comunità credente sono o appaiono appiattite su parametri e logiche mondane”. Anche all’esterno della comunità cristiana ci sono “condizioni” che “costituiscono un argine difficilmente superabile per l’annunzio cristiano o lo rendono più faticoso”, soprattutto “quando viene proposto fuori dai ‘circuiti amici’ e suona condanna per stili di vita contrari al Vangelo”. L’urbanizzazione, la “situazione dei giovani”, le “forti migrazioni di popoli di differenti religioni”, i rifugiati, le “sacche di miseria nelle grandi periferie”: tutti fenomeni, come rileva il Papa nella Evangelii gaudium, che “hanno trasformato soprattutto il volto delle grandi città”. Passare da una visione “geografica” ad una visione “teologica” di missione: è la proposta di mons. Galantino, secondo il quale oggi “la missione e il dovere fondamentale dell’evangelizzazione portano dove sta l’uomo bisognoso di salvezza e che invoca un senso nuovo per la propria vita”. “Terra di missione”, in questa prospettiva, sono “anche tutti i gruppi umani e gli ambienti socio-culturali non evangelizzati all’interno del proprio territorio o che, pur essendo stati evangelizzati, vivono lontani dalle esigenze del Vangelo”.

Essere prima di fare. “Il peccato e la mancanza di una elevata qualità di vita cristiana ritardano l’evangelizzazione”. Ne è convinto monsignor Nunzio Galantino, che nel suo intervento al campo dell’Ac ha esortato ad “essere prima di fare”, come primo imperativo per la nuova evangelizzazione. “Tratti evangelici ben visibili e testimoniati con coraggio contribuiscono certamente a far risaltare la novità della proposta cristiana”, ha detto il vescovo citando Giovanni Paolo II, che nella Novo millennio ineunte “mette in guardia da alcuni seri rischi, a partire dai quali possono trovare origine altrettanti equivoci”. Il primo è il rischio del “fare per fare”, e la “strada per resistere a questa tentazione” è appunto quella di “essere” prima che di “fare”, come fa Maria rispetto a Marta, che nel Vangelo di Luca viene rimproverata da Gesù. Altra affermazione, per il segretario generale della Cei, “ancora poco frequentata se non disattesa nell’azione pastorale ordinaria”, quella contenuta al n. 29 della citata lettera apostolica di Giovanni Paolo II: “Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!”.

Autoreferenzialità è comoda ma mortale. “Quando la testimonianza resa attraverso la carità e vissuta in un orizzonte di gratuità caratterizzano l’azione evangelizzatrice non ci sarà più spazio per l’autoreferenzialità: comoda ma mortale anticamera dell’arroganza e dell’orgoglio e figlia di un avvertito senso di superiorità verso gli altri”, ha detto monsignor Nunzio Galantino, commentando l’affermazione del Papa per cui “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. “L’eccessivo peso attribuito talvolta a ruoli e funzioni nella vita della Chiesa rischia realisticamente di ritardare l’azione di una nuova evangelizzazione – ha ammonito il segretario generale della Cei – come deleteria si rivela per lo stesso scopo lo stile eccessivamente mondano di quanti accettano (clero e laici) di mettersi al servizio della nuova evangelizzazione”. “La testimonianza è lo strumento principale per dire nei nuovi areopaghi che la ‘buona notizia’ è una proposta capace di ridare senso alla vita”, ha proseguito il vescovo: “Alla testimonianza deve accompagnarsi la carità vissuta, l’unica a permetterci di capire che la vita trova la sua piena realizzazione solo nell’orizzonte della gratuità”. “La persona alla quale ci si rivolge attraverso l’evangelizzazione ha bisogno di incontrare uno sguardo libero, di amore, senza calcoli e senza interessi, uno sguardo capace di osare il nuovo”, la proposta del vescovo.

No ai faccendieri della politica. “La novità del Vangelo troverà impedimenti supplementari e stenterà a farsi strada dove la libertà e la gratuità evangeliche vengono sostituite da uno stile più vicino a quello dei ‘faccendieri‘ della politica”. Parole decise quelle di monsignor Nunzio Galantino, che ha concluso il suo intervento al campo dell’Azione Cattolica affermando che “l’inefficacia – abbondantemente registrata e mai sufficientemente condannata – di questo stile di vita e questo modo di impostare in ambito politico dovrebbe renderci più avvertiti e neutralizzare quanti tentano di importarlo nella vita della Chiesa”. Tutti coloro che nella Chiesa hanno “compiti di responsabilità”, compresi i movimenti ecclesiali di recente formazione e le nuove comunità, per mons. Galantino devono “sentirsi chiamati a riconsiderare alcune modalità di annunzio, a partire da una seria riflessione sulla loro stessa identità, sulla loro collocazione all’interno della Chiesa e sul modo in cui ‘abitano’ gli spazi della loro vita ordinaria”. Niente “formule magiche, metodi preconfezionati e intoccabili”, ha ribadito il vescovo: “Bisogna vigilare perché l’eccessiva rigidità dei metodi porta, col tempo, alla assolutizzazione dei metodi stessi e rende meno facile la comunicazione tra soggetti impegnati nell’opera di evangelizzazione”.